Oggi in estate si va in Argentina e Cile per prepararsi. Un tempo la Salomon di Bebi Zolla offriva alla Nazionale azzurra una vacanza al mare. A volte salivano a bordo del piccolo veliero di Alfredo Pigna, la voce in Rai delle cronache dello sci. Si trattava di un momento molto atteso perché si prestava per ascoltare la voce della Valanga in un contesto disteso e
spensierato. Mario Cotelli, il cittì degli Azzurri, teneva molto a questa fase di preparazione travestita da vacanza, perché creava una grande unità nel gruppo e contribuiva a costruire l’immagine della Valanga. Un’operazione riuscitissima perché
oggi, a distanza di quarant’anni, la nominiamo come fosse ancora forte e viva. Oltre a condurre una squadra che non aveva eguali al Mondo, Mario introdusse nello sci il concetto di marketing. Se la Domenica Sportiva chiamava, l’ordine per gli atleti era di mollare tutto e presentarsi in Rai al termine di una gara o di un allenamento, anche a costo di saltare la competizione del giorno dopo. Andiamo in cronaca: a inizio stagione ’75, i risultati stentano ad arrivare e i titoli di quasi
tutta la stampa parlano di crisi. Invece, proprio la Coppa ’75 si copre di leggenda e premia tutti i grandi protagonisti. Franz Klammer vince la coppa di discesa, Stenmark quella del gigante e dello slalom, mentre quella generale finisce nelle mani di Gustavo Thöni per la quarta volta, al termine di una sfida che entra nel libro delle imprese: il parallelo di Ortisei. Era stato
messo in calendario più che altro come festa finale di Coppa, invece si trasforma in una sfida decisiva tra Gustavo e Ingo. Tutti sanno com’è finita, anche perché quel giorno c’erano ben 42 mila spettatori attorno alla pista, per una gara che viene vista, solo in Italia, da oltre 20 milioni di telespettatori, seppur con immagini in bianco e nero, mentre quasi tutto il resto del mondo, circa 150 milioni di appassionati, la guarda a colori. I paralleli in realtà sono stati due: mentre Gustavo e Ingemar superano le varie fasi del tabellone, al traguardo Cotelli e Nogler, allenatore dello svedese, si beccano armati di trucchi e strategie più o meno lecite. Intanto, in pista, Bachleda esce dal tracciato con facilità sorprendente, lanciando in finale Stenmark. Gustavo elimina Grabler, Roux, Pietrogiovanna (che si lascia cadere…) e Tresch. Ingo ragigunge la finale eliminando Radici. Tra i due finalisti il più bianco in viso è decisamente lo svedese. La sera prima aveva sbattuto con la macchina contro il guard-rail che separava la strada dal fiume. Poi la cena organizzata da Nogler con i due atleti e rispettive mogli. Ingrid preferisce comunicare a Gustavo a giochi fatti che nel suo ventre stava crescendo Petra e tutto sommato la mente dell’eroe di Trafoi sembra più libera rispetto a quella del rivale. Anche se, a dire il vero, non è che mancassero polemiche nell’ambiente Azzurro. Cotelli, dopo quella magica discesa libera di Kitzbühel conclusa con la vittoria di Klammer per soli 3 millesimi su Gustavo, costrinse il suo gioiello a partecipare a tutte le altre discese, perdendo così smalto e punti nei giganti e slalom, dove al contrario Stenmark ebbe vita facile. La formula delle combinate toglie gloria e onori a chi colleziona vittorie su vittorie. Lo stesso Serge Lange, patron della Coppa, comincia a odiare quella formula e ne dice di tutti i colori anche contro il parallelo, nonostant,e per la prima volta, uno sponsor decida di acquistare i diritti di una gara di Coppa: la Parmalat, azienda che poi acquista la Coppa generale per tanti anni.
In campo femminile, le Azzurre riescono a ferire poco, mentre il dominio assoluto è ancora sulle spalle di Anne Marie Moser Pröll che conquista la sua quarta coppa consecutiva. Sono poche le atlete che riescono ad avere un minimo di luce: Lise Marie Morerod, padrona degli slalom che Anne Marie non amava, mentre Hanni Wenzel, atleta del Liechtenstein, inizia a capire come fare per vincere la Sfera di Cristallo, cosa che avverrà nel ‘78 e nell’80.
Nel 1976 inizia definitivamente l’era Stenmark, che infila tre sfere di cristallo una dietro l’altra. Nasce il tentativo di rifondare la Valanga: il neo presidente Fisi Arrigo Gattai cambia i quadri tecnici. Mario Cotelli rimane direttore agonistico con un aumento ulteriore di poteri, mentre escono Oreste Peccedi (prove tecniche) e Luciano Panatti (velocità), sostituiti da Alfons Thoma e Seppe Messner. La Valanga però non funziona più, Pierino Gros e Gustavo Thoeni devono cedere il passo a nuovi talenti. Paul Frommelt, Klaus Heiddegger, Heini Hemmi, Klaus Hinterseer, Christian Neureuther (il babbo di Felix) e
il giovane Phil Maher, spalleggiato dal fratello gemello Steve. In discesa il solo Herbert Plank può difendersi dai «Pazzi canadesi» capeggiati da Ken Read e senza dimenticare i leader di sempre: Klammer, Russi, Grissmann, Erik Hüker, Michael Veith… In realtà viene un po’ da ridere, perché nel ‘76 gli azzurri comunque portano a casa 5 vittorie: due di Gustavo, una di Fausto Radici, una di Franco Bieler e una di Herbert Plank. Non solo, alle Olimpiadi di Innsbruck ‘76 Pierino Gros fa suo l’oro in slalom davanti a Gustavo (oro in combinata) e Plank si aggiudica il bronzo nella discesa dominata dal padrone di casa Klammer. Oggi sarebbe vista come una stagione fantastica, ma il declino della Valanga sembra ormai segnato e il ‘76 è l’ultima stagione a regalarci sorrisi. Tra le donne, il podio olimpico sfugge ad Annemarie che si arrende alla nuova star dello sci mondiale, la tedesca Rosi Mittermaier, che si porta a casa 3 ori e un argento. Lo stesso colore che illumina gli occhi di Claudia Giordani in speciale, in una gara dove un cappellino storto rischia di farla uscire.
