Una signora sta per acquistare uno skipass alla cassa di una sciovia camminando su una pista; un principiante impegnato su un campo scuola adiacente perde il controllo dei suoi attrezzi e la travolge causandole danni fisici per i quali l’infortunata chiede in sede civile un cospicuo risarcimento.
La società di gestione citata in giudizio risponde rappresentando la natura fortuita e accidentale dell’incidente, contestando la quaintificazione dei danni e chiedendo il rigetto della domanda di risarcimento.
Com’è andata a finire? Vediamo…
Una recente sentenza del maggio del 2019 della Corte d’Appello di Torino, ci consente di fare il punto della situazione sulla posizione di garanzia del gestore di un comprensorio sciistico in una zona sempre frequentata e molto spesso affollata come quella circostante alle casse skipass. A fine dicembre del 2012 una signora veniva investita e si procurava lesioni nei pressi della zona biglietteria che si trovava adiacente alla partenza di una sciovia di un campo scuola. L’investitore era uno sciatore che, scendendo sulla pista del campo scuola, perdeva completamente il controllo degli sci e, urlando, scendeva fino al fondo pista ove, invece di gettarsi a terra, impattava contro la signora e poi andava a fermare la propria corsa contro le reti di protezione. A causa del violento impatto, l’infortunata era caduta e aveva perso i sensi. Interveniva sul luogo la Polizia di Bardonecchia – Servizio di Sicurezza e Soccorso in Montagna e personale della Croce Verde che redigeva rapporto sull’accaduto, verbalizzando anche le dichiarazioni raccolte dai testimoni oculari dell’incidente.
Parte la causa civile per 50 mila Euro!
La signora instaurava una causa civile contro la società di gestione chiedendo la condanna al risarcimento di tutti i danni patiti, quantificati in poco meno di cinquantamila Euro, per aver omesso quest’ultima di apporre idonee barriere a protezione delle persone che si fossero recate a piedi presso la biglietteria per l’acquisto dello skipass o di altro documento di legittimazione all’utilizzo degli impianti di risalita, così determinando causalmente il verificarsi dell’incidente.
A sostegno della domanda rappresentava che la rete su cui era andato a sbattere lo sciatore dopo l’investimento non fosse stata apposta dalla società di gestione al fine di delimitare la pista, ma fosse quella che delimitava la pista da un adiacente hotel.
Richiamava l’art. 2043 c.c. in ordine alla responsabilità extracontrattuale della società, l’art. 18 della legge regionale Piemonte n.2 del 2009 e la legge n.363/2003, sostenendo che fosse obbligo del gestore delimitare la pista da sci al fine di garantire l’incolumità dei pedoni stazionanti fuori dalla pista da sci.
La società di gestione si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda attrice sostenendo invece che:
1) la Signora non aveva chiarito il luogo preciso dell’incidente, per cui non si capiva dove fosse accaduto (dentro o fuori pista);
2) la Signora percorreva a piedi una pista sciistica (quella dedicata ai principianti), in violazione delle principali regole di condotta e in particolare dell’art. 15 della Legge n.363/2003 e art.32 L. R. Piemonte n. 2/2009;
3) lo sciatore investitore, principiante, che si trovava su una pista destinata proprio ai principianti, aveva fatto quanto in suo potere secondo diligenza per evitare il danno, aveva tentato di cambiare direzione e poi si era gettato a terra, andando ad investire la donna dopo che era già caduto;
4) era assente il nesso di causalità tra la condotta della società di gestione e la causazione dell’incidente;
5) erano debitamente presenti una palinatura di delimitazione della pista, con pali a distanza di 20-30 metri l’uno dall’altro ed una rete.
Il Tribunale rigetta la domanda, l’infortunata ricorre in appello
La società concludeva rappresentando la natura accidentale e fortuita dell’incidente, contestava la quantificazione dei danni e chiedeva il rigetto della domanda di risarcimento. La causa veniva istruita con l’escussione dei testimoni e con una consulenza medico legale. All’esito, il Tribunale rigettava la domanda. L’infortunata presentava appello avverso la sentenza di primo grado ritenendola ingiusta ed erronea sia con riferimento alla ricostruzione dei fatti che all’applicazione dei principi di diritto.
Alla prima udienza la Corte formulava alle parti una proposta conciliativa che prevedeva il pagamento a favore della danneggiata dell’importo di quattromila Euro.
