Per la rubrica “Senza Scarponi” affrontiamo, a grande richiesta, un’ argomento evidentemente molto sentito: Come allenarsi fisicamente nel mezzo della stagione.
Per i nostri giovani atleti, questa è la parte dell’anno di maggiore impegno ed intensità che si prolungherà fino alla fine delle gare.
Nella programmazione annuale, questi mesi sono classificati come Periodo Agonistico. I comuni denominatori di questo macro ciclo della periodizzazione sportiva sono gli impegni competitivi. Ai quali vanno associati i frequenti e intensi allenamenti tecnici sulla neve. Quelli che spesso comportano, più o meno lunghe trasferte stradali.
Lo sci alpino giovanile, negli ultimi anni, si è trasformato. Non è più esclusivamente uno sport per «residenti». Tutti diventano «valligiani» nel momento in cui Sci Club, e/o genitori, apportano l’idonea organizzazione logistica che favorisce il trasporto. Da e per le località di allenamento infrasettimanale.
Mediamente si parla di 1,2 o più sedute di allenamento tecnico sugli sci, più le gare nel we (e se queste non fossero in calendario, altri allenamenti tecnici).
Maria Amadori del S.C. Val Palot in foto 1 e 2 esegue due esercizi di allungamento della muscolatura anteriore della coscia.
Questi impegni infrasettimanali spesso sono al pomeriggio per permettere la frequenza scolastica. E vanno associati ai compiti e allo studio. Che non fanno altro che aumentare il «carico di lavoro» dei nostri giovani studenti/atleti.
Quindi si passa dai banchi di scuola ai sedili di auto e/o pulmini per recarsi sulla neve e allenarsi ad alta intensità, per poi ritornare a casa, sicuramente provati, dove bisogna trovare anche il tempo per dedicarsi alle sedute di studio.
La sommatoria di tutte queste attività comporta assetti, posture e dinamiche che sollecitano notevolmente la nostra struttura portante ed impegnano una muscolatura che, oltre a sopportare le sollecitazioni che lo sci alpino impone, si trova anche a mantenere per parecchio tempo posizioni a volte non rilassanti e/o micro traumatiche.
In queste due foto e in quella qui sotto la differente difficoltà si concentra sulla zona posteriore dell’arto inferiore ed in parte anche sulla zona lombare
Il viaggiare è spesso associato a problematiche della colonna vertebrale proprio a causa della posizione assunta per parecchio tempo, sommata alle vibrazioni subite passivamente dal trasportato. Tensioni muscolari ed emotive che agiscono direttamente ed indirettamente su contrazione e tono, inducono spesso all’accorciamento del ventre muscolare con conseguente riduzione della mobilità articolare, flessibilità ed elasticità.
Tutto questo, oltre a compromettere la scioltezza del gesto tecnico, comporta, a lungo andare, pericolose situazioni che possono degenerare anche nell’assunzione di posture errate e conseguenti problematiche osteo-muscolo-articolari.
Questi due esercizi riguardano la zona posteriore degli arti inferiori e tronco. Questi esercizi di Stretching verranno eseguiti secondo la modalità classica, quella codificata dall’autore americano Bob Anderson, dove viene ricercato il massimo allungamento della pozione muscolare desiderata in più momenti e dove ogni posizione statica deve essere mantenuta dai 20 ai 40” tali da inibire l’organo tendineo del Golgi.
Inoltre, nel periodo agonistico, si assottigliano sempre più gli spazi dedicati alla palestra. E così le poche sedute di preparazione fisica sono dedicate al richiamo della forza o altre componenti necessarie allo sviluppo atletico del soggetto.
Allora cosa possiamo fare per evitare gli eccessivi stati di tensione e di conseguenza eccessivi irrigidimenti muscolari ?
Il preparatore atletico dovrebbe, in periodi «non sospetti», dedicare del tempo perché gli atleti diventino autosufficienti. Almeno nella gestione delle tecniche di allungamento muscolare. Quelle che vanno inserite al termine di ogni giornata (sia di allenamento, che gara, che normale).
In queste due immagini, Maria esegue degli esercizi di Stretching denominato «della matrice» e che riguardano non solo l’allungamento muscolare ma anche uno specifico tessuto Trofomeccanico insieme al sistema Mio-fasciale.
Quindi, favorire l’acquisizione di quel bagaglio di conoscenze tecniche e capacità tali da rendere l’atleta totalmente autonomo. Soprattutto nella gestione e nell’esecuzione corretta di una seduta di allungamento muscolare. E che si trasformino poi in competenze e quindi in abilità operative,
MUOVERSI STANDO FERMI
Tutte le sollecitazioni psicomotorie subite dal giovane atleta possono influire sulle tensioni muscolari che dovrebbero essere dissolte attraverso opportune metodologie.
Se non si ha la possibilità di servirsi dell’opera di un buon terapista o, in aggiunta alla sua opera, l’allungamento muscolare è sicuramente un mezzo efficace. Specie per evitare un eccessivo accorciamento muscolare. E fa effettuato al termine della seduta di allenamento, ma anche al termine di ogni giornata,
Che oltre a compromettere il gesto atletico, può anche indurre, a lungo andare, una eccessiva limitazione della flessibilità.
Flessibilità, mobilità articolare, scioltezza ed elasticità sono tutti termini che contraddistinguono diverse caratteristiche del movimento che, per adesso lasciamo in sospeso.