La Terra brucia ma i pompieri ce la fanno?
Il tema del riscaldamento globale e dei galoppanti mutamenti climatici è ormai scritto sull’agenda dell’umanità per il prossimo futuro e per le generazioni a venire ma le risposte degli Stati e dei loro governanti non sembrano ancora del tutto consapevoli, solidali, coese, decise unanimemente a intervenire in concreto per arginare se non per sovvertire il fenomeno.
È vero che sul tema sta crescendo in tutto il mondo una forte mobilitazione soprattutto giovanile e si stanno intrecciando i primi meeting internazionali popolati di buone intenzioni.
Ma poderosi interessi economici contrapposti di Nazioni e lobbies continuano a scherzare con il fuoco dell’Amazzonia, con lo sconvolgimento dei fenomeni estremi nell’ex clima temperato, con lo scioglimento dei ghiacciai e l’innalzamento del livello dei mari.
Un equilibrio ecologico che durava da secoli si sta infrangendo e sarebbe il caso che finalmente maturasse e si affermasse definitivamente una responsabile coscienza ambientale in tutte le componenti che animano la vita sul nostro pianeta, l’unico che abbiamo, una vulnerabile palletta azzurrina nello sconfinato universo.
Nel suo piccolo è quello che sta facendo il microcosmo della montagna bianca, quantomai coinvolta nel problema a fronte di inverni che ogni anno sono una scommessa con il destino in una altalena di bizzarrie climatiche e meteorologiche su cui la neve naturale va e viene con inquietante incertezza.
Contrariamente a quanto vorrebbe l’ambientalismo militante più accademico e talebano, il mondo legato all’economia indotta dal turismo invernale è il primo a conoscere il valore della tutela per l’ambiente naturale in cui si svolge, le montagne e il loro ineguagliabile fascino senza il quale non esisterebbe neppure.
Innanzitutto gli impianti a fune sono un mezzo di trasporto pulito che, tra l’altro, sta risolvendo problemi di traffico e di inquinamento in un numero sempre maggiore di megalopoli del pianeta.
E poi questo mondo si stanno facendo investimenti importanti in innovazione e in tecnologie sempre più avanzate per controllare l’impatto ambientale dell’innevamento tecnico che è l’unica risorsa certa capace di garantire le economie di interi territori montani, per ridurre i consumi energetici, per lavorare sulla neve con mezzi sempre più eco compatibili.
La fragilità di sistema emersa con l’accentuarsi dei mutamenti climatici e sottovalutata negli anni d’oro del boom, ha posto con forza il tema della sostenibilità ambientale dell’attività turistica invernale che tutti gli attori della scena, dai costruttori agli esercenti funiviari, stanno interpretando con grande impegno e consapevolezza nel considerare l’ambiente un patrimonio da proteggere.
Non è banalmente una risposta alle vestali dell’ecologismo utopico, agli integralisti della natura angelicata ed elitaria che negli impianti di risalita vedono solo il demonio e preferiscono la sopravvivenza di un arbusto alla sopravvivenza di intere economie territoriali.
E’ una presa di coscienza consapevole e forte che propone una rivoluzione culturale ai cui orizzonti si affaccia un futuro composto di rispetto ambientale, ottimizzazione dell’uso delle risorse, abbattimento dei consumi energetici, economia green.
In questo mondo non è mai mancato il coraggio, lo spirito di iniziativa e quel senso di responsabilità che ha condotto alla formulazione di precisi impegni da sottoscrivere e assumere come la «Carta di Cortina sulla sostenibilità degli sport invernali».
È stata firmata il 24 gennaio 2016 a Cortina d’Ampezzo, la «perla delle Dolomiti» che si appresta ad ospitare i Mondiali di sci alpino nel 2021 e che il 24 giugno scorso a Losanna ha conquistato insieme a Milano il diritto di organizzare le Olimpiadi invernali del 2026 in un progetto capace di abbattere pregiudizi e steccati politici per prospettare e centrare un obiettivo comune.
In calce agli impegni assunti nel rispetto di numerose convenzioni internazionali già sussistenti in materia ambientale c’erano le firme dell’allora Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, del presidente del CONI Giovanni Malagò, del presidente dell’ANEF Valeria Ghezzi, del presidente della FISI Flavio Roda, dei rappresentanti degli enti locali (l’assessore Cristiano Corazzari per la Regione Veneto e il sindaco di Cortina Andrea Franceschi), del segretario generale dell’ANCI Veronica Nicotra, di Claudio Pedrotti per la Fondazione Dolomiti UNESCO e del professor Andrea Segrè, presidente del Comitato per lo sviluppo del programma nazionale di prevenzione dei rifiuti del Ministero dell’Ambiente.
Sono passati tre anni ma quelle firme e quegli impegni devono valere più che mai come tavole della legge da onorare adesso e per sempre.