Col tempo la sicurezza sulle piste da sci è diventata negli anni una questione di tale rilevanza da condurre il Parlamento italiano a farne oggetto di attenzione a livello nazionale fino ad approdare al varo della famosa legge 363 del dicembre 2003.
Una legge che ha avuto se non altro il merito di colmare un totale vuoto normativo in una materia la cui importanza non sfugge certo ai gestori delle aree sciistiche.
Ma anche una legge per molti aspetti lacunosa e insufficiente, non accompagnata da precisi regolamenti attuativi che a quasi diciassette anni dalla sua entrata in vigore si stanno ancora aspettando per precisarne le modalità di applicazione.
Solo per fare un esempio ed entrare in argomento: al comma 1 dell’articolo 3 si legge «…i gestori hanno l’obbligo di proteggere gli utenti da ostacoli presenti lungo le piste mediante l’utilizzo di adeguate protezioni degli stessi e segnalazioni della situazione di pericolo».
Con questo e altri articoli della legge (nr.5, nr.7) il principio della responsabilità dei gestori degli impianti nell’adeguare l’area sciabile a condizioni di sicurezza per i praticanti viene indubbiamente enunciato ma non si può evitare di aggiungere che l’assoluta vaghezza delle indicazioni attuative lascia adito a molte perplessità.
Cosa vuole dire in concreto «adeguate protezioni»? Quali «segnalazioni»? Fatte come? Con quali materiali?
In realtà la legge dice che gli ostacoli vanno adeguatamente protetti ma non stabilisce come.
Tutto è lasciato alla capacità produttiva delle aziende da una parte e alla discrezionalità del gestore dall’altra, al suo senso di responsabilità che si traduce naturalmente in interventi più o meno efficaci a seconda (anche) della disponibilità economica.
Mancano, comunque, regolamenti precisi sui criteri di adeguatezza delle varie installazioni di sicurezza, sulla classificazione e valutazione dei materiali utilizzati, sugli standard minimi da rispettare nella qualità dei prodotti e nel livello di efficienza dell’installazione.
Comunque da tempo qualcosa si è mosso nel mondo dello sci.
Una cultura della sicurezza è lievitata tra gli sciatori che chiedono giustamente alla stazione invernale un servizio di qualità su tutti i fronti dell’offerta (anche se spesso sono loro i responsabili di comportamenti «insicuri») e tra i gestori a cui non conviene certo tradire questa attesa e che sono formalmente responsabilizzati dalla legge.
Una relazione importante e di reciproca fiducia
Quando si vuole procedere alla messa in sicurezza di una pista da sci e/o di un intero skirama, si instaura un rapporto indispensabile ma talvolta non facile tra chi chiede (il gestore degli impianti e delle piste) e chi fornisce la prestazione ( l’azienda fornitrice degli allestimenti).
Insieme è necessario compiere un attento sopralluogo sul campo per individuare i punti pericolosi e stabilire che tipo di intervento operare e quali materiali usare.
In questa relazione determinante per definire il livello qualitativo dell’intervento è fondamentale la reciproca fiducia, il riconoscimento della professionalità e della competenza di chi consiglia, evitando di guardare al rappresentante dell’azienda fornitrice come qualcuno che voglia soltanto chiudere un affare.
D’altra parte in Italia manca una figura professionale che abbia autorità riconosciuta per determinare le scelte e la famosa legge 363 del 2003, pur importante, non aiuta molto indicando al gestore un obbligo generico (la sicurezza) ma lasciandogli discrezionalità nelle modalità attuative.
Bisogna però ammettere che, per fortuna, i tempi sono cambiati e i gestori delle piste sono molto più attenti alla necessità di tutelare quelli che si possono considerare a tutti gli effetti i loro «clienti».
Alla questione sostanziale (l’obbligo dell’impegno sancito dalla legge) si assomma una questione di «immagine» a cui soprattutto le località più importanti e blasonate non possono più sottrarsi.
Diverso ma da non trascurare il discorso per le località piccole e meno forti finanziariamente, quelle che svolgono un importante funzione nella trama della pratica di massa «reclutando» principianti e sciatori alle prime armi: in quell’ambito la sensibilità verso il tema-sicurezza è meno forte gli oggettivi limiti economici delle loro risorse non consentono spoesso gli interventi che sarebbero necessari.
