Gli sciatori sono abituati ormai da tempo all’utilizzo del tappeto mobile di imbarco sulle seggiovie a morsa fissa e della versione «accorciata» sulle seggiovie a morsa automatica. Pochi sanno però che questa particolare invenzione, che ha permesso l’incremento delle prestazioni e della sicurezza d’imbarco, ha radici italiane.
Infatti l’intuizione geniale fu del geometra Fulvio Nascivera di Rovereto, recentemente scomparso all’età di 97 anni. Alla fine degli anni ’60 egli aveva infatti percepito i limiti delle «sue» nuove seggiovie biposto, all’epoca fiore all’occhiello della produzione della ditta. Era infatti trascorso appena qualche anno da quando era stata installata la prima seggiovia di questo tipo in Italia. A questa novità si era aggiunto poi l’uso dell’elettronica nel controllo e nella variazione della velocità. Sull’onda del successo e della crescente domanda, il geometra decise di mettere a punto la sua idea per migliorare la sua già molto apprezzata produzione.
Realizzò quindi, con l’ausilio dei tecnici dell’azienda del tempo, il primo prototipo di tappeto mobile d’imbarco denominato «Ski-Roller». Questo nuovo «tappeto» pensato da Nascivera si basava sul lancio da fermo dello sciatore, con un’accelerazione graduale e progressiva controllata elettronicamente.
Sezione longitudinale della stazione di imbarco di una seggiovia biposto dotata di dispositivo per la messa in movimento dei viaggiatori. Figura n.1 del brevetto FR 2055051 depositato da Fulvio Nascivera il 10 luglio 1970 (fonte: European Patent Office); 2 – Depliant della ditta Nascivera risalente inizio degli anni ’70. Sulla sinistra l’illustrazione del nuovo sistema «Ski-Roller» (fonte: Archivio famiglia Nascivera); 3 – Stand Nascivera al 7° salone della montagna di Torino del 1970. Si nota sulla sinistra il tappeto d’imbarco di colore verde corredato dalle sue apparecchiature elettroniche di comando. In primo piano la nuova serie di sciovie tipizzate. (Fonte: Archivio fam. Nascivera).
È da notare che al tempo non avesse ancora preso piede l’uso del cancelletto cadenzatore, quindi una certa libertà di movimento era lasciata al viaggiatore, cosa che forse oggi si preferirebbe evitare. Il sistema prevedeva che egli si posizionasse all’inizio del tappeto fermo. Sensori posti nelle stazioni avrebbero poi comandato l’elettronica all’arrivo del veicolo per l’accelerazione del tappeto e il successivo arresto, per poi ripetere tutto al ciclo successivo.
Nel 1970 questa nuova soluzione tecnica venne brevettata e successivamente presentata, come di consueto al tempo, al Salone per la Montagna di Torino. Fu messa in atto anche una campagna di sperimentazione presso la seggiovia «Montagnola» alla Polsa di Brentonico (TN) e la novità cominciò ad essere reclamizzata anche nei dépliant pubblicitari della ditta roveretana.
Tuttavia, negli anni successivi, qualcosa non andò come sperato. Agli iniziali entusiasmi si contrapposero gli scetticismi degli organismi di sorveglianza uniti a quelli degli esercenti, che all’epoca riponevano poca fiducia nelle soluzioni tecniche «complesse» e che prevedessero largo uso di elettronica. Questi dubbi, che forse col senno di poi potevano rivelarsi superabili, portarono Nascivera ad accantonare la sua idea. Nonostante ciò, grazie alle esperienze fatte vennero comunque apportati perfezionamenti tecnici, che confluirono in un secondo brevetto integrativo del 1973. Per anni l’invenzione venne dimenticata e nel 1984 l’azienda fallì.
Proprio in quegli anni però, l’affermarsi delle tecnologie ad ammorsamento automatico portò nuovo interesse nella ricerca di soluzioni per migliorare le prestazioni dei tradizionali impianti a morsa fissa. Curiosamente questa invenzione «dimenticata» venne ripescata dal cassetto proprio da una ditta concorrente che ai tempi era in ottimi rapporti con la Nascivera, che, come qualcuno ricorderà, in Italia era la maggior utilizzatrice dei suoi dispositivi di traino.
