In questi giorni si registra un elevato pericolo valanghe, così vi proponiamo le indicazioni e alcuni consigli basilari dati dal servizio Meteomont Esercito
Ogni volta che ci avventuriamo in un ambiente montano e in particolare in zone non controllate, ovvero in quelle aree dove non vi è un controllo diretto da parte dell’uomo e pertanto non vi può essere una garanzia di un adeguato sistema di sicurezza, dobbiamo essere consapevoli dell’ambiente che ci circonda e pertanto adottare tutte le procedure e precauzioni possibili affinché si possa fare una corretta valutazione del rischio accettabile e quindi decidere se la nostra attività in montagna possa essere svolta o meno, o ancora semplicemente limitarla.
Il buon senso e soprattutto un’adeguata preparazione fisica e tecnica ci daranno la possibilità di poter gestire al meglio ogni situazione.
Ovviamente nel nostro zaino dovrà esserci quanto necessario, poiché non sempre potremo fare affidamento ad immediati aiuti esterni.
Pertanto solo una corretta conoscenza dei materiali e delle procedure di soccorso, in caso coinvolgimento in un evento valanghivo, faranno si che le probabilità di sopravvivenza aumentino.
Da studi effettuati, relativamente al tasso di sopravvivenza di persone travolte da valanghe e in assenza di traumi gravi, emerge che nei primi 15 minuti dal seppellimento (vedasi il grafico della curva di sopravvivenza) della massa nevosa, le probabilità di essere estratto vivo dalla stessa è pari al 90% circa, questa fase viene definita fase della sopravvivenza.
Dopo i 15 minuti e in particolare fino a 35 minuti, la probabilità di sopravvivere cala repentinamente ad un limite del 34%. Generalmente dopo questo lasso di tempo, qualora non sia possibile prendere ossigeno dall’aria (aria che filtra tra le fratture interne della massa nevosa), la principale causa di morte è l’asfissia, questa fase viene definita fase dell’asfissia.
Tuttavia in caso di condizioni favorevoli, ovvero grazie alla presenza di sacche d’aria, i tempi di sopravvivenza possono allungarsi fino a 90 minuti circa, siamo nella fase di latenza.
Col passare del tempo il travolto, a contatto con la neve, disperdendo calore tende a raffreddarsi fino a raggiungere una temperatura corporea al di sotto dei 35° con conseguenti compromissione delle funzioni vitali, siamo nella fase dell’ipotermia.
Da quanto evidenziato dalla curva di sopravvivenza, si evince che i primi 15 minuti sono indispensabili.
Dato che il tempo d’intervento di un gruppo di soccorso organizzato, dalla chiamata di soccorso all’arrivo sul sito valanghivo, supera i tempi della fase di sopravvivenza è indispensabile fare affidamento sui compagni di escursione, pertanto fare affidamento all’autosoccorso.
Ovviamente, anche avvalendosi delle procedure di autosoccorso, è importante allertare le unità di soccorso organizzato, del resto, il travolto da valanga è pur sempre un politraumatizzato e pertanto va gestito da personale qualificato.
Pertanto, quando ci muoviamo in montagna, oltre ad avere buon senso, capacità fisiche e tecniche, equipaggiamento adeguato, dobbiamo farlo in compagnia poiché, in caso di incidente, solo chi è con noi è in grado di attivate la catena del soccorso organizzato, ma soprattutto procedere all’autosoccorso.
In un ambiente montano innevato, 3 sono i materiali individuali indispensabili per l’autosoccorso in valanga, ovvero ARTVA, pala e sonda.
1. ARTVA, apparecchio per la ricerca dei travolti da valanga, è un dispositivo elettronico ricetrasmettitore che lavora su una frequenza standard di 457 kHz. Dai primi modelli analogici degli ’80 si è passati ai recenti modelli digitali, i più affidabili sono dotati di tre antenne e di specifico software, che tramite display grafico ci conduce in prossimità del travolto. Sempre più veloci e precisi nella fase di ricerca, necessitano di un adeguato periodo di apprendimento delle proprie funzioni, al fine di conoscerne pregi e difetti, virtù e limiti.
2. PALA, è l’unico strumento che ci permette di estrarre il più velocemente possibile dalla massa nevosa il travolto da valanga. È impensabile poterlo fare a mani nude o con attrezzi di circostanza (ciaspole, sci, ecc.) i tempi di scavo sarebbero lunghissimi.
3. SONDA, fondamentale ai fini dell’individuazione precisa del travolto da valanga. Deve essere leggera e resistente, di lunghezza adeguata (almeno 240 cm). Da evitare modelli «light», potrebbero rompersi facilmente.
