È sempre stata buona norma non far corrispondere perfettamente le regole della circolazione stradale con quelle del traffico sulle piste da sci perché gli ambienti e le dinamiche sono ovviamente molto diverse.
Ma in alcuni casi, come quello di cui ci parla il nostro collaboratore, alcune analogie si rivelano plausibili: un Comune (che potrebbe essere un gestore di skiarea) viene chiamato in giudizio per le conseguenze di un incidente stradale sul suo territorio.
Si deve sempre prestare la massima attenzione nell’applicare per analogia al mondo dell’infortunistica sciatoria i presupposti di legge che regolano l’accertamento e l’attribuzione delle responsabilità a seguito di incidente stradale. Già in passato avevamo avuto modo di commentare alcune sentenze della Corte di Cassazione che si era ritenuto potessero essere di utilità per capire meglio quale sia il ruolo del gestore nella posizione di garanzia che assume nei confronti degli utenti dell’area sciabile attrezzata. Sappiamo benissimo che l’incidente sulla neve ha dinamiche ed evidenze radicalmente diverse rispetto all’incidente sulla strada e che il ragionamento in via analogica deve essere ponderato ed equilibrato per diventare solido e non pretestuoso come, invece, spesso accade nelle aule di giustizia. Sintetizziamo di seguito un altro caso sottoposto al vaglio della Corte di legittimità che lascia spazio a utili spunti di riflessione. Si tratta di uno scontro tra due autovetture ad un incrocio.
Secondo gli attori la responsabilità del sinistro era da ascriversi ai sensi dell’art.2051 del codice civile, all’amministrazione comunale per non avere ripristinato la segnaletica prima esistente sulla via che obbligava le auto provenienti dalla direzione opposta a dare la precedenza ai veicoli procedenti sulla via da loro percorsa.
Viene chiesto il risarcimento del danno al Comune, quale ente custode della strada, alla stregua del gestore, quale custode dell’area sciabile attrezzata, cui fanno carico gli obblighi di apporre idonea segnaletica secondo le prescrizioni di legge.
La richiesta di risarcimento rigettata dal Giudice di Pace
Il Giudice di Pace adito rigettava la domanda di risarcimento ritenendo insussistente il nesso causale tra l’incidente accaduto e l’assenza di segnaletica stradale osservando che:
- parte attrice, in mancanza di diversa segnalazione, era comunque tenuta a osservare le regole generali del codice della strada e in particolare l’obbligo di dare precedenza ai veicoli provenienti da destra e di regolare la velocità in prossimità dell’intersezione;
- la condotta di guida riferibile al conducente dell’altra autovettura configurava un’imprudenza altrui ragionevolmente prevedibile;
- dalla posizione statica assunta dai veicoli in esito al sinistro emerge che entrambe le autovetture mantenevano, al momento della collisione, una velocità di marcia non adeguata alla condizione dei luoghi.
Vistasi rigettare la domanda risarcitoria anche in appello, gli attori proponevano ricorso per Cassazione.
Le lamentele possono così essere riassunte.
- Viene denunciata un’errata applicazione degli articoli di legge che disciplinano le cose in custodia e degli articoli che regolano l’onere della prova per avere il Tribunale ritenuto che i presupposti della invocata responsabilità del Comune da «cose in custodia» siano, da un lato, la prova a carico del danneggiato della riconducibilità causale del fatto lesivo ad una condizione pericolosa del bene e, dall’altro, la riferibilità dell’evento anche a colpa della pubblica amministrazione, considerata anche la presenza di un’ordinanza dirigenziale che imponeva all’ente di apporre la segnalazione stradale indicativa dell’obbligo di dare la precedenza che invece era assente al momento del sinistro.
- Viene denunciata la violazione degli articoli del Codice della Strada per avere il Tribunale ritenuto che la mancanza del cartello di prescrizione di precedenza non abbia avuto alcuna influenza causale nella determinazione del sinistro.