Ma il problema purtroppo resta: un pericolo oggettivo non è diverso da un altro e non smette di essere un rischio per l’incolumità degli sciatori soltanto perché si trova a Pontechianale e non a Sstriere, a Carona e non a Bormio, a Conco e non a Cortina d’Ampezzo.
Il rapporto tra aziende ed Enti Locali
Capita sempre più spesso che gli operatori professionali della sicurezza debbano confrontarsi con gli Enti Locali, soprattuto nel segmento delle stazioni sciistiche più piccole in cui i gestori degli impianti debbano ricorrere ad un sostegno economico pubblico per proseguire l’attività.
Il rapporto tra committente e fornitore cambia e, nel quadro normativo attualmente vigente in italia, possiamo pur dire che si complica e non sempre a beneficio del risultato finale, vale a dire un elevato standard di sicurezza sulle piste.
Anche quando si deve procedere a lavori specialistici, per assegnare l’incarico i Comuni procedono in genere con un’asta pubblica e non con un’asta a invito, vale a dire a dire selezionando in partenza i possibili fornitori.
Questo comporta il non trascurabile fatto che non soltanto le aziende specializzate e competenti in materia ma tante altre di altri settori (movimento terra, disgaggi, consolidamenti e bonifiche) vi possono partecipare con il risultato assurdo di vedere assegnati qualche volta lavori ad aziende senza esperienze specifiche che poi devono rivolgersi a quelle specializzate per avere consulenze.
Può succedere addirittura che certe gare d’appalto non si possano nemmeno fare perché riservate ad aziende dotate della famosa categoria «SOA», un tipo di certificazione molto onerosa, operativa in settori di opere civili come fognature, asfaltature, taglio dei boschi eccetera.
Siccome la certificazione SOA sulla messa in sicurezza delle piste da sci non esiste, può capitare appunto l’assurdo che proprio i fornitori più qualificati per certi tipi di intervento vengano esclusi in partenza.
Perché succede questo? Perché i Comuni coinvolti nell’economia dello sci fanno solo aste pubbliche e non ad invito?
Per riferirsi ad una procedura standard consolidata che non dia adito a contestazioni di sorta; insomma, tanto per dirla tutta, per non avere grane.
Attualmente il rapporto con gli Enti Locali per la problematica della sicurezza sulle piste è minoritario rispetto alla committenza diretta dei gestori privati.
Ma sta crescendo in modo esponenziale viste le difficoltà in cui versano le stazioni sciistiche medie e piccole.
E allora sarebbe il caso che i legislatori mettessero mano per tempo alla materia per regolare gli appalti, introdurre certificazioni e omologazioni, determinare certezze dove oggi esiste molta approssimazione. I «capitolati d’appalto», ad esempio.
I «capitolati d’appalto» nella sfera pubblica
Nel rapporto con gli Enti Locali e la sfera «pubblica» (in crescita e sempre più probabile in futuro) si rischia di incontrare una serie di ostacoli e complicazioni che si aggiungono alle lacune della legge 363 già sottolineate in materia di certificazioni, standard di qualità di materiali utilizzati e installazioni.
La gara d’appalto pubblica mette in gioco spesso aziende non specializzate e si fonda su un «capitolato» su cui sarà il caso di compiere qualche riflessione.
I famosi «capitolati d’appalto» che la legge impone quali «guide tecniche» da seguire per la realizzazione delle opere oggetto dell’appalto stesso sono stilati dagli uffici tecnici dei comuni che non sempre hanno una competenza specifica: non sempre sanno quali reti di quali materiali siano le migliori, né di che diametro deve essere un certo palo per svolgere una certa funzione.
E allora cosa fanno? Si rivolgono ovviamente alle aziende specializzate per avere informazioni su quali norme inserire nel capitolato.
Ma così facendo (ogni operatore non farà fatica ad ammetterlo con onestà) è evidente che si rischia di condizionare in partenza l’appalto, visto che ogni azienda sarà indotta a consigliare di inserire nel capitolato, quale obbligo d’uso per poter partecipare e magari vincere la gara, il proprio prodotto.
Come si esce da questa situazione? Non se ne esce se non ci si decide a creare una figura «terza», una «autorithy» che abbia la competenza indiscussa, l’autorevolezza e, soprattutto, un mandato legale per stabilire, viste le opere da eseguire, quali debbano essere i contenuti del capitolato e quindi quali aziende abbiano titolo per poterlo tradurre in opera «a regola d’arte».
