Arriva forte l’allarme di Valeria Ghezzi, presidente Anef, gli impiantisti e di Marina Lelli, Federturismo Confindustria, in un comunicato congiunto che a noi suona così: “il Conte torna ma i conti no”.
“Siamo fortemente preoccupati per la linea rigorista adottata in queste ore dal Governo” dicono entrambe.
“Il fatturato del turismo invernale – dichiara Lalli – sfiora i dieci miliardi di euro, di cui un terzo delle entrate si realizza proprio nel periodo compreso tra l’Immacolata e l’Epifania.
La filiera che vive dell’industria della neve è lunghissima e comprende hotel, ristoranti, trasporti, scuole di sci. Che con la chiusura delle piste proprio nel momento di loro massima attività rischiano di vedere bruciati fino a tre miliardi di euro.
Comprendiamo la necessità di voler evitare di ripetere gli errori commessi l’estate scorsa. Ma con il fermo degli impianti di risalita, purtroppo anche prevedendo un’apertura delle piste a metà gennaio, ormai l’intera stagione sarà inevitabilmente compromessa”.
“Gli operatori del settore riconoscono, naturalmente, la gravità dell’emergenza in atto e l’attenzione primaria che deve essere rivolta alla salute degli italiani – aggiunge Valeria Ghezzi. Ma quello che chiediamo è di essere ascoltati come categoria e di essere trattati come gli altri settori e cioè in base all’andamento del contagio. Non chiusi a priori.
Un operaio degli impianti ha come obiettivo primario la sicurezza del trasporto, non il divertimento.
Non identifichiamo lo sci quale attività sportiva con la movida perché è un gravissimo errore. Lo sci, come ogni altra attività che il governo intende riaprire si atterrà con scrupolo ai protocolli e alle regole di sicurezza.
Come avvenuto Oltralpe, chiediamo al governo di confrontarsi con noi per capire la vera natura della nostra attività. Le recenti dichiarazioni del Governo arrivate a noi solo via stampa (sic!) rischiano di far crollare l’intero comparto”.
Le aziende funiviarie presenti in Italia sono oltre 400, con 1500 impianti di risalita (di diversa tipologia). Gli impianti sono serviti da circa 3.200 km di piste (lunghezza lineare), che per il 72% sono dotate di innevamento programmato che richiede oltre 100 milioni di euro.
All’inizio della stagione invernale le società impianti hanno sostenuto ormai il 70% dei propri costi per aprire in sicurezza (di trasporto e gestione e non solo sicurezza Covid).
Il comparto montagna, nel solo arco alpino, offre lavoro a oltre 120mila persone (la maggior parte delle quali con contratti stagionali).
La chiusura sarebbe drammatica per gli impianti e, a catena, tutte le attività/strutture collegate: hotel, rifugi, ristoranti, attività commerciali, maestri di sci, noleggi.
“Abbiamo pronte – prosegue Ghezzi – tutte le procedure per evitare le code alle casse per l’acquisto degli skipass, agevoleremo il più possibile l’acquisto dei biglietti e degli abbonamenti online.
Faremo poi girare gli impianti alla massima velocità prevista, per far salire le persone più rapidamente e limitare ancora di più le code all’ingresso”.
Fondamentale poi ricordare che svolgere attività sportiva all’aperto ha degli indubbi effetti positivi sulla salute del corpo e della mente. Se vissuto con responsabilità, lo sci è uno degli sport più sicuri da questo punto di vista: individuale, distanziato, all’aria aperta, con naso e bocca spesso coperti.
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