La proposta non veniva accettata dall’infortunata e la causa veniva così trattenuta a sentenza. La Corte d’Appello, preliminarmente, ripercorreva le motivazioni che avevano portato il Tribunale a rigettare la domanda. Non costituiva oggetto del contendere in questo giudizio la condotta imprudente o imperita dello sciatore, che aveva violentemente travolto la signora procurando le lesioni per cui è causa, non essendo stato citato in giudizio per consapevole scelta processuale della parte attrice, essendo lo sciatore straniero e non assicurato. Si trattava di verificare pertanto solo se sussistessero profili a carico della società che gestiva le piste, vuoi ai sensi dell’art. 2043 c.c., vuoi agli effetti di una qualunque altra forma di responsabilità. L’attrice non aveva allegato nè dimostrato alcun profilo di pericolosità dell’attività della società di gestione. La giurisprudenza in materia richiede l’individuazione di una condotta colposa che il danneggiato deve provare dimostrando l’esistenza di condizioni di pericolo della pista che rendessero esigibile la protezione da possibili incidenti e l’evidente condotta omissiva del gestore per la mancata predisposizione di protezioni o segnalazioni di pericolo.
Riconosciuta «l’innocenza» della società di gestione
Le condizioni richieste in diritto per accogliere la domanda, per il Tribunale non erano state dimostrate all’esito delle prove testimoniali assunte; da qui il rigetto della domanda. Giustamente la convenuta aveva osservato che la normativa riguardante gli obblighi del gestore delle piste di apporre barriere che delimitassero la zona dedicata all’attività sciistica era dettata a tutela dell’incolumità degli sciatori utenti delle piste e non di terzi pedoni. Nel merito riteneva l’appello infondato confermando l’assenza di qualsivoglia responsabilità in capo alla società di gestione.
L’inquadramento giuridico della causa è limitato all’art. 2043 del codice civile, cioè alle ipotesi di responsabilità extracontrattuale, sulla scorta della qualificazione della domanda così come operata dalla parte attrice.
Ne consegue che trattandosi di un’ipotesi di responsabilità omissiva colposa da parte del gestore della pista da sci, gravava sulla danneggiata la rigorosa prova della sussistenza in capo alla società di gestione di specifici obblighi di tutela e protezione a favore dei pedoni – non utenti delle piste – in relazione al preciso punto in cui la signora fosse stata investita, anche nel caso di investimento ad opera di uno sciatore, come era successo nella situazione poi sfociata con la richiesta di risarcimento del danno.
Nel caso specifico, non si poteva ravvisare in capo alla società che gestisce il comprensorio sciistico alcun obbligo di protezione a tutela delle persone che accedono all’area sciabile attrezzata in violazione di ogni regola normativa e di prudenza, in primis della legge nazionale sull’attività sciistica il cui art.15 sancisce, senza dubbio, il divieto per i pedoni di percorrere a piedi le piste.
Gli esiti giuridici di una sentenza esemplare
Il divieto normativo di transito sulle piste da parte dei pedoni, la non esigibilità da parte della società di gestione di recinzioni che addirittura siano pericolose per gli utenti alla cui protezione sarebbero dedicate, e cioè gli sciatori, ponendosi i pedoni che camminino sulle piste loro stessi come fonte di pericolo per chi scia e l’insussistenza di obblighi di controllo del gestore privato al di fuori delle aree sciabili, sono tutte risultanze accertate che hanno precluso l’accoglimento della domanda di risarcimento. La sentenza di primo grado veniva così confermata dalla Corte d’Appello. Dalla disamina dello sviluppo processuale di questo incidente sciistico, non poi così inusuale, si può evincere la corretta applicazione delle norme di diritto che regolano la materia e, in particolare, l’accertata assenza di un rapporto contrattuale tra il semplice pedone, privo di titolo di viaggio e la società di gestione. Le conseguenze, sotto il profilo dell’onere della prova sono significative, come visto. Sotto altro profilo si desume che le società di gestione, per il solo fatto di essere obbligate all’assicurazione civile verso terzi, possono divenire destinatarie di domande di risarcimento del danno anche per incidenti ove il responsabile «principale» è un soggetto terzo. Nel caso di specie, infatti, lo sciatore investitore non è stato neppure citato in giudizio perché, molto probabilmente, non era assicurato, anche se nella sentenza questo dato non emerge con certezza.