L’annuale assemblea dell’Associazione Nazionale Esercenti Funiviari si è svolto il 6/7 giugno nella sede della Gewiss di Cenate Sotto (Bergamo), eccezionale rappresentante del «made in Italy» nel mondo.
Dopo aver rinnovato il contratto di lavoro ed assolto agli impegni istituzionali, il presidente Valeria Ghezzi con il giornalista Pier Bergonzi ha guidato i partecipanti sul tema «Montagna, sport, tecnologia; storie di imprese straordinarie» con il contributo di campioni per i quali, come per le aziende, il rischio è una sfida da vincere.
Il rischio d’impresa e il rischio dell’impresa sono due concetti che accomunano e legano altrettanti universi apparentemente distanti ma nei quali devono funzionare gli stessi meccanismi e le stesse forze per ottenere il risultato positivo, per tagliare vincenti un traguardo. Gli imprenditori in economia e i campioni nello sport devono mettere coraggio, volontà, tenacia e determinazione per avere successo sul mercato e per vincere una gara o battere un record, dominando con lo slancio della passione e la coscienza del limite quel provocante rivale che accompagna ogni iniziativa, ogni tentativo, ogni sfida, ogni avventura. Attorno a questo originale tema («Montagna, sport, tecnologia: storie di imprese straordinarie») si è svolta quest’anno l’assemblea dell’ANEF (Associazione Nazionale Esercenti Funiviari), convocata per il 6/7 giugno a Cenate Sotto (Bergamo) ospite della Gewiss, una di quelle medie aziende che costituiscono l’eccellenza dell’imprenditoria italiana e la spina dorsale dell’economia reale nel nostro Paese. Fondata nel 1970 da un genio (Domenico Bosatelli) che ha sostituito la bachelite con i tecnopolimeri (la plastica…) per produrre sistemi e componenti per le installazioni elettriche di bassa tensione, Gewiss è un esempio mirabile del miglior «made in Italy» in versione «glocal»: un’azienda affacciata sul mondo con siti produttivi, filiali commerciali, agenzie e distributori in più di 100 Paesi del pianeta Terra ma con le radici ben affondate nella bergamasca dove («pota!») sono occupati circa 1500 dipendenti coinvolti in una attività che in anni di investimenti, ricerca, innovazione e continuo sviluppo si è articolata in diverse direzioni nei mercati della domotica, della protezione e distribuzione dell’energia, della mobilità elettrica e dell’illuminazione intelligente producendo un fatturato di oltre 350 milioni. Un’azienda familiare di respiro internazionale che nel rischio d’impresa ha sempre visto non l’ostacolo da temere ma l’occasione per migliorarsi, per alzare l’asticella della qualità, per poter competere e vincere; un’azienda che con la sua nuova divisione «Digital Sport Innovation», si è impegnata direttamente nello sport con proposte produttive mirate per la sicurezza, l’illuminazione, l’energia degli impianti sportivi e delle infrastrutture, non esclusi gli impianti di risalita delle stazioni invernali e le piste da sci. Per questo il contatto con ANEF è stato naturale, la disponibilità ad ospitare la sua assemblea totale. Valeria Ghezzi, presidente dell’Associazione dal 2014, confermata all’unanimità nella carica l’anno scorso a Riva del Garda e più che mai perfettamente padrona del proprio ruolo, ha ringraziato per l’ospitalità sia nell’introdurre la parte istituzionale che la parte pubblica dell’assemblea, quella intonata al tema del rischio, delle assonanze tra attività imprenditoriale e sport, che avrebbe dato vita ad un confronto moderato dal giornalista Pier Bergonzi, e a cui hanno partecipato fuoriclasse dello sci alpino (Sofia Goggia e Kristian Ghedina), dello snowboard (Michela Moioli) e dell’alpinismo (Hervé Barmasse) con il contributo scientifico di Antonio Chialastri, pilota e istruttore di volo, scrittore e formatore nell’ambito della gestione del rischio.
