Professione Montagna

Quando le funi servono il trasporto urbano

Sistemi di trasporto pubblico a fune in forma di funicolare (su binari a terra) sono in funzione sin dai primi del ‘900, mentre i primi esempi con funi sospese sono di qualche decennio successivi, per l’Italia vanno certamente menzionati impianti di Ceretti e Tanfani e di Badoni.

Anche la «Grande Mela», la «città simbolo» della frenesia urbana, dal 1976, ha la sua funivia.

È la storica «Roosevelt Island Tramway» che fa quotidianamente da ponte per 16000 abitanti tra la piccola Roosevelt Island e Manhattan.

In effetti, però, l’impiego diffuso di impianti a fune sospesa in ambito cittadino è abbastanza recente, in particolare da quando si è implementato il sistema a movimento continuo che permette portate orarie molto maggiori ed un flusso più costante rispetto agli impianti va e vieni.

La storia inizia in estremo oriente -in Giappone e Malesia- a metà anni ’90 e sbarca in Europa tra fine anni ’90 e inizio 2000 con le EXPO di Siviglia, Lisbona e Hannover e la IGA di Rostok.

I primi interventi sono destinati ad ambiti urbani con vocazione turistica o ricreativa o ad utilizzi temporanei.

Offrono la possibilità di collegare ambiti a diverse quote, con ostacoli o aree non accessibili nel mezzo, acqua, aree forestate e sono molto sicuri e facili da utilizzare.

Sono inoltre relativamente semplici ed economici se si pensa che, mediamente, un tram può costare almeno il doppio, mentre una metropolitana almeno 10 volte tanto.

È con i primi interventi realizzati nelle grandi città del Sud America a metà degli anni 2000 che si  comprendono a pieno le potenzialità di questo mezzo nel trasporto urbano.

Ovunque ci siano ostacoli ambientali, come un tessuto edificato troppo denso e completamente saturo, o topografici come fiumi, forti dislivelli o terreni difficilmente accessibili che minacciano di frenare il traffico, le cabinovie urbane offrono l’ideale soluzione di trasporto.

Grazie a questi sistemi, aree periferiche di città come Medellin in Colombia o Caracas in Venezuela e molte altre in seguito, sono state connesse al centro urbano dando la possibilità a migliaia di persone di raggiungere servizi urbani altrimenti inaccessibili.

Questa tecnologia si è poi diffusa in tutto il mondo. (Molti altri interventi sono poi stati realizzati in tutto il mondo.)

In estremo oriente, poi, le cabinovie entrano tra i grattacieli delle megalopoli, attraversandoli e magari utilizzandone i piani più alti come stazioni di sbarco/imbarco, come a Wuhan, Hong Kong o Singapore.

Diverse soluzioni tecniche per problematiche diverse

Dal punto di vista tecnico-costruttivo i diversi produttori di impianti offrono svariate possibilità che si possono adattare di volta in volta alle differenti caratteristiche dell’ambiente in cui sono inserite.

Impianti a movimento continuo con agganciamento automatico o a va e vieni a una, due o tre funi, impianti su binario e funi a terra.

Gli impianti monofune sono più economici e veloci da realizzare. Quelli a più funi, più stabili in caso di vento, permettono di superare lunghe campate ad elevata altezza dal suolo.

I sistemi con binari permettono di avere portate elevate su tratte brevi ed inclinate, anche interrate o percorsi sinuosi che riescono a spingersi sin nelle zone più interne di nuclei storici o città antiche.

Mentre le città crescono, la competizione per lo spazio rimanente si intensifica. In molti casi, non è più possibile espandere la rete stradale esistente.

I problemi sono aggravati dalla mancanza di infrastrutture di trasporto esistenti, o da zone interne o esterne alla città con con collegamenti inadeguati verso le linee di trasporto principali.

Le metropolitane sotterranee spesso richiedono investimenti estremamente elevati.