Dal ‘76 al ‘78 Ingemar Stenmark vince talmente tante gare da disilludere le velleità dei combinatisti che però poi, nel 1979, vengono fuori, come l’elvetico Peter Lüscher, non certo una stella di prima categoria. Piazzamento dopo piazzamento, riesce a riportare in Svizzera la Sfera di Cristallo. Sull’altro fronte, Annemarie Moser Pröll batte ogni record, che ancora oggi nessuno è riuscito a superare, con la sesta vittoria di Coppa generale. Le azzurre si nascondono ma tra tante stars elvetiche, germaniche, austriache e nordamericane, spunta il cappellino di una milanese diciottenne che sbalordisce tutte il 27
gennaio a Mellau, quando vince il primo (di quattro) slalom della sua carriera: Maria Rosa Quario, detta Ninna. C’era proprio bisogno che qualcuna prendesse il posto di Claudia Giordani in questa specialità. Nel 1980 Stenmark continua a battere ogni record di vittorie. Si porta a casa le ennesime coppa di specialità di slalom e gigante, ma la sfera di cristallo
passa da Lüscher ad Andreas Wenzel che la spunta sullo svedese per soli 4 punti, mentre Phil Mahre inizia a farsi sotto. In discesa Herbert Plank è l’unico azzurro a salire sul gradino del podio col terzo posto della classifica della discesa, vinta dall’elvetico Peter Müller. La festa in casa Wenzel è totale perché anche la sorella di Andreas, Hanni, fa sua la coppa generale su Pröll e Nadig, mentre la coppa di slalom viene conquistata dal peperino francese Perrine Pelen. Il 1980 è anche l’anno delle Olimpiadi di Lake Placid che noi ricordiamo per l’insuccesso totale conseguito: zero medaglie nello sci alpino.
Hanni Wenzel è la Regina dei giochi con tre ori e un argento. Annemarie, invece, si regala l’ultimo trionfo, con l’oro nella discesa. Il sorriso rompe l’imperscrutabilità di Re Stenmark, che finalmente riesce a prevalere alle Olimpiadi con due ori in slalom e gigante (discesa a Leonhard Stock e combinata a Phil Mahre). L’Italia di Sepp Messner non riesce a tirar fuori una squadra vincente. Mancano i talenti. Ne avevamo uno in realtà, ma la cattiva sorte ce l’ha portato via. Leonardo David era l’erede naturale di Gustavo Thoeni e la vittoria conseguita nello slalom di Oslo, il 7 febbraio 1979, davanti a Stenmark e Mahre, ne aveva dato ampie garanzie. Travolti dall’idea di avere in casa un nuovo fuoriclasse, viene buttato nella mischia delle discese libere, ma l’allora diciannovenne di Gressoney ancora non era fisicamente pronto per sostenere quelle violenze tecnico-atletiche. Nella discesa degli Assoluti di Cortina, cade e batte la testa. Rimane stordito e infastidito per parecchi giorni, ma nella discesa pre-olimpica di Lake Placid viene comunque fatto partire. Cade sullo schuss finale, si rialza, taglia il traguardo e crolla tra le braccia di Pierino Gros. Una tragedia che si portò dietro non poche polemiche che finirono anche in tribunale. Leo rimarrà in coma per sei anni. Il suo cuore smetterà di battere il 26 febbraio 1985.
Se ai Mondiali di Garmisch del ’78 l’italia si aggrappò all’argento di Pierino Gros, salvatore della Patria e di tante persone (il che non evitò scene si isteria, dimissioni e scontro furioso tra Cotelli e Gattai), non andò meglio a quelli successivi di Schladming ’82. Un bronzo firmato Daniela Zini, un quarto posto di Paolo De Chiesa (battuto per 5 centesimi da Fjaelberg) e una lacrima che inzuppa la gota di Ninna Quario, in testa dopo la prima manche dello slalom, poi uscita nella seconda. Ma è doveroso un altro passo indietro. Nel 1981 inizia l’era dell’americano Phil Mahre che a dispetto di Stenmark, sa cavarsela bene anche in discesa e con i punti della combinata vince la Coppa nell’81, 82 e 83. Lo svedese non demorde e continua a fare incetta di vittorie e coppe di specialità. Ma altri campioni, che monopolizzeranno le classifiche negli anni a venire, iniziano a farsi vedere. Il 24 gennaio 1982, in quel di Wengen, un diciannovenne e smilzo gigante svizzero conquista la combinata e un mese più tardi prevale in uno slalom gigante a San Sicario. Si chiama Pirmin Zurbriggen! Il 27 febbraio 1983, invece, sulle nevi svedesi di Gällivare, un certo Marc Girardelli, sotto la bandiera del Lussemburgo, si impone in uno slalom speciale. Arriva anche il tempo di Herika Hess e Maria Walliser, di Tamara McKinney, di Maria e Irene Epple. Queste campionesse, Pirmin, Marc… sta per iniziare la leggendaria carriera di altri grandi campioni della storia dello sci che hanno riempito pagine e pagine di Sciare. La storia continua sul prossimo numero…
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