Un giorno mi telefona Bianca, una giovane di circa vent’anni. Timidamente mi richiede un colloquio, ha saputo che mi occupo di psicologia dello sport, lei è una ex sciatrice agonista ed ora soffre di forte ansia. Nei giorni seguenti la ricevo nel mio studio.
Già dalla camminata atletica e dalla stretta di mano decisa si nota un passato sportivo. Altrettanto non si può dire del suo sguardo basso e dal tono di voce con cui mi dice che soffre da alcuni anni di forti stati d’ansia che invalidano la sua vita scolastica e sociale.
Dopo i primi colloqui con Bianca non è difficile capire ciò che è accaduto: emerge subito un passato agonistico ricco di aspettative irrealizzate e di frustrazioni sportive mai elaborate. Bianca ha iniziato a sciare a tre anni e mezzo, i genitori entrambi sportivi la spingono verso l’agonismo già all’età di sei anni.
La madre ha trascorsi agonistici nel nuoto, il padre è un imprenditore di successo. Le vittorie di Bianca giungono molto precocemente e proseguono anche a livello nazionale fino all’età di dieci anni.
Inizia ad inciampare nella categoria Ragazzi, quando Bianca cambia allenatore e modalità d’insegnamento (subendo anche un forte cambiamento scolastico).
Approda alla categoria Allievi cambiando sci club e subito riprende ad essere un’atleta tra le più forti a livello nazionale.
Di nuovo ritorna la crisi quando iniziano le gare della categoria Giovani, stavolta è una crisi associata alla crescita fisiologica e lei inizia a perdere fiducia in sé stessa: «Vedevo il mio sogno sempre più lontano … lo vedevo sfumarsi davanti ai miei occhi!».
La situazione precipita dopo alcuni anni, Bianca non riesce più a sentirsi «quella brava», ha perso fiducia in se stessa, crede di non potercela più fare ad entrare in nazionale.
I genitori continuano a credere nel suo talento e si aspettano molto da lei. Bianca inizia ad avere problemi di ansia in partenza alle gare, spesso vomita, a volte si sente mancare e sviene. Nessuno riesce a comprendere il suo disagio, neppure lei stessa.
Inizia a compensare «il suo star male» concedendosi qualche birra di troppo e qualche sigaretta: «… tanto per sentirmi allegra e stare un po’ in compagnia!». I risultati non arrivano. Bianca smette di sciare! Inizia un periodo di trascuratezza fisica e isolamento.
A scuola fatica a raggiungere il sei e quando è sottoposta ad una prova di verifica spesso ha forte ansia e svenimenti. I genitori l’hanno portata da più medici specialistici, i quali le hanno prescritto un ansiolitico che prende controvoglia da alcuni mesi.
Bianca non riesce a studiare, non pratica sport, si rinchiude nella sua stanza per intere giornate davanti alla tv per evitare qualsiasi stimolo che possa provocarle ansia.
Bianca non vive più. Cosa è accaduto? Come è possibile che una promessa dello sci possa ridursi in quello stato? Allora ne vale la pena fare tanti sacrifici per farla crescere in un ambiente sano?
Era possibile intervenire prima?
Il cambiamento dalla categoria Cuccioli alla categoria Ragazzi è sempre un problema, credo sia uno dei periodi più difficili (insieme al primo anno Giovani), non tanto da un punto di vista tecnico che risulta evidente a tutti, ma piuttosto psicofisico e relazionale.
Tante relazioni importanti cambiano o si modificano (allenatori, professori, compagni), l’atteggiamento mentale verso lo sport si trasforma da gioco a agonismo:le domeniche di festa divengono competizioni con punteggio; la gara si trasforma da «vediamo chi vince oggi» in «sono in ansia perché devo fare i punti»; l’allenatore da educatore viene percepito come il datore di lavoro a cui render conto del proprio operato ogni giorno.
La percezione mentale del proprio corpo vive sentimenti luttuosi: il bambino scattante e coordinato sta lasciando il posto al corpo-ragazzino sgraziato e lento. Il pensiero si trasforma e le prime avvisaglie di maturazione sessuale bussano alla porta.
Tutto normale, bastava rassicurare Bianca di questi cambiamenti anticipandole le probabili conseguenze riflettendo insieme sulle emozioni che tutto ciò comporta. Approdata alla categoria Giovani, Bianca ha dovuto affrontare alcuni problemi tipici della sua età.
Durante lo sviluppo psicofisico a volte risulta doloroso vedere mutare alcune parti del corpo prima di altre rendendo poco armonica la globalità corporea.
Tale stato viene vissuto come definitivo e non transitorio, causando un disagio che viene definito «dismorfofobia» (cioè la paura di un corpo complessivamente non armonico).
Fallimento
Quando Bianca abbandona lo sci, per mancanza di risultati, ciò che le resta è la forte sensazione di aver fallito, la quale influenza negativamente l’autostima colpendo profondamente la sua identità.
Il motivo principale? Tutto il suo percorso agonistico era basato su un unico obiettivo: entrare in Nazionale. Niente squadra = fallimento totale! Tuttavia se si analizza attentamente tutto il bagaglio esperenziale che Bianca ha appreso durante il percorso agonistico notiamo quanti obiettivi sono stati raggiunti: tecnici, cognitivi, emotivi e relazionali.
Quante cose ha imparato che, purtroppo, spesso diamo per scontate! Tutte ricchezze personali utilizzabili nella sua futura professione e realizzazione personale. Qualcuno avrebbe dovuto farlo notare anche a lei. Conflitto interiore è ciò che crea la forte ansia che invalida la vita di Bianca.
L’aspettativa dei genitori di una figlia «Campionessa» (alimentata dalle precoci vittorie) ha creato in Bianca una percezione molto alta di un Sé ideale rispetto al Sé reale.
La discrepanza (tra sé ideale e sé reale) causa uno spazio che l’ansia prontamente occupa. La voglia di raggiungere alte aspettative e la paura di non farcela sono stati d’animo che spesso entrano in conflitto tra loro producendo dolore, il quale viene prontamente soffocato dall’ansia.
Per Bianca sarebbe stato importante tirare fuori quelle emozioni, condividerle, farle emergere in superficie, misurarne l’intensità, elaborarle, renderle meno dolorose, tutto questo con una figura adulta che sapesse accogliere il suo disagio in modo empatico.
Una figura che sapesse rispondere in modo soddisfacente alle sue numerose domande, sciogliendo i molteplici dubbi, restituendole sicurezza nelle proprie capacità, la voglia e l’energia di lottare per la vittoria sportiva e scolastica … e per la vittoria più importante della vita: il benessere psicofisico!
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