Il Codice della Strada prescrive infatti espressamente l’obbligo di apporre le segnalazioni al fine di prevenire gli incidenti. Il Tribunale aveva inoltre omesso di considerare che il conducente del veicolo antagonista aveva affermato che aveva oltrepassato l’incrocio non avendo rilevato segnaletica orizzontale nè verticale di sorta.
- Viene denunciato che il Tribunale non ha accertato quantomeno un concorso di colpa del Comune rispetto ai fatti di cui è causa sostenendo che una corretta apposizione della cartellonistica stradale avrebbe con altissima probabilità evitato l’incidente.
La Cassazione ritiene infondati i motivi del ricorso
Tutti i motivi, rileva l’Organo Supremo, sono manifestamente infondati e devono pertanto essere rigettati. Secondo la giurisprudenza costante della Corte di Cassazione, l’assenza di segnaletica stradale, laddove la circolazione possa comunque avvenire senza inconvenienti anche in mancanza di essa, essendo sufficienti e idonee a regolarla le norme del codice della strada, non può ritenersi causa degli eventuali incidenti occorsi, e quindi non determina alcuna responsabilità dell’ente custode della strada per tali incidenti. In particolare, la preesistenza sui luoghi di una segnaletica che giustificasse il convincimento del diritto di precedenza in deroga alle regole ordinarie del codice stradale, oltre a non trovare nella sentenza alcuna univoca conferma, rimane comunque in tale prospettiva irrilevante, dal momento che, anche in tal caso, la circolazione stradale può avvenire senza inconvenienti, essendo sufficiente ed idoneo a regolarla il codice della strada, mentre appartiene all’insindacabile potere discrezionale dell’ente gestore provvedere alle segnalazioni per creare condizioni di traffico migliori. Nè può ricevere tutela con riferimento alla c.d. «insidia» l’eventuale affidamento dell’utente sulla presenza di segnalazione non in atto in quanto è per contro preciso dovere dello stesso prestare la massima attenzione alle reali condizioni della strada ed adeguare ad esse la propria condotta di guida.Queste sono con certezza considerazioni di natura giuridica che possono assumere rilevanza anche nella disciplina dell’attività sciatoria sol che si consideri la rilevanza he può e deve essere data agli articoli 9 e seguenti della legge n.363/2003 che disciplinano le regole di comportamento dello sciatore così come le regole di cui al Decalogo dello sciatore enucleate nel Decreto Ministeriale del 20/12/2005.
Il richiamo all’art. 2051 c.c. sulle «cose in custodia»
Ritornando al contenuto della sentenza, la Corte di Cassazione mette in evidenza come la normativa di cui all’art.2051 del codice civile prevede che il custode risponda del danno «cagionato» dalla cosa che ha in custodia. Il danno, di cui si è chiamati a rispondere, deve dunque essere causato dalla cosa. Ne consegue che è irrilevante la condotta del soggetto che si ritiene responsabile. Responsabile del danno cagionato dalla cosa è sì colui che essenzialmente ha la cosa in custodia, ma il termine non presuppone nè implica uno specifico obbligo di custodire la cosa e, quindi, non rileva la violazione di detto obbligo. Qui la nozione di «custodia» non descrive null’altro che la relazione tra un soggetto e la cosa che gli appartiene. Il custode negligente non risponde in modo diverso dal custode diligente e prudente se la cosa ha provocato danni a terzi. La responsabilità è esclusa solo dal «caso fortuito» che, però, rileva sul piano oggettivo e causale, quale fattore interruttivo del nesso di causa che lega la cosa al danno. Esso può essere rappresentato da un fatto naturale o del terzo o dello stesso danneggiato e deve essere connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, da intendersi però da un punto di vista oggettivo e della regolarità causale, senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode.