Esistono altri strumenti a loro integrazione (zaini ABS, ecc.), tuttavia come già detto, è impensabile avventurarsi in un contesto montano innevato non controllato (vale anche per le aree adiacenti e fuori dalle piste da sci) privi di ARTVA, pala e sonda senza un adeguato addestramento al loro utilizzo.
Il rischio in montagna, anche in bassa percentuale, è sempre presente. Pertanto bisogna prepararsi al peggio, come nel caso della gestione di un evento valanghivo in cui vengono coinvolte delle persone.
Quindi, nonostante tutte le precauzioni, in caso di evento valanghivo bisogna cercare di avere sangue freddo e non perdere lucidità, poiché già una corretta osservazione dell’evento ci darà successivamente delle informazioni importantissime ai fini di una ricerca veloce del travolto.
Infatti, focalizzare il travolto, il punto in cui viene investito dalla massa nevosa, il punto in cui scompare, ci darà la possibilità di indirizzare al meglio la ricerca nell’area di presumibile ritrovamento.
Questa fredda e semplice osservazione, seppure possa sembrare una perdita di tempo, risulterà fondamentale.
Appena la massa nevosa si sarà fermata, si analizzerà velocemente il sito valanghivo per capire se è ancora pericoloso o meno e pertanto adottare le adeguate misure di sicurezza e strategie d’intervento.
Contemporaneamente, se possibile, si avviserà tempestivamente il soccorso organizzato, eventualmente distaccando anche un compagno di escursione al fine di dare più informazioni possibili.
Successivamente, si inizierà una ricerca visiva e uditiva, al fine di trovare indicazioni utili o meglio ancora il corpo del travolto (potrebbe trovarsi parzialmente sepolto).
Quindi procedere a una ricerca con ARTVA, pala e sonda. Una volta individuato il travolto, metterlo in sicurezza e attendere le unità di soccorso organizzato.
Da tener presente che la ricerca con ARTVA non è cosa semplice e intuitiva, soprattutto quando si è soggetti a un forte impatto emotivo quale il travolgimento in valanga di un amico carissimo o di un familiare.
Proprio per questo, l’addestramento al loro utilizzo non è mai abbastanza, pertanto vi esortiamo ad allenarvi, anche con prove a tempo. Sicuramente, in caso di evento valanghivo, delle vite umane saranno salvate tempestivamente.
(Ten. Col. Gregorio Lordi)
Vediamo ora come e perché si formano le valanghe
La neve nell’immaginario umano, in particolare dei bambini, è un qualcosa che ci trasmette un senso di pace, di quiete, di bello.
Chi da bambino, appena svegliatosi, alla vista di un paesaggio innevato non si è illuminato di gioia e vestitosi velocemente è corso fuori casa per divertirsi con gli amici in un paesaggio innevato, ovattato. Se la neve, da una parte è tutto questo, è anche vero che non tutto ciò che luccica è oro.
Infatti, la neve spesso e volentieri può diventare elemento di interferenza, più o meno grave, alle attività dell’uomo, pertanto proviamo ad analizzarla, in modo semplice e cerchiamo di capire come possa interagire con l’ambiente.
Prima di tutto cerchiamo di capire, cos’è la neve?
Nell’atmosfera terrestre, quando vengono a crearsi determinate condizioni, in particolare temperature negative, opportuni valori di umidità e la presenza di nuclei di congelamento, si ha la formazione del cristallo di neve. Le varie combinazioni tra temperatura dell’aria e umidità condizionano la formazione del cristallo di neve e pertanto avremo diverse tipologie dello stesso.
Questi combinandosi tra loro daranno origine ai fiocchi di neve che nella loro caduta verso il suolo verranno modificati meccanicamente. Una volta depositati a terra, continueranno il loro processo di trasformazione, in un modo fortemente condizionato dalle temperature ivi presente.
Con l’alternanza delle condizioni del tempo, le successive precipitazioni nevose si depositeranno in vari strati sovrapposti e diversamente caratterizzati, formando il manto nevoso.
Proprio queste differenze meccaniche e fisiche presenti tra i vari strati di neve all’interno del manto nevoso, associate alle pendenze del terreno, determineranno la sua stabilità in funzione della continua lotta tra le forze ivi presenti (attriti, peso, ecc.).
Quando questi equilibri tra le forze, assoggettate alla forza di gravità, verranno meno avremo una rottura degli stessi e pertanto assisteremo ad una valanga.
Ma cos’è una valanga? Le definizioni del termine valanga, presenti nei vari dizionari, risultano essere molteplici e differenziate, ma soprattutto non sempre esaustive.
Tuttavia possiamo asserire che quando una massa di neve è in movimento lungo un pendio, piccola o grande che sia, ci troviamo in presenza di una valanga.
