E’ arrivata in redazione una mail molto particolare di un ragazzo appena diciottenne, con preghiera di non pubblicazione (non sono capace di scrivere) e soprattutto di massima riservatezza delle generalità, ma con il desiderio di diffondere nel miglior modo possibile il suo pensiero.
Un pensiero che suona così: «Vorrei che tutti potessero trasmettere l’amore per lo sci. Vorrei che tutti avessero un pensiero per quei ragazzi che sarebbero felici se potessero immaginare la bellezza dello sci. A volte lo sci è un volo. A volte non c’è neppure quello. Ma che importa? Si può sciare ugualmente, eccome! Dico questo perché, quando ero più piccolo e ho iniziato a sciare, e di questo non finirò mai di ringraziare i miei genitori, non riuscivo più a pensare ad altro. Sinceramente non so perché. Cioè, non trovavo una spiegazione. Mi sentivo quasi diverso rispetto ai miei amici che non facevano altro che parlare di calcio, di ragazze, di discoteche. Io invece pensavo allo sci. A quelle emozioni che provavo quando mi trovavo in cima a una pista, col freddo pronto a pizzicarmi la punta del naso, col pensiero rivolto a come sarei riuscito ad affrontare quel muro che è sempre ghiacciato. Ma da lì dovevo passare per poter raggiungere quel bordo pista dove si accumulava sempre un po’ di neve polverosa. Avvertivo anche il desiderio di farmi vedere. Mi fermavo in un punto, mi guardavo in giro e quando ero certo che altri sciatori dovevano per forza seguire un tratto della mia discesa, mi decidevo a partire, certo di provocare ammirazione e forse anche un po’ di invidia. In realtà non ho mai sciato con un grande stile e la mia tecnica, se così posso chiamarla, non si è mai distinta per eleganza e pulizia. Ma per me la tecnica non è mai stato “sciare bene”, semplicemente applicare dei movimenti che mi consentissero di godere il più possibile. Eh sì, perché quando una curva viene bene ti senti una felicità e un benessere addosso che io non ho mai provato in altri momenti. Non so se questo è amore, passione o follia. Giuro, non lo so. Di fatto, provavo sensazioni meravigliose. Una sorta di felicità che mi è venuta fuori all’improvviso. Quella felicità che avevo nascosto così bene da non ricordare più dove diavolo l’avessi messa, perché concentrato a portare avanti i compiti della mia quotidianità, lo studio, il lavoro, la famiglia, i doveri, la complicità con le persone che circondavano la mia vita. Ah, Benigni a tal proposito dice che ce l’hanno data in dote fin da piccoli ed è così preziosa che la sotterriamo come il cane fa con l’osso. Soltanto che il nostro fiuto è meno efficace e la perdiamo. Ecco, a me questo non succede: mi metto sugli sci e lei, la felicità, rispunta fuori subito. Non penso che questo capiti solo perché sciare è bello e divertente. Credo si tratti del contesto in cui mi trovo. Forse vedo lo sci come la vita. Mi trovo in pista, devo osservare delle regole di comportamento per la mia sicurezza e quella degli altri, quindi sviluppo un concetto di rispetto e di altruismo. Devo impegnarmi e concentrarmi perché altrimenti la curva non viene e cado per terra. Anzi, sulla neve! Il tratto di neve che percorro con gli sci è la mia casa. Passo di lì perché posso deciderlo io, perché credo sia la soluzione migliore. Credetemi, non sono pazzo, io queste cose le vivo veramente e sento il bisogno di raccontarle, perché tutto questo possa diffondersi. Lo sci ti rende felice e ti fa crescere. I ragazzi non lo sanno. Dovrebbero ribaltare tutti gli scomparti delle loro convinzioni, buttare tutto all’aria e raggiungere, come faccio io, la vetta di una montagna. Da lassù, quando respiri con una certa intensità, ti senti un altro. Ti senti forte, libero, forse anche un po’ invincibile e capisci quanto poco importanti siano molte cose che invece ci sembrano determinanti. Questa sensazione la provavo da ragazzino e la provo ancora oggi, dopo l’incidente che ho avuto in moto e che mi ha portato via una gamba. La mia vita è cambiata, devo superare ostacoli che in realtà mi sono sempre trovato di fronte (come tutti d’altronde), solo che ora mi sembrano alti il doppio. I miei genitori erano più disperati di me. Vedere la tristezza negli occhi di un figlio dev’essere terribile. Ma poi hanno capito. Mi hanno riportato in cima a quella pista e il mio terrore si è pian piano trasformato in gioia indescrivibile. Non posso più farlo da solo. Ho bisogno di un aiuto, ma so che ci sono diverse strutture che sono lì, pronte ad accogliere tutti coloro che si trovano nelle mie condizioni, o con problemi ancora più gravi. Ho conosciuto un ragazzo della mia stessa età durante la risalita in telecabina. Abbiamo parlato delle belle sensazioni che sa regalare lo sci. Indossava una pettorina verde fluorescente, così come l’amico che gli stava accanto. Era uno sciatore non vedente. Mi spiega che ha imparato a sciare appena due anni fa ma che si sta preparando per partecipare alle gare. Mi sono sentito uno stupido, ma poi anche molto forte perché quello in cui credo non è una mia paranoia, una personale follia. Ecco perché vi scrivo. Voglio impegnarmi con ogni mezzo a mia disposizione per far capire quante cose lo sci sa offrire. Sì, lo so, lo sci in fondo è solo una delle occasioni che ragazzi come me possono cogliere, ma sinceramente non ho mai trovato stimoli in null’altro. Perché la neve, la montagna, lo sci sono per me magia e sono certo che così sarebbe anche per tanti altri giovani, disabili o normodotati. Se avete notizia di qualcuno di loro, anche solo per sentito dire, da amici degli amici, da cugini lontani o da nomi senza volto, metteteli a conoscenza di questa possibilità. Metteteli in contatto con le scuole e le strutture nate con felicità e passione apposta per loro. Un giorno, questi ragazzi, per dirvi grazie, vi manderanno un bacio! E un bacio non è poco!»
Add Comment