Molti vantaggi per il trasporto pubblico

Le funivie urbane possono svolgere un ruolo molto importante nei sistemi di trasporto pubblico integrandosi con le modalità di trasporto già esistenti per colmare le loro lacune:

  • hanno bisogno di poco spazio e possono essere la soluzione ottimale per connettere aree specifiche o zone particolarmente sensibili;
  • concedono una notevole libertà di espressione a livello architettonico, in particolare nella progettazione e nell’inserimento delle stazioni e dei sostegni di linea;
  • sono in grado di superare qualsiasi ostacolo o pendenza librandosi nell’aria, nel contempo danno la possibilità al viaggiatore di godere di panorami unici;
  • sono molto sicuri in quanto non condividono la via di corsa con nessun altro, non attraversano strade, non rischiano collisioni con altri mezzi;
  • garantiscono tempi di percorrenza più brevi e certi, con attese ridotte nelle stazioni e libertà di orario grazie al funzionamento a ciclo continuo;
  • offrono cabine spaziose di cui possono fruire liberamente anche persone con diverse abilità motorie, è possibile caricare bici, passeggini, valige, le cabine possono essere dotate di ogni comfort, dal riscaldamento all’aria condizionata, dalla diffusione audio alle reti wifi;
  • offrono alta capacità di trasporto con ottima efficienza energetica (un moderno impianto urbano può trasportare fino a 5.000 passeggeri per ora e direzione, per fare altrettanto via terra ci vorrebbero 100 autobus o 2000 auto);
  • sono relativamente economici sia in relazione ai costi di costruzione, sia per i costi di esercizio, non necessitano di personale viaggiante, hanno consumi ridotti e spalmati su molti utenti, il consumo energetico per utente è nettamente minore di qualsiasi altro mezzo e l’energia elettrica può essere generata con fonti rinnovabili;
  • anno tempi di costruzione notevolmente più veloci rispetto a qualsiasi altro sistema.

Grazie a queste caratteristiche in alcune città questo sistema di trasporto sta assumendo la vera e propria forma della rete con connessioni che si intersecano, che cambiano direzione e si diramano in direzioni diverse.

In effetti esiste anche qualche limite, in particolare legato alla necessità di disporre i sostegni di linea lungo un tracciato rettilineo obbligato e ai limiti di sorvolo che pone la presenza di questi impianti, in particolare quando sono molto alti da terra.

La «variante virtuosa» dei «people mover»

Oltre agli impianti aerei (cabinovie o funivie) si impiegano su territorio urbano anche «people mover» automatizzati, funicolari o minimetro.

Questi sistemi utilizzano una via di corsa indipendente dal traffico, su tracciato proprio.

Con impianti di questo genere in Italia è stato possibile risolvere problematiche legate alla mobilità urbana in città davvero speciali ed al contempo difficili, come Perugia, arroccata sulla collina o Venezia con i suoi canali e sestieri fittamente edificati.

A Perugia il minimetro/funicolare si insinua nelle mura storiche e si relaziona con il sistema delle scale mobili per completare questo geniale ed articolato sistema di mobilità urbana nel centro storico.

L’impianto parte da un parcheggio a Pian di Massiano nella periferia della città, passa sopra una parte della città nuova fino ad arrivare in stazione e si inerpica poi fino al centro storico all’interno di una galleria.

Il percorso, lungo tre chilometri, offre cinque stazione intermedie, servite a intervalli di un minuto.

Il progetto architettonico delle stazioni molto geometriche, con grandi vetrate, è dell’architetto francese Jean Nuovel.

Il «people mover» di Venezia collega lo snodo di Piazzale Roma con l’isola artificiale di Tronchetto con due cabine che viaggiano silenziosamente su ruote lungo un sinuoso percorso su binari sospesi che si snodano sull’acqua e tra le case.

In tutto il percorso sono presenti due ponti che scavalcano i canali del Tronchetto e di Santa Chiara.

Le fermate hanno una foggia curvilinea con strutture di ferro e vetro trasparente a evocare un volo di gabbiano e la struttura dei molluschi e pavimentazioni in legno.

