E’ un maestro di sci l’uomo nudo apparso a tutta pagina sul Corriere della Sera di qualche giorno fa. Si chiama Enrico Frare ed è tutt’altro che un pazzo. Enrico si è messo ignudo, si è fatto fotografare e ha pubblicato a proprie spese la sua foto sull’ultima pagina del Corriere per protestare. Non l’ha fatto come maestro di sci contro il mondo dello sci ma come imprenditore italiano vessato, come tutti gli italiani, imprenditori e non, da un sistema politico-statale-bancario semplicemente fallimentare. Non entro in merito alle cause di questo fallimento né, quindi, alle ragioni – sacrosantissime – della protesta di Enrico. Ne prendo spunto per qualche riflessione sul nostro mondo di maestri di sci affinché, come già gli imprenditori, non tocchi anche a noi toglierci le mutande. Quello che è emerso negli ultimi anni e che ha portato l’imprenditoria a dover lottare contro questa crisi e che può trascinare i maestri di sci nello stesso baratro è sostanzialmente il fenomeno della deregulation, del gioco senza regole. Un’assurdità immane, dato che, come sa chi va in montagna, anche la natura ha le sue regole. Così l’Europa, grandissima idea, è nata senza governo, e la finanza, lasciata libera a se stessa, si è trasformata in un’autentica arma di distruzione di massa, capace di uccidere tanto chi colpisce quanto per contagio. L’Europa contiene una contraddizione fondativa e i maestri di sci, per quel che li riguarda, si stanno facendo in quattro per superarla. L’anomalia europea è di essere unita e divisa, simile e diversa al tempo stesso. Nel mondo delle imprese significa avere una moneta unica in un sistema di tassazioni nazionali, di costi orari d’impresa, energetici e altro ancora assolutamente diversi; nel mondo dello sci significa abilitare all’insegnamento maestri di sci che hanno formazioni assolutamente diverse tra loro. Senza regole non è possibile fare una gara di sci; nello stesso modo, senza regole, non è possibile confrontarsi nel mondo dell’impresa e dei professionisti della neve. E qui apro una parentesi. Per colpa nostra, ovviamente, siamo entrati tra i fondatori dell’Europa come Cenerentole al ballo. Onorati di esserci. Incapaci, però, di rifiutare quello che era chiaro fin dall’inizio. Permettendo che l’Europa nascesse solo come realtà economica, siamo stati destinati, per il nostro debito pubblico, a essere tra gli ultimi, con la Germania e la Francia a farci da padrone. Nel tempo della finanza dominante è stato mettersi in ginocchio. Ma l’Italia, come l’Italia dello sci, è un paese storicamente leader. L’abbiamo costruita noi, la Francia. Noi gli abbiamo dato la lingua, la religione, il diritto, la civiltà, l’università, il vino. E la Germania stessa ha fondato il suo sogno, fallito, di germanizzare il mondo studiando e copiando, malissimo, dall’opera civilizzatrice di Roma. Nello sci è la stessa cosa, l’Italia ha da sempre dato un contributo tecnico e agonistico imprescindibile. Chiudo la parentesi e torno a Frare, chiamato in tutte le trasmissioni da Santoro a Matrix a raccontare la sua protesta. Ebbene molti hanno confrontato il nudo gridato di Frare con quello spavaldo di Luciano Benetton, fotografato, una ventina di anni fa, da Toscani. In quei nudi le uniche azioni le fanno le mani coprendo i genitali. In quello di Benetton pare dicano: però le mie palle non ve le mostro; in quello di Frare pare, invece, dicano: no, queste non posso proprio darvele! Bene, mi auguro che il prossimo nudo sia quello del David di Michelangelo, italiano, fiero, altero, vincitore e con le palle al vento dell’Europa.
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