Nuovo appuntamento con la rubrica Mental coach con la psicologa dello sport Lucia Bocchi che spiega perché spesso in pista è “questione di feeling”.
Quante volte si sente dire dagli atleti di coppa del mondo «Ho sciato bene, perché ho sentito subito buone sensazioni in pista». Oppure: «Non riesco ad esprimermi al meglio, devo trovare il feeling con la pista».
Gli atleti spesso non riescono ad entrare in sintonia con alcune piste e sistematicamente ogni anno la loro prestazione non è all’altezza della loro fama. Ad esempio Henrik Kristoffersen nello slalom di Zagabria.
Al contrario, Federica Brignone sembra avere sempre un buon feeling con la combinata di Crans Montana infatti ogni anno si piazza sul podio. O meglio quattro volte vincitrice nelle ultime quattro stagioni!
La motivazione più ovvia è pensare che le gare si svolgono su un terreno, che per tipologia di pendenza, dossi e dislivello, coincide perfettamente con le caratteristiche tecniche di un particolare atleta. O viceversa differiscono rispetto ad un altro atleta.
Tuttavia, attribuire tutto questo solamente alle caratteristiche fisico-tecniche dell’atleta potrebbe essere troppo riduttivo. Ed anche in questo caso dobbiamo introdurre la mente come fattore fondamentale.
Tutti sappiamo che i campioni di sci si allenano su ogni tipo di pista, terreno e neve, e nonostante loro stessi ammettano di preferirne alcune a discapito di altre.
Si allenano anni per sviluppare al meglio l’adattabilità a qualsiasi condizione esterna. Il fattore mentale è qualcosa che trascende l’aspetto puramente tecnico.
Possiamo tradurlo come una un insieme di percezioni e sensazioni più sottili e profonde, che risuonano nel corpo e nella mente dello sciatore.
Sentirsi in sintonia con alcune piste è come incontrare per la prima volta una persona e sentirsi subito a proprio agio senza capirne il perché.
Solitamente sono questioni inconsce che solamente con il tempo si sveleranno. Questa sensazione crea un pregresso positivo con quella persona che ci porterà ad avere un buon atteggiamento anche negli incontri successivi.
Tradotto in termini sciistici, se uno sciatore ha avuto buone sensazioni su una pista (per vari fattori tecnici, fisici e mentali parzialmente spiegabili e comprensibili) tenderà a voler rifare più volte quella pista per riprovare le stesse belle sensazioni.
Si crea un circolo virtuoso, in cui, lo sciatore continuerà a reiterare quelle sensazioni collegandole al ricordo di quella pista, aumentando così la voglia di rifarla e durante la sciata di nuovo sentirà quelle belle sensazioni, e così via.
Nello stesso modo, gli atleti collegano la sensazione del flow («stato di grazia») visualizzando nella loro mente, infinite volte, la gara appena vinta. Questo al fine di fissare in memoria le buone sensazioni vissute.
Oltre a questo, sappiamo che una delle componenti fondamentali dell’auto efficacia (cioè il sentirsi capaci di fare la migliore prestazione in gara) è il buon esito delle gare svolte dall’atleta nelle precedenti stagioni agonistiche.
Quindi per Federica Brignone, la pista di Crans è diventata un ancoraggio forte per la sua auto efficacia. Tanto che la sua predisposizione mentale all’avvicinarsi di tale gara, è un atteggiamento positivo che aumenta la possibilità di gareggiare nel flow. E quindi di ottenere la sua migliore prestazione sportiva).
Viceversa, nella mente di Kristoffersen , quando si avvicina lo slalom di Zagabria, ci sono esperienze pregresse negative che abbassano la sua auto efficacia al minimo, predisponendolo in una zona di fuori flow.
Quindi, questo atleta deve lavorare duramente su altre componenti mentali per bypassare questo ostacolo e poter essere competitivo.
Le componenti tecniche e fisiche, specifiche alle caratteristiche di un atleta, vengono allenate al massimo, tuttavia quando troverà condizioni poco compatibili cercherà di limitare i danni.
Invece, se ben allenata, la componente mentale può essere considerata il fattore «jolly». Poiché è capace di supplire a carenze fisico-tecniche ricercando continuamente quella condizione magica di flow. Il che permette all’atleta di fare la prestazione ottimale nonostante l’incompatibilità oggettiva con le caratteristiche della pista.
Solamente in quest’ultimo caso si può considerare un Campione completo in tutte le sue componenti (fisica tecnica e mentale) capace di vincere su qualsiasi pista!
Altri argomenti trattati da Lucia Bocchi per la rubrica MENTAL COACH
Come individuare gli obiettivi agonistici – Come rimuovere il trauma di un incidente – I momenti della partenza – La “F” del metodo sfera – La sindrome del campione – Lo scandire del tempo nello sci –