Bilancio di un inverno strano e di una montagna forte
Dopo che nel pomeriggio precedente si era chiusa con successo la trattativa per la firma del nuovo contratto di lavoro (se ne parla nel box di queste pagine) la mattina del 7 giugno, nella stupenda sala conferenze della Gewiss, Valeria Ghezzi ha aperto la sezione istituzionale dell’assemblea tracciando un bilancio della stagione invernale 2018/19, «una delle più strane degli ultimi anni» ma che ha confermato la forza d’attrazione del prodotto montagna e la capacità degli impiantisti di garantire comunque un livello eccellente di offerta sciistica grazie all’ausilio sempre più ineludibile dell’innevamento tecnico. Qualche realtà, soprattutto tra gli Appennini, ha sofferto di più per le anomalie climatiche ma nel complesso la montagna bianca e il turismo invernale hanno ribadito la loro natura anticiclica rispetto alla situazione critica dell’economia italiana. Ghezzi ha chiesto alla politica…politiche mirate di investimenti e non politiche assistenziali; si è detta «spaventata» da certo ambientalismo ideologico e talebano che non vive in montagna ma fa solo demagogia; ha accennato alle problematiche più urgenti da affrontare per la categoria tra le quali spicca il tema delle concessioni e ha riferito dei primi, promettenti rapporti intrapresi con i rappresentanti del nuovo Governo, dai sottosegretari Giorgetti e Valenti ai ministri Centinaio e Stefani. Resta saldo il rapporto con gli organismi internazionali (FIANET e OITAF) come franco e proficuo resta il rapporto con le organizzazioni sindacali con cui si è firmato il nuovo contratto nazionale, (nonostante le difficoltà introdotte dal Decreto Dignità sulle figure dei lavoratori stagionali) che l’avvocato Riccardo Maraga ha illustrato nei dettagli all’assemblea. Sul tema della formazione, la Ghezzi ha lasciato la parola a Franco Brevini e a Andrea Macchiavelli, docenti dell’Università di Bergamo, che hanno presentato il corso di alta formazione che partirà in autunno per preparare figure professionali di alto livello nella gestione delle stazioni invernali. Si è quindi passati all’approvazione ( all’unanimità) del bilancio con l’illustrazione dei dati da parte del dottor Marco Razza, presidente del Collegio dei revisori dei conti dell’associazione e alla presentazione del momento pubblico dell’assemblea ispirato a quel tema intrigante del rischio e della sfida. «Quest’anno – ha detto Valeria – noi imprenditori della montagna bianca ospiti di questa eccezionale azienda, vogliamo affiancare l’imprenditore all’atleta: in comune hanno la spinta verso l’impresa, verso il superamento del limite affrontando il rischio, ad esempio il rischio di un investimento per noi, il rischio di una caduta o di un infortunio per i campioni che oggi sono qui con noi».
La cultura del rischio dalle aziende allo sport
«Solo chi rischia ottiene qualcosa. Senza il rischio e senza la volonta di affrontarlo e superarlo non ci sarebbe questa azienda e non ci sarebbero i campioni che sono qui con noi». Con queste parole Pier Bergonzi, vicedirettore della Gazzetta dello Sport e neo direttore del settimanale SportWeek, ha avviato la parte pubblica dell’assemblea nelle vesti di moderatore dando la parola ai partecipanti al dibattito davanti al pubblico degli impiantisti italiani tra i quali erano presenti anche Flavio Roda, presidente della FISI, e Valerio Giacobbi, amministratore delegato di Fondazione Cortina 2021. Valeria Ghezzi ha ripreso tutti i temi svolti durante la sezione istittuzionale dell’assemblea ma poi si è affidata agli endecasillabi di un sonetto immortale per entrare in argomento parlando di «Infinito»: quello delle parole di Giacomo Leopardi che, a 200 anni da quando furono scritte, ancora ci ricordano la via che conduce a superare gli ostacoli e a sondare i nostri limiti, nella continua ricerca di noi stessi: «La montagna è il nostro “infinito” con cui ci confrontiamo ogni giorno, comprendendo che solo spingendosi un poco oltre, ci avviciniamo a risultati sempre più importanti. Il coraggio è un valore condiviso in ogni sfida, in azienda, nella vita e nello sport», ha detto la Ghezzi declinando il concetto di sfida nel mondo delle montagne: «Il nostro mondo è formato anche da realtà piccole e piccolissime che necessitano però un approccio manageriale e moderno: per questo abbiamo pensato ad una giornata che ci facesse uscire dal nostro ambiente per confrontarci con realtà industriali diverse, ma accomunate da priorità simili». Marco Marini, direttore generale dell’azienda bergamasca che ha ospitato l’evento ha ricordato, insieme a Marco Ceudek, coordinatore di Digital Sport Innovation, che Gewiss significa proprio sicurezza e si traduce nel mettere al centro la persona: «Il rischio è il fattore fondamentale per ogni