Il pensiero quotidiano di un maestro di sci prende questa sera il titolo di “Quando anche le proteste si mettono in coda”. Che si spiega così
Le richieste da parte del mondo della montagna a favore di un’apertura degli impianti a Natale sono diventate molto pressanti. Non ultima quella di ieri: regioni dell’arco alpino che stanno proponendo al Governo la possibilità di far sciare soltanto chi prenota le vacanze in albergo e ai soli possessori di seconde case.
È una rincorsa contro il tempo per cercare di “tamponare” e annullare un divieto allo sci che non ha senso, per tanti motivi, detti e ridetti ormai da settimane. Da quando, cioè, è scattato l’allarme “niente sci quest’inverno”.
La cosa che ultimamente più mi ha indignato, parlo al singolare, ma credo che siano in molti a pensarla come il sottoscritto, sono le code e gli assembramenti visti in questi giorni nei centri commerciali.
Lì vanno bene! Per non parlare dello struscio nelle vie del centro delle città o dell’omaggio reso a Maradona, un grandissimo del pallone, un idolo per tutti, figuriamoci per i partenopei.
Avvenimento seguito con grande attenzione dai media, i quali però si sono dimenticati, nell’enfasi delle cronache, di parlare del mancato distanziamento. E dii quelle regole non rispettate a chi era in piazza, alla faccia dei tanti DPCM.
E non si è sentita alzare nessuna voce di condanna, neppure da parte dei nostri governanti, quasi che certe situazioni godano di privilegi maggiori rispetto allo sci.
Dove invece, al momento, tutto è proibito.
Il nostro mondo non ha “Santi in Paradiso” (anche se le montagne sono le più vicine al cielo), ma in compenso subisce ancora ricatti di foto di code agli impianti.
Qualcosa non torna. Gli impiantisti, attraverso la loro Associazione, hanno redatto un preciso protocollo dove, lo ricordiamo, l’accesso agli impianti verrebbe, di questi tempi, contingentato, al 50% delle capienze di funivie, telecabine e seggiovie.
Eppure la domanda è sempre la stessa che si sentono rivolgere gli addetti ai lavori: “Come fate con il distanziamento in caso di code e assembramenti?“. Beh, rimandiamoli non a quel paese, ma a quanto sopra scritto, a un protocollo che è serio, fatto di buon senso. Responsabile!
Il Governatore del Veneto Luca Zaia, proprio parlando di assembramenti, ha ricordato che quelli in montagna sono: “I meno pericolosi“. Una voce fuori dal coro? Molto probabile per Roma.
Tanto per stimolare la discussione, vorrei riportare sinteticamente anche le recenti dichiarazioni del virologo Giovanni Di Perri (ordinario di Malattie infettive all’Università di Torino e primario all’Ospedale Amedeo di Savoia). “Si possono riaprire le piste, ma è necessario, per la sicurezza di tutti, investire nei tamponi rapidi“.
Questa dei tamponi rapidi è un’altra delle proposte piovute sul tavolo del Governo, ma anche qui tutto tace. In Val Gardena stanno però portando avanti l’iniziativa, nella speranza di aprire.
Intanto Francesco Bosco, parlando in un’intervista pubblicata proprio su Sciaremag della “sua” Campiglio”, ha sviscerato tutta una serie di problemi legati agli – ipotetici – ristori che il Governo dovrebbe mettere in conto in caso di chiusura impianti.
Inattuabili, secondo il suo parere, perché sarebbero troppo complicati nel loro calcolo, con molteplici varianti da tenere in considerazione.
Punto e a capo.
Altro giro, altro regalo: in Francia la protesta per la chiusura degli impianti nelle vacanze di Natale aumenta, cresce e si moltiplica, come molti avranno già potuto leggere sul sito.
Il Presidente delle località sciistiche della Francia, Alexander Maulen, senza mezzi giri di parole, ha rilasciato questa dichiarazione: “Un’aberrazione, trattandosi di una attività che si svolge all’aperto“.
Giovedì è previsto un incontro tra tutti i rappresentanti del settore sci con il premier Jean Castex per aprire un tavolo di discussione. Il che lascia intendere che non sia così scontata l’asse Macron-Conte (giusto per dare importanza a chi conta di più in Europa) riguardo la condivisione delle riaperture.
Ricapitolando: l’Austria non ci pensa a chiudere, salvo ricevere una paccata di soldi da Bruxelles. Così come la Slovenia e la Svizzera, che non fa parte certo dell’Europa Unita, ma è funzionale al sistema “turismo vacanze in montagna sugli sci”. E dunque a chiudere non ci pensa proprio. Anzi, aspetta, graditi ospiti, gli italiani. Che sicuramente andranno, se ci sarà il lockdown.
Intanto ecco le dichiarazioni di Franz Julen, Presidente della società impianti di Zermatt, la località invernale dirimpettaia di Cervinia e collegata con gli impianti: “Non capisco perché in Italia non aprano. È più sicura la montagna, lo sci, rispetto a chi prende la metropolitana o un treno“.
Alcune stazioni sull’arco alpino, con mille difficoltà, intanto sono aperte, per ospitare gare e consentire agli atleti cosiddetti di “interesse nazionale” e ai team di Coppa del Mondo, di potersi allenare. Ma quanto potranno andare avanti?
Walter Galli
P.S. Aforisma di un anonimo: “Solo perché ci troviamo in minoranza, non vuol dire che abbiamo torto”. Ogni riferimento al Governo è volutamente casuale.