Riceviamo e volentieri pubblichiamo la lettera aperta di un maestro di sci presente a Cervinia lo scorso week end. A tal proposito, la foto di copertina è di questa mattina. Un’insolita Cervinia disseminata di pali di squadre e sci club che hanno potuto raggiungere la località valdostana. Tutto sotto il coordinamento di Alain Seletto e con impianti aperti col 50% della capienza. Detto questo, la lettera…
Dagli agli untori. Già, perché le foto apparse sui social di Cervinia e le immagini trasmesse in TV hanno fatto apparire il mondo dello sci come un mondo di persone irrispettose delle regole. Ovviamente non è così.
Per chiudere la “faccenda” Cervinia, prima di spendere due parole in favore del turismo di montagna, che per molti di noi è vita, vorrei ricordare, a chi ha visto le immagini, che quella fatidica coda all’aperto si è esaurita in poco meno di mezz’ora e comunque sempre nel rispetto di un distanziamento sociale.
Cervinia e tutto lo sci in generale è stato demonizzato, quasi che una delle maggiori cause della diffusione del Coronavirus di questi giorni siano stati proprio gli sciatori.
La maggior parte degli impianti di risalita (eccetto funivie e telecabine) sono all’aria aperta e lo sci, giova ricordarlo, è sport che si pratica all’aria aperta, in pista (se qualcuno ancora non lo sapesse). E dunque il distanziamento avviene in modo naturale, trattandosi appunto di un’attività singola e soprattutto di movimento.
Da semplice maestro di sci mi chiedo: ma sono stati effettuati studi che dicono che questa perfida malattia si annida anche tra gli impianti di risalita. E sulle piste, luoghi secondo cui per alcuni politici e virologi esiste il pericolo, fondato, di essere contagiati, tanto da chiudere? E allora sui mezzi di trasporto, ferrovia, metro e bus?
Chi pratica lo sci agonistico, si legge nell’ultimo DPCM (salvo se ne aggiunga uno nuovo tra breve), può continuare ad allenarsi, troppa grazia; ma i turisti no, che sono la stragrande maggioranza degli utenti.
A parte il fatto che per molte località sciistiche un pubblico di soli atleti non permetterebbe di sopravvivere, tant’è che alcune stazioni hanno già detto no grazie: “preferiamo rimanere chiusi fino a quando non sarà possibile ritornare ad ospitare sulle nostre piste anche gli sciatori turisti”. Che sono la maggioranza e che consentono a tutto il comparto sci e neve di vivere. Anche a noi maestri di sci.
Mi sembra di capire, leggendo i giornali e ascoltando le televisioni che tra Stato e Regioni non ci sia intesa a proposito di aperture e chiusure impianti: la prova? Regioni come l’Alto Adige hanno aperto a tutte le fasce di sciatori, agonisti e turisti, altre soltanto agli atleti (Cervinia, Valle d’Aosta) e altre ancora, seppure con neve, hanno rinunciato per i motivi di cui sopra.
E in tutto questo i maestri di sci (e non soltanto loro) non sanno che fare, come prepararsi all’imminente stagione invernale, che ormai bussa alle porte.
Tutti noi aspettiamo decisioni che cadono dall’alto e all’ultimo momento (la domenica per il lunedì): dati sul Coronavirus spesso contraddittori tra loro, pure nei racconti di scienziati-opinionisti che ogni sera ci appaiono in televisione.
Le stazioni di sci meritano attenzione per l’indotto che creano: oltre agli impianti di risalita, ci sono alberghi, seconde case, scuole di sci e maestri, sci club e negozi che fanno e creano businnes.
Occorrono accorgimenti e iniziative che consentano anche al “popolo della montagna” di sopra-vivere.
Da umile maestro penso che: dovrebbero essere permessi gli spostamenti in auto per raggiungere le località prescelte; per i pullman, nella maggior parte di gestori privati e in grande sofferenza, prevedere invece di una capienza ridotta, come del resto già avviene.
È permesso recarsi sul posto di lavoro con i mezzi pubblici, ma nel caso dello sci è proibito, quando per sua natura gli spazi sono infiniti, con ridottissime probabilità di infettarsi.
Quanto ad eventuali assembramenti, tutte le stazioni si possono tranquillamente attenere a quello che è l’attuale protocollo in vigore e richiesto e cioè: rigoroso distanziamento alle biglietterie in luoghi chiusi e agli imbarchi.
Le eventuali code all’aperto (quelle delle foto di Cervinia, per intenderci) possono essere tranquillamente gestite dal personale degli impianti (come è avvenuto a Cervinia) e in collaborazione con le forze dell’ordine, ricordando che il distanziamento sociale in luoghi pubblici è comunque un dovere sociale.
Gli alberghi, ma anche i ristoranti (la chiusura alle 18.00 anche per quelli di montagna è la loro morte) si sono dotati di quanto richiesto dal governo per rispettare il distanziamento, con inevitabili costi a loro carico e non da poco.
Inoltre, proprio per evitare assembramenti, gli hotel possono vendere tranquillamente ai propri ospiti gli ski pass, così da evitare code alle biglietterie. Da tempo, poi, tutte le società impianti garantiscono acquisti di biglietti online. Che é un altro modo per evitare assembramenti.
Quanto a noi maestri, le lezioni singole non costituiscono un problema, come indica il nome stesso.
Le collettive, per il principio che nello sci è implicito il distanziamento, se mai dovessero essere origine di focolai, sarebbero immediatamente tracciabili. Poiché di ognuno si ha nome e cognome.
In conclusione, quanti ministri di questo governo, sciano o hanno a cuore i problemi della montagna? Proprio perché voglio bene al mio Paese e al mio lavoro di maestro di sci, invito i signori in questione almeno una volta a provare il piacere di sciare. Di respirare l’aria pura della montagna, così da rendersi conto che certe restrizioni fanno più male che bene. Anche alla salute.
Walter Galli (per svariati anni responsabile tecnico di Sciare)
P.s. Lo sci è uno sport meraviglioso e insegnarlo, diffonderlo è ancora più bello.