In Italia, purtroppo, questa figura non esiste ancora, come non esiste ancora una categoria «omologatori» riconosciuti in qualcosa che assomiglia a un albo professionale. È un’altra delle lacune a cui il legislatore dovrebbe porre mano.
La sperimentazione sul campo per il miglioramento dei prodotti
Nel settore dei materiali e delle installazioni per la messa in sicurezza delle piste da sci, la ricerca è in continua evoluzione.
Si trova un terreno privilegiato e particolarmente efficace con il metodo della sperimentazione «sul campo».
Non è sufficiente, infatti, progettare e realizzare nuove reti con nuovi materiali sintetici in laboratorio, palo di sostegno con nuove leghe e sistemi di ancoraggio studiati a tavolino: l’importante è misurarsi con il terreno a cui le installazioni saranno applicate.
Anzi spesso è da lì che si parte per innescare la ricerca di nuove soluzioni, dalla realtà della situazione da affrontare.
Il «campo» è il miglior laboratorio di ricerca e avnzamento tecnologico. Ed è l’agonismo il laboratorio dove trovare le soluzioni più avanzate che potranno essere adattate anche alle piste turistiche.
Perché, attenzione, è lì il difficile: le problematiche dell’agonismo di vertice sono standardizzate; quelle del turismo sono variegate, multiformi, sfuggenti, spesso imprevedibili.
Ma resta evidente che la sicurezza debba essere un valore assoluto non solo per i campioni ma anche per il principiante. P
er cercare di ottenerla bisogna avere almeno la certezza di poter disporre degli strumenti migliori.
Per preparare l’inverno si parte…da lontano
Potrà sembrare strano ma si può affermare che i problemi relativi alle potezioni e alla messa in sicurezza delle piste da sci si cominciano a risolvere quando la neve non c’è.
Durante le stagioni primaverile ed estiva è importante procedere a sopralluoghi insieme ai responsabili della gestione della località invernale per valutare ed individuare problemi che in condizioni di innevamento sarebbero «mascherati» o addirittura invisibili.
Insieme si può verificare con attenzione l’orografia del terreno interessato sia a livello generale che particolare; si possono individuare «preventivamente» luoghi che nell’inverno appena trascorso hanno creato problemi particolari e quindi necessitano di un intervento specifico; in certi casi si possono approntare le fondamenta di installazioni particolarmente importanti e impegnative come i plinti di calcestruzzo che reggono le reti di tipo A come sempre, anche e anzi soprattutto im questa fase, è fondamentale la collaborazione e la reciproca «onestà» tra il committente dell’intervento (la stazione sciistica e i suoi gestori) e chi fornisce la prestazione.
Detto esplicitamente: nessuno deve dire bugie o sottovalutare un problema o fingere di non vederlo, magari per fare più in fretta e/o magari per spendere meno.
Tra qualche mese quel fosso che adesso si vede, in inverno sarà «mimetizzato» e qualcuno potrebbe finirci dentro. Bisogna intervenire, perché la sicurezza non ha prezzo.
Le «sorelle maggiori» al top della produzione
Forse non tutti gli sciatori che passano davanti a quelle alte reti rosse che proteggono le pista da discesa da situazioni particolarmente scabrose (presenza di fossi, dirupi eccetera) si rendono conto non solo dell’importanza che esse rivestono per tutelare la loro incolumità ma anche di quale lavoro stia dietro la …loro esistenza.
Le cosiddette reti di tipo A sono le «sorelle maggiori» di tutta la gamma delle reti di protezione sulle piste da sci: sono le più alte, sono quelle realizzate con il filo di nylon più spesso e la maglia più fitta; sono quelle che hanno bisogno di strutture di sostegno fissate al suolo che a loro volta richiedono sempre studi particolareggiati per adeguarli alla condizione orografica; sono quelle che fissano a pali di sostegno a loro volta studiati e realizzati in fogge diverse per affrontare diverse esigenze.
Sono insomma il «top» della produzione in questo nostro settore e il segmento dove la ricerca per le soluzioni adattative e i continui perfezionamenti è maggiormente sollecitata.
Sono anche, ovviamente, quelle la cui installazione è la più costosa per i gestori delle località sciistiche.
Ma per fortuna questo argomento sta passando sempre di più in secondo piano davanti ad una nuova sensibilità emergente e all’esigenza di garantire la sicurezza.