Sequenza di imbarco sulla seggiovia «Schermerspitze» di HochGurgl in Austria, 1987. (Copyright: Archivio Doppelmayr Seilbahnen GmbH); 2 – Stazione motrice a valle della seggiovia «Schermerspitze» a HochGurgl in Austria, 1987. Si noti il lungo tappeto d’imbarco atto a consentire la velocità di 3 m/s. (Copyright: Archivio Doppelmayr Seilbahnen GmbH)
ùLa Doppelmayr di Wolfurt al tempo aveva da pochi anni intrapreso la collaborazione con l’italiana Hölzl per la costruzione degli impianti ad ammorsamento automatico, ma puntava ancora molto sulla produzione consolidata degli ammorsamenti fissi. Essi infatti rappresentavano e rappresentano ancora oggi una fetta considerevole del panorama funiviario. Inoltre l’introduzione delle seggiovie triposto prima e quadriposto poi aveva aperto nuove prospettive interessanti.
Fu così che nel 1987 Doppelmayr installò in Austria la seggiovia biposto «Schermerspitze» a HochGurgl dotata del primo tappeto d’imbarco. La peculiare linea dell’impianto, ad alta quota e molto lunga, giustificò l’installazione della «nuova» invenzione per ottenere la velocità di 3 m/s e 1600 p/h. Si noti che questi dati sono ancora oggi di tutto rispetto se comparati ai valori poi recepiti dalle norme (2.8 m/s e 1440 p/h attualmente in Italia). L’esperienza con il nuovo dispositivo fu fin da subito positiva, tant’è che già l’anno successivo Doppelmayr replicò sul altre 4 seggiovie, di cui una quadriposto.
In Italia i primi impianti a ricevere questo sistema furono le seggiovie «Valbiolo-Cima Tonale» e «S.Bartolomeo-Valbiolo» al Passo del Tonale a nel 1988, ben 18 anni dopo l’invenzione iniziale del connazionale Nascivera. Una nuova vita era arrivata anche per le storiche seggiovie «fisse» e altri costruttori concorrenti decisero di accodarsi alla ditta austriaca e proporre la medesima soluzione tecnica.
Con gli anni si notò che la soluzione si prestasse particolarmente anche alle seggiovie automatiche per facilitare l’allineamento dei viaggiatori all’imbarco. Oggi la maggioranza delle nuove seggiovie ad ammorsamento fisso che vengono installate è dotata del tappeto di imbarco. Oltre a migliorare le prestazioni dell’impianto è innegabile che questo migliori molto anche la sicurezza durante la fase critica dell’imbarco, specie per i bambini.
Per completezza è da precisare che il tappeto proposto da Doppelmayr ed oggi universalmente adottato si differenzia per questioni tecniche da quello originale realizzato da Nascivera. Infatti, mentre quest’ultimo veniva posto in movimento ad intermittenza ed a velocità variabile, l’attuale opera a velocità costante e sempre pari circa ad 1/3 di quella dell’impianto. Inoltre davanti ad esso viene posizionato un breve tratto in discesa che permette allo sciatore di raggiungere una velocità leggermente superiore a quella del tappeto. Nonostante le differenze tecniche tra l’idea iniziale e la soluzione poi commercialmente diffusasi, è innegabile che la paternità del «tappeto» appartenga al geometra Nascivera, e come tale questa breve cronistoria si prefigge di rendergli merito.
*ANDREA MAGLIO è socio del Centro Documentale per la Storia dei Trasporti A Fune, appassionato di storia e tecnica di questo sistema di trasporto. Si è laureato in ingegneria civile nel 2022 discutendo una tesi sulla configurazione delle funi in una campata funiviaria. Al momento impegnato negli studi di laurea magistrale, è attivo nella ricerca, conservazione e studio di tutto ciò che è inerente agli impianti di risalita, storici ed attuali.
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