Il Pensiero quotidiano di un Maestro di sci riassume le ultime vicissitudini, tra dichiarazioni e proclami, ma poi mette a fuoco un problema grave: Il pericolo più grande è per le piccole stazioni.
Il mondo dello sci, della neve, del turismo invernale, ringraziano di cuore il ministro Boccia. Che alla fine è riuscito a spuntarla, complici, i suoi amici di governo: lockdown a Natale, così pare, e per tutte le feste, con probabile – dice – apertura degli impianti soltanto da metà gennaio.
La notizia, circolata ieri sui giornali, ha fatto immediatamente sobbalzare (puro eufemismo) tutto il nostro settore, che si trova così in una situazione drammatica.
Correttamente Renzo Minella, rappresentante Anef – Veneto ha posto a Boccia domande che non possono aspettare risposte tardive. Chiede: “Ci saranno i ristori e se sì in quale misura? Andranno nelle tasche di chi? Anche di noi maestri di sci, mi permetto di aggiungere? E se arriveranno come saranno contabilizzati?”.
Credo che Minella abbia posto seri interrogativi, dai quali ci si aspetta risposte concrete.
Intanto si stanno raccogliendo firme e petizioni contro questo “fermo impianti” e la cosa non dovrebbe passare inosservata a chi ci governa.
La montagna è sempre stata rispettosa delle regole, ha saputo creare dal nulla un’economia turistica che dà da lavorare a migliaia e migliaia di persone. Oggi, forse per la prima volta, questo mondo si sta ribellando e minaccia proteste per rivendicare i propri diritti.
Si fa davvero fatica a comprendere questo accanimento nei confronti delle vacanze sulla neve: sono stati redatti protocolli attenti alla salute; non siamo incivili e abbiamo il massimo rispetto delle persone, dei turisti, che li consideriamo ospiti e non clienti.
La questione delle file agli impianti sembra sia diventato il cavallo di battaglia dei governanti per farci chiudere. Distanziamento, imbarchi contingentati, personale dedicato: a nulla sono servite tutte queste (e molte altre) attenzioni messe nero su bianco per dimostrare che si può sciare in massima sicurezza.
Boccia e compagnia hanno aggiunto al problema (secondo loro) delle file anche quello degli assembramenti nei locali.
Ma tutte quelle regole imposte e fatte applicare dal governo nei bar e nei ristoranti per poter aprire e lavorare in sicurezza in tempi di Coronavirus non sono servite proprio a nulla?
Pare di no, tant’è che anche nel settore della ristorazione le proteste crescono di giorno in giorno.
Insomma, da qualunque parte la si guardi, questa chiusura per molti è ingiusta: troppe e maldestre sono le scusanti del governo, iniziando da chi dice che il contagio si diffonde soprattutto in montagna, cosa assolutamente smentita da molti esperti che, semmai, individuano nei trasporti pubblici, questo sì, un importante veicolo di trasmissione, per via di controlli inesistenti.
È persino superfluo ricordare nuovamente che gli impiantisti hanno più volte ribadito nei vari protocolli presentati al governo la garanzia di imbarchi contingentati, nel rispetto del distanziamento.
C’è un’altra questione, non da poco, da tenere in considerazione: è quella delle piccole stazioni, che se non fanno il Natale, di fatto, si “bruciano” tutta la stagione.
Se i grandi comprensori possono concedersi un via tardivo a livello organizzativo, quelle minori, conti alla mano, potrebbero non aprire del tutto. I costi di avviamento di una località invernale sono altissimi. E occorre il tempo di attività utile per assorbirli.
C’è però un particolare, oltre ai costi fissi che esistono sempre e comunque, chi ha rinnovato gli impianti indebitandosi, deve continuare a pagare. A meno di particolari benevolenze, il fallimento è dietro l’angolo.
E poi non dimentichiamo che la maggior parte di chi inizia a sciare non sceglie subito di andare a Cortina, Campiglio o Corvara, ma va al Pora, a Torgnon o sul Monte Baldo (nomi solo per intendere). Poi quando “cresce” si dirige nei grandi comprensori.
Non che quest’ultimi, quelli in quota, se la passino meglio. È vero, la stagione per loro è più lunga, ma quello che è perso non lo si recupera più.
Chiudiamo in bellezza (sic!) ricordando nuovamente la figura che ha fatto l’avvocato del popolo (ma non della montagna) chiamando a raccolta l’Europa per una comune gestione delle vacanze sulla neve a Natale.
Le risposte che ha ricevuto dall’Austria, dalla Svizzera e dalla Slovenia le conosciamo: “Aspettiamo gli sciatori italiani nelle nostre località”. Immediata la replica di Conte : “Mettiamo in quarantena chi va sciare da loro”. Semplice! Problema risolto!
Mi prendo un piccolo spazio personale: qualcuno dei tantissimi lettori di Sciaremag avrà forse ascoltato il mio “fuori onda” durante la trasmissione “Piazza Pulita” andata in onda giovedì scorso su La7 dove, non troppo gentilmente, dicevo a chiare lettere che la montagna non merita di essere trattata con così poca attenzione.
Esternazioni, le mie, fatte con parole poco adatte alla televisione e me ne scuso.
Piuttosto la Lega si è attivata e ha sollecitato proprio in queste ultime ore il governo: “A valutare le proposte delle Regioni al fine di consentire l’apertura dell’attività degli impianti nei comprensori sciistici, nel rispetto del protocollo approvato nella Conferenza delle Regioni e Province Autonome“.
Auguriamoci che quanto detto dal deputato Colmellere rientri nella tanto auspicata collaborazione tra governo e opposizione e che le nostre ragioni vengano finalmente ascoltate, in un confronto parlamentare costruttivo.
Ritornando al mio “fuori onda”: è davvero difficile essere sereni quando non sai quale sarà il tuo futuro.
Walter Galli
P.S. L’ex Ministro Graziano Delrio ha detto: “La mediazione è sempre un esercizio utile quando non compromette il risultato”. Speriamo che il risultato sia quello del deputato Colmellere.
Ma se non ci sarà il via libera di spostarsi da Regione a Regione, tutto il castello cade. il pericolo più grande il pericolo più grande