Una ipotesi di utilizzo per Cortina e Bormio…

La varietà di questi esempi e il livello di sviluppo e qualità raggiunto da molti progetti mi spinge ad avanzare una riflessione sulla possibilità di impiegare sistemi analoghi per aiutare a risolvere i soffocanti problemi di traffico che assillano alcuni nuclei urbani alpini.

Mi vengono immediatamente alla mente le code snervanti che si fanno in certi momenti per attraversare Cortina o le difficoltà di andare da un lato all’altro di Livigno, oppure, ancora le difficoltà nel muoversi in Bormio.

Propongo questi tre esempi nostrani perchè hanno alcune caratteristiche in comune.

La prima è che sono ormai diventati centra abitati piuttosto estesi che vengono investiti da periodi di traffico molto intenso e concentrato in cui la popolazione non permanente può superare di molto il numero dei residenti.

La seconda è che sono tre località sciistiche in cui è molto difficile raggiungere gli impianti di risalita senza utilizzare l’automobile (su questo sarebbe utile anche una maggior educazione delle persone che pretendo di parcheggiare l’auto direttamente sulla cabina della funivia).

La terza è che queste cittadine sono circondate da un sistema di impianti di risalita tra loro non connessi che obbliga tutti coloro i quali vogliono passare da un versante all’altro ad utilizzare l’auto.

La quarta è che questi tre centri saranno per diverse ragioni al centro di uno dei più importanti eventi sportivi nei prossimi anni: le Olimpiadi del 2026.

Certamente sarà quella una occasione in cui l’affollamento e la mancanza di un sistema di spostamenti idoneo potrà creare grandissime difficoltà.

Cortina e Bormio sono inoltre nodi viari che è difficile eludere per il traffico di attraversamento.

Sarebbe così assurdo pensare ad un collegamento aereo che connetta la zona della vecchia stazione di Cortina, quella del Palazzo del Ghiaccio e quella di Socrepes con un percorso triangolare oppure collegare l’area di partenza del Mottolino con quella del Costaccia facendo una stazione intermedia appena fuori dal centro del paese, magari in connessione con un parcheggio per le auto.

Pensate ad avere una rete comoda che permetta di andare senza prendere l’auto dalla partenza della Stelvio, alle Terme, alla zona del palaghiaccio o del golf sino ad Oga.

Non sono certamente progetti facili o che si possono improvvisare, ma se è stato possibile entrare nel centro di Venezia, o passare sotto le mura storiche di Perugia o, ancora collegare i barrios di Caracas ci si può almeno pensare.

Le mie ultime righe sono parole in libertà, forse un volo pindarico, ma certamente è necessario pensare ad una serie di provvedimenti da adottare in tempi brevi e con interventi di elevato livello qualitativo e di fruibilità per guardare ad un futuro sempre più sostenibile.

E’ molto difficile educare le persone solo con le parole, è certamente più efficace fornire i mezzi necessari, dare buoni esempi e, quando serve, dare anche qualche sanzione.

Ringraziamo, rigorosamente in ordine alfabetico, i tre principali produttori mondiali: Bartholet, Doppelmayr e Leitner, per il materiale e la collaborazione che ci hanno fornito per questo articolo.


About the author

Andrea Bagnoli

Nato a Varese nel 1970, si è laureato in architettura presso il Politecnico di Milano nel 1995. Dal 1998 è architetto occupandosi principalmente di edilizia residenziale e di servizio. Da sempre grande appassionato di sci e di montagna, oltre che di architettura e di tecnologia, sta svolgendo una ricerca sul tema delle architetture e delle strutture di servizio all’utilizzo sportivo della montagna, quindi sostenibilità, accessibilità, rapporto tra i manufatti e il contesto ambientale in cui sono inseriti, gestione consapevole delle risorse ambientali ed energetiche, qualità architettonica degli interventi e ovviamente … funzionalità per lo sciatore.