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Lo sci dei quanti

Se passasse, sarebbe una disgrazia. Altro che futuro dello sci! Torneremmo tutti a tirar incerte e tristi derapate per nulla entusiasmanti, dimenticandoci per sempre l’emozione di una curva quasi perfetta, di una piega che ci fa toccare con le orecchie la neve. Sembra che i grandi capi della Fis vogliano ripristinare le «assi» nel Circo Bianco e far correre gli atleti con sci dai raggi di curva impossibili: superiore ai 35 metri per il gigante! Il senso? Quello dichiarato, sempre il solito: aumentare la spettacolarità! Quello vero, anch’esso sempre il solito: dar stimolo a un’economia perennemente in sofferenza. A fronte della stagnazione del numero dei praticanti, si cerca di far aumentare le vendite, cambiando di tanto in tanto le regole del gioco. Finché il gioco non si rompe, può funzionare, sebbene sia una mossa di principio tristissima: la spinta all’acquisto non origina dal desiderio di possedere sci migliorati dalla potente genialità umana che non conosce fine, ma dalle furbesche decisioni di grigi soloni che mettendo fuorilegge gli sci dell’inverno precedente obbligandoci al nuovo acquisto. Il mercato che funziona come uno Stato che non funziona: trovar soldi con tasse imposte per legge, con acquisti imposti per legge. Solo che questa volta c’è il rischio che il gioco si rompa per davvero. E appunto sarebbe una disgrazia. So da un amico che quest’estate il grande Michael Von Grunigen testava in campo libero e tra i pali del gigante questi nuovi sci «dritti». Il mio amico non è uno sciatore qualunque ma un allenatore di una squadra nazionale. Essendo venuto a sapere che c’era in ghiacciaio il re del gigante di quando lui era un giovanissimo maestro di sci, è corso a vederlo. Per ammirarlo! Commento? «Sembrava un master e di quelli anche scarsi». MVG sciava con quegli attrezzi come nel giorno del suo ritiro, quando fece l’ultima discesa con gli sci di legno senza lamine e gli scarponi di cuoio con i lacci. Bode Miller l’ha detto chiaro e tondo che, se passasse questa regola, lui potrebbe pensare seriamente al ritiro. Il re dello sci alpino in versione acrobatica non può accettare di sciare senza inclinazioni estreme e tutto di traverso. Il confronto è chiaro: lo sci dritto sta allo sci sciancrato come la Fisica di Newton sta a quella di Einstein, cioè come la Fisica Classica sta a quella dei Quanti. Le distensioni in avanzamento interno di MVG appartenevano a quel mondo lì, ordinato e certo delle mele che cadono dagli alberi; le pieghe in arretramento da funambolo sulla Streif ai limiti di ogni possibilità umana di Bode Miller sono di un altro mondo, quello probabilistico e incerto degli studi sull’universo. Tornare allo sci dritto sarebbe come tornare a studiare la mela che cade e rinunciare ad indagare il cosmo quando ormai si era cominciato a capirci qualcosa. Non dimentichiamoci che c’è già una generazione di sciatori carving. Quale sarà la loro reazione quando, di punto in bianco, la prossima stagione si troveranno tra i pali del gigante con gli sci da super g a far sbandate sull’interno? Gli sembrerà di non saper più sciare. Di dover partire da zero. Credo che nemmeno i master ne sarebbero contenti a sentirsi più statici di quanto già non lo siano. Chi sostiene la proposta Fis si dice sicuro del contrario: lo spettacolo sarà maggiore, il divertimento pure, le emozioni anche. Più sbandate, come nel motociclismo, che ha nella derapata controllata in ingresso curva il suo momento di maggior show. Vorrei far notare che è un nonsenso logico equiparare lo sci al motociclismo. Lo capisce un bambino che tra i loro fondamentali non c’è nulla in comune, se non una vaga questione d’equilibrio: nello sci non c’è il motore, per esempio, che nel motociclismo evidentemente c’è, per cui dove l’uno in uscita curva accelera, l’altro non può che cercare di essere più scorrevole; dove l’uno ha un sistema di frenata controllata, lo sci non ce l’ha; dove nell’uno c’è una quantità enorme di elettronica, nell’altro non ce n’è una briciola. E poi sci e sciatore sono un blocco unico e in curva non si può buttar dentro il corpo per tener più piatti gli sci come si fa con la moto. E ancora, ma questo lo capisce anche un bambino stupido, cambia in modo diametralmente opposto l’elemento in cui si opera: l’asfalto non è la neve e viceversa. Quindi, signori della Fis che avete in mano il nostro futuro, v’invito a fare questa semplice ma illuminante riflessione: nel motociclismo la sbandata controllata fa show perché l’asfalto non è scivoloso e chi riesce a scivolarci, fa quello che gli altri non riescono a fare, per cui è un figo; viceversa, la neve è scivolosa e tutti sopra vi scivolano già di loro: chi lo fa meno degli altri e conduce più degli altri, fa quello che gli altri non sanno fare, e quindi è un figo. A me sembra tutto molto chiaro al punto che se passassero gli sci dritti, io vado con Bode a fare uno sport che dia ancora la possibilità ai propri adepti di sentirsi almeno un po’ fighi. Mica si fa sport per altro!

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Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

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