Ogni valanga si caratterizza per la presenza di una zona di distacco, una di scorrimento e una di accumulo.
La zona di distacco è l’area in cui si innesca la valanga, quando vengono meno gli equilibri interni come detto precedentemente, per motivi naturali se a seguito dell’aumento della massa nevosa quali nuove nevicate o il trasporto del vento, oppure per altri fattori quali un sovraccarico esterno (esempio classico è lo sciatore) l’esposizione, ecc.
Ovviamente per dare origine a tale movimento, vi è bisogno di una pendenza adeguata, che solitamente coincide all’incirca con angoli uguali o superiori a 30° circa.
La zona di scorrimento è l’area che viene a trovarsi tra la zona di distacco e quella di accumulo.
La zona di accumulo è l’area in cui l’energia della massa nevosa tende ad esaurirsi e pertanto da un progressivo rallentamento si arriva al fermarsi del tutto.
Al fine di identificare al meglio le varie tipologie di valanghe, esiste una vera e propria classificazione delle stesse, che segue i seguenti criteri:
Tipo di distacco, puntiforme relativamente alle valanghe di neve a debole coesione oppure lineare quando si tratta di valanghe a lastroni.
Posizione della superficie di scivolamento, di fondo quando è interessato tutto lo spessore del manto nevoso, fino al suolo, oppure di superficie quando interessa una parte degli strati.
Umidità della neve, cioè in funzione della percentuale d’acqua contenuta, pertanto si avranno valanghe di neve bagnata o umida o ancora di neve asciutta.
Caratteristiche geomorfologiche del terreno, ovvero se muove su un pendio aperto viene definita di versante, mentre se muove all’interno di un canale o un impluvio è detta incanalata.
Tipo di movimento, quando lo scorrimento della massa nevosa è a contatto con il suolo viene detta radente, mentre se avviene nell’aria è del tipo nubiforme.
Causa, pertanto spontanea se avviene per motivi naturali (aumento della massa nevosa, delle temperature, ecc.), oppure provocata (passaggio dell’uomo, uso di esplosivi, ecc.).
Inoltre abbiamo una suddivisione delle valanghe anche per tipologie.
Le valanghe a debole coesione, di neve bagnata oppure asciutta e pertanto con densità variabili da valori inferiori a 100 Kg/m³ oppure prossimi ai 300-500 Kg/m³, hanno origine dal movimento di alcune particelle di neve incoerente e man mano che procedono nel loro movimento, aumentando di dimensione, acquisendo la classica forma a «pera».
Mentre le valanghe a lastroni, caratterizzate da una densità superiore ai 200 Kg/m³, nei casi dei lastroni soffici 100 Kg/m³, hanno origine dalla rottura del lastrone. Proprio come quando rompiamo una sottile lastra di ghiaccio, che durante il movimento andranno a frammentarsi tra loro, diminuendo le dimensioni dei singoli lastroni.
Il vento risulta essere uno dei fattori determinanti alla formazione dei lastroni, infatti cono un’azione meccanica compatta i fiocchi di neve tra loro dando alla struttura una certa solidità. È come se venisse a crearsi una lastra di vetro, costituita da neve, con una certa fragilità e pertanto sempre pronta ad innescarsi sotto le opportune sollecitazioni.
Le valanghe di neve umida o bagnata, caratterizzate da una densità variabile tra i 300-400 Kg/m³, di prevalenza primaverile, sono relativamente lente nel loro movimento, circa 30-50 Km/h.
Le valanghe di neve asciutta, con una densità molto bassa, nel loro scorrere generano un vero e proprio aerosol, raggiungono velocità elevatissime.
Ovviamente, si potranno avere delle combinazioni tra le varie tipologie, dando origine a valanghe di tipo misto.
Da quanto abbiamo detto, si può ben capire, che quando entrano in gioco fattori quali massa, velocità, energia in generale, ecc. viene a crearsi un qualcosa che potenzialmente è altamente distruttivo.
In sintesi, la neve, nella sua accezione comune è un qualcosa di bello, spettacolare, ma è anche una combinazione di elementi capace di mostrare tutta la forza della natura. E in alcuni casi la sua violenza.
La natura ha sempre interagito con l’uomo o con le aree antropizzate, nel bene e nel male, lo stesso succede con la neve. Che a seconda dei casi può darci grandi gioie ma anche grandi problematiche.
Quindi sta a noi, avere la capacità di interagire con essa, rispettarla. E capire quando si può chiedere in termini di risorse, di appagamento o semplicemente, la cosa più difficile, capire quando rinunciare. Del resto la natura è lì, che ci aspetta dobbiamo solo saperla cogliere.