Un’estate sopra le aspettative, con tanta gente che ha potuto disperdersi nella sua bellezza e nella sua vastità, nei suoi immensi spazi, nel fascino della natura incontaminata.
La riscoperta della montagna estiva è stata un «effetto collaterale» della brutta pandemia che da marzo ha invaso la nostra vita.
La montagna è diventata occasione di evasione, di emozione, di relax dopo mesi di lockdown.
Tra timori ed incertezze, una fuga in montagna è sembrata ai più la conquista di un insperato spazio di libertà (anche dalla mascherina), di respiro, di aria pura.
E ad oggi possiamo dire che l’alta quota non ha generato contagio: il distanziamento è connaturato al concetto stesso di montagna.
Gli impiantisti hanno saputo rispettare e far rispettare le regole. I nostri ospiti hanno dimostrato una sensibilità ed un’attenzione importante, confermandoci che sono i comportamenti delle persone a fare la differenza.
Tutto bene allora?
Tutti tranquilli sulle prospettive per l’inverno?
Niente affatto.
Prima di tutto il virus è ancora tra noi, non lontano e neppure latente. Pronto a colpire, fermando famiglie, aziende ed intere comunità. Fa ancora paura, anche se abbiamo imparato a reagire con maggiore prontezza per limitare i danni.
Ma quali sono le prospettive andando verso l’inverno?
Non nascondiamo in tal senso la nostra grande preoccupazione.
I contagi tornano ad aumentare, le scuole sono un risiko… e lo sci?
Forse prima di tutto dobbiamo spiegare cos’è lo sci… perché quando sento paragonare lo sci alle discoteche per il «rischio contagio» mi vengono i brividi.
Lo sci è uno sport che si pratica all’aria aperta, a grandissima distanza uno dall’altro (per evitare di scontrarci…) e quando si sale con un impianto, il tragitto raramente dura oltre i 7-10 minuti.
Se a queste caratteristiche aggiungiamo le cautele e precauzioni indispensabili e ormai parte del nostro quotidiano, mascherina, distanziamento, sanificazione, areazione ecc., possiamo davvero sentirci piuttosto tranquilli.
È però indispensabile che tutta la filiera della montagna invernale adotti le stesse precauzioni, per evitare che il contagio trovi spazi in cui infilarsi. Serve senso di responsabilità e forse la capacità di adattarsi alle nuove logiche e priorità.
Gli impianti a fune possono garantire in inverno, come è stato in estate, momenti di svago e serenità che sono diventati importanti alla luce dei sacrifici cui la vita di tutti i giorni ci costringe.
Quando sciamo i confini si superano senza neppure accorgersene, uno skipass, un territorio, una montagna… oltre ogni divisione.
Proprio per questo è indispensabile che le regole che governano il trasporto su fune siano uguali per tutti.
Senza distinzione da regione a regione, distinzione che lo sciatore non riuscirebbe a comprendere e faticherebbe a rispettare.
Per far questo è necessario che sia il governo a riaprire il settore, a capire che chi scia passa il suo tempo all’aria aperta, vestito e coperto, dal casco ai guanti, allo scaldacollo, in modo tale da non potersi contagiare neppure volendo…
Oggi non ci pare che questo sia così chiaro a chi ci governa a Roma, ma questa incomprensione, questa ‘ignoranza’ (nel senso più tecnico del termine) dell’essenza dell’attività sportiva, rischia di generare equivoci gravi, di immenso danno a tutto il settore.
Anef sta combattendo per questo e il recente ritorno in squadra del Piemonte e di alcune altre località italiane aumenta la forza di squadra della nostra Associazione.
Stiamo lottando per avere una riapertura di settore e delle regole che, salvo situazioni eccezionali, siano uguali per tutti, basate su un protocollo, che con UNI abbiamo provato a definire in una Prassi di Riferimento, che siamo in grado di comunicare ai nostri ospiti.
Se tante cose e tante abitudini dovranno cambiare, lo sport e lo sci dovranno però mantenere le caratteristiche di piacere, di senso di libertà. Ma al contempo la gente dovrà essere e sentirsi sicura.
Per noi la sicurezza è sempre stata un obiettivo primario: appendere le persone a un filo che si muove è una sfida che esige tecnologia sicura e garanzie tecniche di primissimo ordine.
Oggi a questa sicurezza tecnica si deve aggiungere quella sanitaria.
E per chi della sicurezza ha sempre fatto la base del proprio prodotto, questo nuovo impegno è vissuto con la tranquillità di chi dà sempre il massimo con competenza e passione.
A tutto ciò aggiungiamo che chi viene a trovarci deve vivere e percepire sicurezza e protezione, ma al contempo vivere e percepire una vacanza, uno svago liberi e sereni.
L’estate, pur con i suoi numeri limitati, ci ha mostrato che il modello funziona.
Quasi superfluo aggiungere che le stesse cautele e protezioni le abbiamo riservate in prime ai nostri collaboratori, agli operatori degli impianti.
Sono la nostra più importante risorsa e la tuteliamo nel migliore dei modi, chiedendo anche a loro per rispetto di se stesso, dei nostri ospiti e della loro azienda, di non mettersi in «situazioni a rischio» quando hanno finito di lavorare.