Il “Pensiero di un maestro di sci” di oggi si intitola “L’arrivo dei Covid Angels”.
Possiamo copiare dal Vallese che, dopo gli attacchi mediatici per le foto di code all’imbarco della funivia di Verbier, ha immediatamente risposto con l’idea dei “COVID ANGELS”.
Il loro compito è quello di vigilare sul rispetto delle misure di sicurezza laddove si formino delle code. E allo stesso tempo evitare assembramenti nei rifugi o sulle piste.
Per questa iniziativa sono stati stanziati ben 1,5 milioni di franchi, di cui il 60% finanziato dai “Fondi per l’impiego del Valais”: Il restante 40% dalle società impianti.
Racconto questo per sottolineare come la montagna, in questo caso quella svizzera, cerchi in tutti i modi di salvaguardare una stagione comunque già compromessa.
Questo è un esempio che sicuramente potrebbe essere “importato” anche da noi, quando riapriremo al “grande pubblico”. Così da non essere nuovamente sotto l’occhio del ciclone per le code.
Sarebbero dei costi in più per gli impianti, e i pochi passaggi non potranno certo consentire ulteriori spese fuori dall’ordinario.
Visto però, che di ristori si sente soltanto parlare, non sarebbe fantascienza chiedere alle istituzioni governative e regionali un contributo per l’impiego di questi “COVID ANGELS”.
La Val Gardena ha già predisposto un piano di intervento proprio per avere a disposizione sugli impianti e sulle piste questo personale addetto.
È però l'”unione a fare la forza”. E se tutto il comparto della montagna si mobilitasse a favore di questa lodevole iniziativa, forse qualche riposta potrebbe arrivare persino da… Roma.
Lo dico perché non va scordato il fattore mediatico, che predica su molti giornali e in TV da parecchi mesi a questa parte il suo “no alle aperture” per il pericolo di code e di assembramenti che si verrebbero a creare con gli impianti aperti a tutti.
L’impiego dei “COVID ANGELS” aiuterebbe a dare una risposta concreta a quello che è diventato ormai il “problema simbolo” dello sci. Oltre che i mancati distanziamenti, tollerati in altri luoghi di città ma vietatissimi in montagna.
Scorrendo i vari giornali, il Trentino si è detto preoccupato e non ha affatto garantito, così pare, l’ipotetica apertura al pubblico degli impianti per l’ormai fatidica data del 7 gennaio, causa un numero rilevante di pazienti affetti da Coronavirus e ancora ricoverati in terapia intensiva.
Se si dovesse aprire a tutti, è il ragionamento, con i possibili incidenti in stagione sulle piste, non ci sarebbero sufficienti posti letto in ospedale, perché già occupati.
Da un’altra parte d’Italia, i maestri di sci del Piemonte, qui con il beneplacito della Regione, scendono invece in piazza. Lo fanno per protestare contro il Governo per le restrizioni imposte alla montagna, giudicate severe e inopportune.
Insomma, ogni Territorio fa storia a se, nonostante il Governo non si sia ancora pronunciato sull’effettiva apertura del 7 gennaio.
Vedremo. Intanto, quello che è certo, il ministro della salute Speranza pare irremovibile sugli spostamenti da Comune a Comune persino durante il giorno di Natale.
Figuriamoci se sarà d’accordo a gennaio nel farci uscire dalle nostre Regioni.
Senza quell’autorizzazione, noi maestri non campiamo, non possiamo vivere sul poco turismo del “posto” e con i soli atleti “di interesse nazionale” che sciano. Le soluzioni vanno trovate, prima che sia troppo tardi.
Walter Galli
P.S. L’abbiamo già scritto: iniziamo con il dare la possibilità di sciare anche fuori dalla propria Regione a chi desidera fare la settimana bianca o il week-end, alloggiando in albergo o nella seconda casa.
Facciamo in modo di garantire la prelazione per l’acquisto dello skipass a chi prenota una lezione di sci con il maestro. Apriamo fin d’ora i kindergarten sulla neve per i bambini, purché in presenza del maestro di sci.
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