test sui prodotti: condividiamo lo stesso percorso e apprezziamo questo confronto. Questa giornata rappresenta un’occasione molto importante per ribadire l’impegno di Gewiss nei confronti dello sport e di quei milioni di atleti, giovani e adulti, che ogni giorno dedicano energia e passione nella pratica sportiva. Questi valori ci hanno portato a lanciare nei mesi scorsi il progetto Digital Sport Innovation». Martina Cambiaghi, assessore allo Sport e Giovani di Regione Lombardia, ha parlato di «rischio condiviso» con cui, insieme a Regione Veneto, si sta affrontando la sfida della candidatura olimpica per i Giochi Invernali del 2026: «A prescindere dall’esito di questa avventura, la montagna lombarda produce un giro d’affari 267 milioni di euro: per questo abbiamo lanciato due nuovi bandi, dedicati agli impianti di risalita, per un totale di circa 10 milioni di euro». Domenico D’Ercole, rappresentante di FILT – CGIL ha ricordato, per gli oltre 15mila lavoratori del settore, l’importanza di aver rinnovato il Contratto Nazionale collettivo di settore, prima dei termini di scadenza, «Un rischio che è stato bello condividere insieme, nella dialettica e nel quotidiano confronto che la trattativa ha comportato». A parlare di sfida, performance e limite ecco il manager del rischio, Antonio Chialastri che è partito dalla base e dall’etimologia della parola: «Rischio significa “scoglio” e implica molte sfaccettature, dal concetto di prevenzione come safety, alla security intesa come gestione della sicurezza, passando per emergency, come recupero rispetto ad eventi già accaduti». Chialastri ha parlato delle differenze esistenti tra «rischio sistemico», «rischio percepito» e «rischio reale»; ha spiegato come la nozione di rischio cambi nel tempo anche in relazione alle evoluzioni tecnlogiche del mondo che ci circonda, all’automazione, alle normative; ha distinto tra rischi oggettivi e rischi indotti dall’errore umano. Una relazione veramente colta e leggermente complessa.
La coscienza del limite nelle sfide dei campioni
A raccontare quanti rischi si prendono per domare neve ad alte velocità su un paio di sci o su una tavola da snowboard sono state due campionesse olimpiche. Emtrambe ergamasche, vicine di casa, c hanno saputo sublimare rischio e sfida al loro livello più alto. Sofia Goggia, fuoriclasse dello sci, Giochi invernali coreani del 2018 prima donna italiana a vincere la medaglia d’oro olimpica in discesa ha spiegato: «Ho rischiato da giovane, ora il rischio è innanzitutto consapevolezza del limite che l’atleta non deve superare. Oggi osare per me significa stare entro il limite e calcolare fin dove ci si può spingere. Per esempio, quest’anno ho affrontato la stagione rischiando, quando ho deciso di rientrare dall’infortunio senza averlo ancora risolto appieno, ma avendo lavorato molto fisicamente e mentalmente per affrontare questa situazione». Michela Moioli, prima italiana a vincere un oro olimpico nello snowboard cross ha aggiunto: «Fin da piccola cercavo il rischio. Oggi il mio sport prevede di gareggiare con accanto le avversarie: diverse volte ho fallito proprio per rischi non calcolati, come ai Giochi di Sochi 2014 dove, per un sorpasso avventato, sono caduta, infortunandomi. Quattro anni dopo, però, posso dire di aver imparato la lezione». Hervé Barmasse era una promessa dello sci alpino e della discesa, che ha lasciato per un infortunio. Quella che sembrava una resa è stata la sua grande occasione: oggi è uno dei più raffinati interpreti dell’alpinismo e, con la sua attività, è impegnato in un’azione di sensibilizzazione verso il rispetto della montagna che lo porterà in autunno a scalare sull’Himalaya una cima inviolata di 7mila metri.
«I rischi vanno sempre ponderati, ma si deve anche imparare a rischiare perché la vita d’impresa o nello sport ci impone la necessità di prendere delle decisioni per proseguire». A chiudere, rilanciando il futuro prossimo delle nostre delle montagne che passa anche dai Mondiali di sci alpino di Cortina D’Ampezzo 2021, è stato Kristian Ghedina, il più forte discesista della nazionale azzurra negli anni Novanta, oggi ambassador di Cortina 2021. Leggendarie le sue vittorie (12 in discesa, 1 in superG) quanto i suoi exploit, come la prima vittoria italiana sulla Streif nel 1998 e la spaccata in volo, qualche anno dopo, sullo Zielschuss della stessa leggendaria pista di Kitzbühel: «No risk, no fun è sempre stato il leit motiv della mia vita – ha detto il Ghedo che ha assaggiato anche la velocità in moto e sulle automobili – Ho avuto una carriera fantastica, con 167 gare disputate in Coppa del Mondo, senza mai saltare una stagione, perché ho sempre dosato rischio e calcolo. Questo era il mio obiettivo: al di la dei risultati, sapere di essermi sempre messo alla prova».