Il “Pensiero di un maestro di sci” di oggi si intitola. “L’insospettabile infortunio al ginocchio”
Filtrano di continuo le indiscrezioni riguardo il tanto atteso DPCM e le notizie circa la montagna non sono delle migliori.
Ultima, in ordine di tempo, l’eventuale passaggio diretto in zona “rossa” di una singola Regione se l’incidenza su 100mila abitanti supera i 250 casi, indipendentemente dal valore Rt e degli altri indicatori.
Il che significa che dall’oggi al domani, le Regioni possono ritornare ad un lockdown totale. È vero che si parla pure di zone “bianche”. Francamente però, diventa proprio difficile pensare che ce ne siano, almeno in questo gennaio dove l’ISS ogni giorno parla di un costante pericolo di una terza ondata.
Ebbene, con queste premesse, diventa davvero difficile pensare che il 18 gennaio sia il giorno del tanto atteso ritorno allo sci per tutti, con impianti aperti ai turisti.
Certo, l’Alto Adige ha confermato, pochi giorni fa, la propria apertura: e al momento non sono pervenute smentite. Speriamo, anche perché sarebbe una bella dimostrazione di come la montagna possa e sia capace di ripartire in tutta sicurezza.
Ormai tutto il settore turismo della neve è in ginocchio e le proteste delle varie categorie ormai non si contano più. Segno tangibile di un malcontento che cresce, giorno dopo giorno.
Nel quotidiano “pensiero serale di un maestro di sci” avevo indicato la data del 18 gennaio come “fumo negli occhi”. Naturalmente sarei lieto di essere smentito dai fatti, ma francamente la vedo durissima.
Tutto tace, dal CTS non si hanno ancora notizie su quali debbano essere le linee guida. Ammesso (e non concesso: ormai è così!) ci sia un altro nuovo rinvio alla riapertura degli impianti (alcuni bene informati parlano del 1º febbraio), è comunque importante conoscere sin da subito il parere del Comitato Scientifico. Così da mettere in atto quanto prescritto per non farsi trovare impreparati.
Sempre che le stazioni di sci siano disposte a riaprire per soli due mesi, soprattutto quelle sotto i 2.000 metri, dove la neve a fine marzo inizia già a sciogliersi.
In particolare mi riferisco alle molte località delle Prealpi e degli Appennini dove, a condizione di ricevere adeguati ristori, il chiudere non sarebbe poi così sconveniente, conti alla mano.
Quei ristori di cui tanto si parla, ma fino a ora… non pervenuti!
Fino a oggi non si conoscono ancora le eventuali, sottolineo eventuali, cifre messe a disposizione dal Ministero del Turismo per il comparto montagna che, bene inteso, andranno elargite, anche in caso di una prossima apertura degli impianti, a fronte di una stagione comunque irrimediabilmente persa nella quasi sua totalità.
Qualche Assessore comunale parla dello sci alpinismo e delle ciaspole come alternativa allo sci di discesa, anche per i grandi comprensori. Peccato che, nella stragrande maggioranza dei casi, le stazioni non vivano di questo. Altre alternative, seppure accattivanti, non hanno numeri sufficienti per garantire al turismo invernale di montagna la sopravvivenza economica.
Vorrei perciò leggere una lettera di ringraziamento al Governo da parte degli “Assessori della Montagna” dove, oltre a una data certa di riapertura degli impianti, ci siano anche i ringraziamenti per i ristori, “finalmente” ricevuti.
Di questo saremmo davvero contenti, e non soltanto noi maestri di sci, ma tutto il comparto montagna.
Walter Galli
P.S. Capito che decidono l’ISS e il CTS per le prossime aperture degli impianti, facciamo in modo che la politica si occupi di garantire adeguati ristori a favore del turismo della neve. È chiedere troppo a chi dovrebbe fare l’interesse del popolo? Incluso quello di montagna. L’insospettabile infortunio al ginocchio