Mancano ormai pochi giorni. Il 7 febbraio si inaugura a Sochi (Russia) la XXII edizione dei Giochi Olimpici Invernali, l’evento clou di questo inverno 2014, l’ultimo anello in ordine cronologico di quella catena che la fiamma dei cinque cerchi ha prodotto a partire dal 1924, quando a Chamonix il Comitato Olimpico Internazionale e il barone Pierre de Coubertin riuscirono a trasferire per la prima volta sulla neve e sul ghiaccio dell’inverno il loro ideale sportivo di amicizia e fratellanza tra i popoli dei cinque continenti nel nome dello sport.
Dovremmo essere tutti felici e contenti di apprestarci ad assistere alle vicende del più prestigioso evento dello sport che catturerà la nostra attenzione fino alla cerimonia di chiusura del 23 febbraio. E invece, forse per la prima volta nella storia dei Giochi, l’attesa è condita dall’ansia per le condizioni preliminari, per le situazioni ambientali (e non solo…) che accompagnano queste Olimpiadi. Su questi Giochi incombono la paura del terrorismo dopo gli attentati kamikaze di fine anno a Volgograd, le polemiche politiche sulle leggi anti – gay apertamente contestate dagli Stati Uniti, il rischio di boicottaggi, un clima di inquietudine e timori di diversa natura che mal si concilia con tutto quello che di bello e gioioso l’Olimpiade dovrebbe rappresentare. Incrociamo le dita e speriamo che vada tutto bene ma, solo per restare alla questione climatico- ambientale, fin dalla sua investitura nel 2007, fortemente supportata dal leader russo Vladimir Putin, era apparso evidente che la città destinata ad ospitare le Olimpiadi bianche nel 2014 avrebbe potuto avere qualche problema di compatibilità con gli sport invernali della neve e del ghiaccio per i quali le basse temperature e il clima rigido dovrebbero essere le precondizioni essenziali. Già quattro anni fa il clima influenzato dalla vicinanza dell’Oceano aveva creato qualche problema a Vancouver.
Quest’anno il problema climatico appare perlomeno moltiplicato. Sochi è una città di circa 350 mila abitanti fondata nel 1838 e affacciata sul Mar Nero ai piedi del Caucaso. Si tratta di una frequentatissima località turistica e di villeggiatura che gode di un clima mite pressoché unico in Russia per la sua bassa latitudine e per la presenza a Nord di una catena montuosa che la ripara dalle correnti settentrionali. Gli inverni sono miti e piovosi più che «nevosi». La temperatura media annua è di 14°; la temperatura media del mese più freddo (gennaio) è di 5,8°. A Sochi, insomma, in genere si va per fare il bagno, non per sciare. Ma detto così, brutalmente, si rischia di essere soltanto superficiali e pregiudiziali perché in effetti a Sochi città saranno destinate soltanto le specialità «al chiuso» del ghiaccio (hockey, pattinaggio artistico e di velocità, short track) negli impianti del megagalattico Parco Olimpico in riva al mare mentre tutte le altre specialità «open air » si concentraranno a Krasnaja Poljana, tra le pieghe di quella catena montuosa distante circa 50 km a nord della città di cui parlavamo prima e che paradossalmente ne garantisce il clima particolarmente mite, tale da poterci coltivare il tè e l’uva.
Ma incominciamo col dire che la Russia ospita per la prima volta nella storia le Olimpiadi bianche, per la seconda volta in assoluto le Olimpiadi dopo l’edizione estiva di Mosca del 1980, boicottata dagli USA, quando la Russia era ancora il cuore forte dell’Unione Sovietica. Le ha conquistate al primo tentativo durante i lavori del 119° Congresso del CIO svoltosi in Guatemala nel 2007 (vedi il box dedicato). La volontà di Vladimir Putin di celebrare la nuova ricchezza della Russia «rinata» dopo la caduta del muro di Berlino e la disintegrazione dell’impero sovietico si è incrociata con l’interesse del CIO ad allargare la sua sfera di consenso e di influenza nelle aree asiatiche del mondo globalizzato. Non a caso dopo Sochi nel 2018 toccherà alla coreana Pyeongchang, già candidata per la seconda volta nel 2007 ma battuta dal potere d’influenza e dalle esibite e illimitate possibilità del nuovo zar della nuova Russia. Sochi ha fatto polpette delle candidate avversarie anche se per gli sport invernali non aveva niente di pronto, tutto sulla carta e nei progetti; tutto avrebbe dovuto essere costruito dal nulla al contrario, per esempio, di una candidata come Salisburgo che poteva vantare tradizioni e impianti già collaudati. Sochi non aveva niente di pronto ma possedeva in abbondanza la cosa ormai ritenuta più importante: un’illimitata capacità di investimento, il denaro.
Non si sa con precisione quanto costeranno queste Olimpiadi ma è certo che pur di condurre in porto il suo progetto Vladimir Putin non ha badato a spese. Sarà l’Olimpiade invernale più cara di sempre, si dice 25 volte più costosa rispetto all’ultima edizione di Vancouver. Si calcola che, tra investimenti privati e pubblici, si possa arrivare alla somma complessiva di circa 40 miliardi di Euro. Soltanto la ferrovia che dovrà collegare il mare con le montagne costerà circa 6 miliardi di dollari. Numeri da far impallidire altri precedenti: ad esempio (tanto per dire…) per Torino 2006 si spesero appena 1,5 miliardi di Euro e per le opere in città non si superò la soglia dei 2 miliardi. E oltre ai costi esorbitanti, oltre alle indiscrezioni sulla corruzione negli appalti delle opere gestiti dalla holding statale Olimpstroi, sono emerse pesanti accuse circa lo sfruttamento dei lavoratori sottopagati, costretti a lavorare nei cantieri per 12 ore al giorno tutta la settimana senza ferie e con solo un giorno libero ogni 14 giorni. L’accusa è partita dall’associazione Human Rights Watch, è stata riportata dal quotidiano inglese Guardian e ha avuto il conforto di decine di testimoni stranieri. Ma al di là di queste ombre pur non trascurabili, in chiave tecnica l’incognita più grossa resta quella del clima e della presenza della neve per tutte le discipline in programma a Krasnaja Poljana in cui la «materia prima» è indispensabile. Lo stesso presidente della FIS Gianfranco Kasper non ha esitato a sollevare forti preoccupazioni su questo fronte visto che l’ultimo inverno è stato particolarmente avaro di precipitazioni e ha fatto saltare nelle ultime due stagioni alcuni test event previsti dalla FIS.
A Rosa Khutor, la stazione sciistica che ospiterà le gare dello sci alpino, tutte le piste sono naturalmente servite da impianti di neve programmata ma si sa che il problema è quello delle temperature. Conoscendolo, gli organizzatori hanno predisposto anche 400 generatori di neve. Sergei Bechin, direttore generale di Rosa Khutor, ha assicurato atleti e tecnici che non ci sarà alcuna carenza di neve anche se si dovessero verificare temperature ancora più calde degli ultimi anni.
Pare che ad un prezzo calcolato attorno agli 11 milioni di dollari i russi abbiano accumulato circa 500.000 metri cubi di neve protetti da una speciale copertura termica e pronti per essere «distribuiti» sulle piste di gara in caso di estrema necessità. Da parte sua, il presidente del Comitato Organizzatore Dmitry Chernyshenko si è detto ottimista, sostenendo che le alte temperature in montagna degli ultimi anni sono state un’eccezione e dicendosi certo che è altamente improbabile il ripetersi quest’anno dello stesso fenomeno. Se lo dice lui…Noi intanto incrociamo le dita. E aspettiamo le gare.
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