Anche lo sci ha la sua coppia del goal, si chiamano Tino e Omar, nonché Pietrogiovanna e Galli. Due uomini al comando (nella foto Tino a sx, Omar a dx) di una squadra che non ha leader ma solo tantissimi uomini e donne di una volontà encomiabile. Citiamo i due “ragazzi” solo perché su loro gravava la responsabilità di tutti.
Ma l’applauso va dal primo all’ultimo addetto che ha dato l’anima per portare a casa due gare che sembravano decisamente compromesse.
Ma se permettete dedichiamo un angolo tutto per Tino che avrebbe tutto il diritto di guardarsi le gare in Tv davanti al camino. Invece, ancora una volta, ha infilato la tuta, i guanti e ha preso in mano la pala. E allora consentiteci ancora, di descrivere meglio di chi stiamo parlando.
Tino Pietrogiovanna è nato Santa Caterina in Valfurva il 1950. È figlio di una guida alpina, papà Artemio, mentre la madre cercava di rendere piacevole il soggiorno nel nuovo hotel, Baita sciatori, che sorge a monte di Santa Caterina, a un centinaio di metri dall’arrivo della pista di discesa libera.
Delle tre sorelle che aiutavano attivamente la mamma, una sposata, ma è rimasto nell’ambiente dello sci agonistico, diventando cognata di Renato e Fernando Antonioni, Anche quest’ultimo entrato in squadra.
Il colonnello si è affacciato al mondo delle gare abbastanza presto, come d’altronde suoi amici e coetanei, ma la sua carriera è stata parecchio sfortunata, con un paio di fratture che ne hanno ritardato la maturazione.
Quando Vuarnet creò per la prima volta le leve giovanili, Pietrogiovanna venne assunto in prova e da quel momento incominciò ad usare Sci Dynastar e attacchi e bastoncini cober.
Da allora non ha mai dovuto pentirsene. Non avrebbe cambiato mai materiale nel quale ha completa fiducia. Dopo un po’ di purgatorio delle squadre minori, Tino entra nel grande giro delle gare di coppa a partire dal 1970 con esordio nel ’69. E rivelandosi subito come uno slalomista eccezionalmente dotato.
Le sue gare sono sempre appassionanti e imprevedibili. Due i podi ottenuti, il terzo posto di Heavenly Valley nel ‘73 e di Madonna di Campiglio nel ‘74.
Il possesso della tecnica eccellente ed una grande potenza atletica, ha però un grosso handicap. In primo luogo non sopporta le lenti a contatto ed è quindi obbligato a gareggiare con gli occhiali da vista sotto gli occhiali da sci. È risaputo quanto sia facile che gli occhiali si appannino, soprattutto perché le gare si svolgono in un clima gelido e la sudorazione rimane sempre alta.
Quando c’è nebbia, o peggio ancora quando nevica, Tino, come un pipistrello, effettua un volo cieco. Eppure riesce perfino a fare dei risultati. Nel ‘75, ad esempio, ottiene un brillantissimo secondo posto nello slalom di Mayrhofen, alle spalle del più forte slalomista austriaco Hauser.
Nevica fortissimo e alla fine ci si domandò come avesse fatto a vedere le porte: “Difatti non ne avevo vista nemmeno una, ma per tutto il percorso, quelli che sono passati prima di me avevano scavato una riga nel ghiaccio. E io le sono andato dietro”.
Il secondo handicap è di natura psicologica: forse il complesso degli occhiali e forse una mancanza di abitudine alla vittoria. Ma quando c’è sole o comunque la visibilità è buona, Tino tira fuori le unghie.
Proverbiale fu il sesto posto ottenuto a Grindelwald, con due arresti per vedere un po’ la porta seguente. Pur sballando a più non posso, Tino si guadagna un posto in squadra e figura fra i 15 salomisti più forti del mondo.
Ma ha davanti altri quattro compagni di squadra: Gustavo Thoeni, Pierino Gros, Fausto Radici e Ilario Pegorari. E per il contingente che ammette soltanto quattro atleti di ogni nazione per ogni gruppo di 15, è costretto quasi sempre a partire con il secondo gruppo.
Ma non se ne rammarica. Da atleta serio e modesto cercherà di guadagnarsi un posto al sole. Ci sono i Mondiali di Sankt Moritz per i quali può aspirare anche a una medaglia. Naturalmente se ci sarà bel tempo.
Dopo questo piccolo spaccato di storia, ritorniamo a oggi, quando Tino ha settant’anni. È un po’ stufo di prendersi freddo alle cinque del mattino e di tenere la pala in mano.
Gli avevano chiesto: “Beh, ma almeno dicci come dobbiamo procedere”. Così ha fatto, unendosi al team dell’intelligence tecnica di Santa, guidato da Omar Galli. Ma la pala in mano l’ha presa eccome! Impareggiabile testone! Tino e Omar la Tino e Omar la Tino e Omar la