Affrontiamo l’ultimo terzo di curva, ultimo nella sequenza temporale ma sicuramente non meno importante degli altri. Se, come abbiamo visto, il 1° terzo di curva è determinante per l’impostazione della curva mentre il 2° terzo lo è per lo sviluppo della velocità sulla linea di massima pendenza, il 3° terzo di curva, invece, risulta determinante per preparare l’uscita dalla curva e fondamentale per l’impostazione della curva successiva. Nelle foto vediamo in sei fotogrammi l’azione di Ted Ligety, al quale auguriamo una pronta guarigione, in una sequenza di curva dello slalom gigante, ponendo maggiormente l’attenzione sui fotogrammi quinto e sesto.
Fotogramma 5: Ligety inizia il 3° terzo di curva già traguardando la successiva porta, con un’accentuata azione che lo porta a «spezzare» il busto così da ridurre il braccio (b1) della coppia formata dalla forza peso e dal carico verticale ed incrementare il braccio (b2) della coppia opponente formata dalla forza centrifuga e dalla forza centripeta. L’azione di raddrizzamento generata rispetto al terreno lo rende pronto per l’inversione degli spigoli e per affrontare la prossima curva. Abbiamo notato pure come le gambe siano flesse, pur mantenendo sempre un’ottima centralità sullo sci.
Fotogramma 6: nell’ultimo fotogramma della sequenza lo sciatore ha provveduto a svincolarsi dalla curva precedente e ad invertire gli spigoli. È da notare che detta operazione ormai avviene con una minima verticalizzazione, cercando di mantenere il baricentro sempre il più possibile vicino al terreno e tenendo costante la sua altezza, azione questa maggiormente accentuata nelle gare di slalom. Si nota pure come gli sci siano sempre piuttosto paralleli e come la loro distanza aumenti in prossimità della linea di massima pendenza (2° terzo) e si riduca nel 1° e 3° terzo di curva, per le motivazioni biomeccaniche espresse negli articoli precedenti. Il baricentro dello sciatore e gli sci percorrono traiettorie diverse in tutto l’arco di curva, la cui distanza è maggiormente accentuata quando lo sciatore percorre la linea di massima pendenza. A fine curva lo sciatore provvede ad incrociare le due traiettorie sfruttando anche l’energia elastica immagazzinata nello sci all’inizio della curva. Questa energia viene restituita allo sciatore sotto forma di un impulso che i migliori atleti sfruttano per velocizzare l’inversione dello spigolo senza effettuare l’operazione di «verticalizzazione» del corpo, ottenendo così due principali vantaggi: minore attriti con l’aria e complessivamente tempi di esecuzione più rapidi. Ma non solo gli uomini sanno sciare molto bene.
Un’interprete femminile di alto livello tecnico è Anna Fenninger, nella sequenza fotografica riportata. Pur non possedendo un fisico possente, la Fenninger è la sciatrice, a mio parere, maggiormente capace di attuare la tecnica propria dei suoi compagni maschi.
Nell’analisi qualitativa della sequenza proposta emergono alcune delle sue caratteristiche tecniche, con riferimento all’analisi del fine curva. Appena traguardata la porta blu, la Fenninger agisce sul centro di massa in modo tale da ridurre l’effetto del momento ribaltante, a tutto vantaggio del momento raddrizzante che le permette, così, una rapidissima inversione degli spigoli. Immediatamente inizia il trasferimento del carico dallo sci esterno allo sci interno. Lo sci interno risulta già orientato verso la direzione della curva successiva (porta rossa), mentre il bacino segue il movimento dell’atleta con rotazioni molto contenute e mai brusche. La gamba interna viene usata per limitare la rotazione del bacino contro il carico torsionale derivante dalla spinta verso l’interno della gamba esterna e dai carichi torsionali procurati dalle perturbazioni provenienti dalle forze di reazione del suolo. Ottima la traiettoria che porta la sciatrice vicino ai pali ma senza impattarli con violenza. Il corpo in prossimità della porta mantiene una corretta posizione lungo l’asse di inclinazione.
In conclusione, ecco come si caratterizza oggi la sciata soprattutto nelle discipline veloci dello sci alpino:
1) con una grande attenzione all’impostazione della curva (nel 1° terzo di curva). Si genera una forte pressione sullo sci esterno al fine di deformarlo sul raggio di curvatura desiderato. Se ci si inclina prima della presa dell’appoggio sull’esterno lo sci non si deforma (non viene sviluppata la forza centripeta e di conseguenza la forza centrifuga). Conseguenza di ciò è che per riportare lo sci in traiettoria si compie il classico errore della «schiacciata di bacino» a fine curva, azione purtroppo familiare a molti atleti. Notare come l’entrata in curva sia effettuata mantenendo le gambe flesse entro determinati angoli (posizione «corta»), per i motivi prima evidenziati;
2) con una capacità di generare forza centrifuga nel 2° terzo di curva, laddove è massima l’azione della forza di gravità sullo sciatore, mantenendo sempre una buona centralità sullo sci. Questo viene realizzato con la distensione degli arti inferiori che permette di aumentare il braccio (b1) del momento formato dalla coppia forza peso e carico verticale;
3) con lo sfruttamento della forza centrifuga e della coppia raddrizzante per prepararsi all’inversione di spigolo e ad affrontare con il dovuto anticipo la successiva curva. Viene ridotta al minimo la verticalizzazione ed effettuata la chiusura della curva all’altezza della porta appena affrontata. Grande attenzione è riservata alle traiettorie al fine di sviluppare velocità, così da sfruttare anche la forza elastica di ritorno prodotta dal recupero della deformazione dello sci.
Dell’utilizzo dello sci interno in fase di uscita dalla curva, avremo modo di approfondire l’interessante argomento in un prossimo articolo.
LEGGI ANCHE:
LA PRIMA FASE DI CURVA
LA SECONDA FASE DI CURVA
Per qualsiasi delucidazione ulteriore o richiesta di approfondimenti sulla biomeccanica applicata allo sci, scrivere a Info: pimpinellaluigi@gmail.com
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