Inoltre, il danno per essere causa di responsabilità ex art. 2051 del codice civile, deve essersi verificato nell’ambito del «dinamismo connaturato alla cosa».
È pure ricorrente, nella giurisprudenza, la precisazione che per dare la prova del nesso causale occorre dimostrare che lo stato dei luoghi presentava un’obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il danno come ad esempio nell’ipotesi in cui il danneggiato aveva inciampato in un cordolo, lasciato dagli operai che stavano eseguendo lavori stradali.
Il cordolo o l’ostacolo non segnalato è cosa inerte ma, nondimeno, è certamente causa della caduta del soggetto che in esso inavvertitamente inciampi: non da esso, nell’esempio dato, origina per legge fisica il processo causale che al suo termine determina l’evento dannoso, ma piuttosto questo nasce dal movimento della stessa vittima che interagendo e scontrandosi con l’ostacolo, di per sè fermo e inerte, determina la caduta.Per quanto inerte la cosa deve pur sempre avere un ruolo nel processo causale. Non è sufficiente che la cosa in custodia figuri nel complesso dei vari elementi della complessiva sequenza terminata con l’evento stesso, ma è necessario che in tale sequenza essa costituisca momento in concreto dotato di «qualificata capacità eziologica» rispetto all’evento nella sua specificità.
Responsabilità oggettiva e il concetto di «nesso causale»
Nel caso dell’incidente stradale non è possibile identificare un ruolo siffatto della cosa in custodia (l’incrocio stradale), costituendo essa mero teatro o luogo dell’incidente che, dal modo di essere fisico della strada medesima, non ha ricevuto alcun contributo causale. La serie causale determinativa dell’evento origina e si esaurisce interamente nel comportamento dei conducenti dei veicoli che non ha trovato alcun contributo causale oggettivo riferibile alla fisica conformazione o modo di essere dell’incrocio o nelle sue condizioni di manutenzione.
Il comportamento la cui omissione si addebita all’ente non attiene alla manutenzione della cosa, quanto piuttosto alla regolamentazione e al controllo del comportamento degli utenti della strada e si muove nel campo della responsabilità per colpa che è del tutto estraneo alla fattispecie della cosa in custodia regolata dall’art.2051 del codice civile e invocata dagli attori a sostegno della domanda risarcitoria. Può pertanto in conclusione affermarsi il seguente principio di diritto che in via analogica può ben essere preso come riferimento anche nella materia dell’infortunistica sciatoria: la responsabilità oggettiva da «cose in custodia» è configurabile in presenza di un nesso causale tra la cosa in custodia e l’evento dannoso. Perchè un tale nesso possa affermarsi è necessario che la cosa si inserisca, con qualificata capacità eziologica, nella sequenza che porta all’evento e non rappresenti mera circostanza esterna o neutra o elemento passivo di una serie causale che si esaurisce all’interno e nel collegamento di altri e diversi fattori.
Nel caso di scontro tra veicoli – per analogia tra sciatori – ad un incrocio non assistito da segnaletica non può all’incrocio attribuirsi un ruolo causale per il solo fatto che l’incidente si sia in esso verificato. In tal caso, infatti, la cosa in custodia costituisce mero teatro o luogo dell’incidente, mentre la serie causale determinativa dell’evento origina dal comportamento dei soggetti coinvolti nello scontro e in esso interamente si esaurisce. Resta in tale ipotesi configurabile una eventuale responsabilità dell’ente per colpa ove il danneggiato alleghi e dimostri la sussistenza di una situazione di pericolo determinata dal contrasto tra le condizioni di transitabilità reali e quelle apparenti non percepibile dall’utente della strada con l’uso della normale diligenza e non rimediabile con l’osservanza delle regole del codice della strada.
Una sentenza che deve portare ad incentrare sulla condotta dello sciatore la necessità di un’attenta valutazione del suo dinamismo causale.
Marco Del Zotto Avvocato e Maestro di Sci studiolegale@delzotto.it