L’iter per diventare maestro di sci, dalle selezioni all’esame.
Più volte abbiamo descritto le fasi della selezione e del corso maestri, grazie anche alle pagine dedicate alla categoria, descritte da Amsi e Colnaz, il Collegio nazionale dei Maestri di sci. Questa volta, però, desideriamo andiamo un po’ più in profondità per cogliere alcuni dettagli mai raccontati prima, che riguardano una fase davvero importante di questa professione.
È bene specificare che selezione e corso sono simili nelle regioni, tuttavia esistono alcune differenze. Noi prendiamo a esempio il format della Regione Lombardia, attraverso il racconto di Luigi Tacchini, ex atleta, maestro, allenatore, istruttore nazionale. Ma non solo.
Prima però una precisazione importante per inquadrare la «mamma» di tutto questo, ovvero l’Istituzione del Collegio regionale. La legge quadro è entrata in vigore nel 1991 e da quel momento sono nati i primi collegi. L’ultimo è quello della Campania, attivo dal 2019, mentre rimangono ancora fuori Puglia, Sardegna e Umbria. Il Colnaz, Collegio nazionale, si è invece costituito nel 1994 e oggi il Presidente è il valdostano Giuseppe Cuc.
Entriamo in Lombardia, il cui collegio è presieduto da Gloria Carletti, di Foppolo (è anche Sindaca) neo eletta questa estate. Luigi Tacchini è il coordinatore dei corsi maestri della Regione Lombardia. Una nuova figura introdotta poiché, per la prima volta, si stanno effettuando due corsi in contemporanea.
I ragazzi dei due corsi maestri della Regione Lombardia, quelli tenuti dal coordinatore Luigi Tacchini e da Katia Santus
Quello dello scorso anno, fermato a causa della pandemia, gestito da Katia Santus e quello del 2021. Quindi ci sono state due selezioni in primavera, la prima a Montecampione e tre settimane dopo a Pontedilegno.
Ma facciamo un passo indietro per capire quali sono i rapporti tra il Collegio e la Regione. A livello generale la figura di maestro di sci, assieme a quella di accompagnatore di alta montagna e di guida alpina, è l’unica attività riconosciuta come «professione», con tanto di albo professionale, regolata da una legge quadro nazionale che poi demanda alle singole regioni i regolamenti interni.
Per tutte valgono linee guida da rispettare. Ad esempio, tutti i corsi di formazione devono prevedere 90 giorni.
La Lombardia redige un piano di formazione triennale in cui viene anche calcolato il fabbisogno formativo. Quindi ogni tre anni fa un bando per individuare il centro formativo accreditato che eroghi i servizi formativi del piano.
Altre regioni, invece, delegano direttamente i collegi a questa scelta. In Lombardia, dunque, è la Regione che si occupa direttamente della formazione professionale, tramite i propri centri. Per il corso maestri in pieno svolgimento, a condurre le fila, è il Centro di Formazione Professionale (CFP) Zanardelli di Pontedilegno.
Il Centro di Formazione professionale Zanardelli di Pontedilegno
In realtà tale struttura si aggiudica quasi sempre questa «partita» grazie alla sua ubicazione montana e alla struttura alberghiera di cui dispone, molto ben attrezzata e sfruttata da corsi di altre categorie.
Per riassumere, la Regione Lombardia demanda la gestione del corso formativo al CFP, dopo aver stabilito il programma specifico e le modalità di svolgimento in collaborazione con il Collegio Regionale dei Maestri di sci.
Il CFP quindi identifica un coordinatore dei corsi. Non sono tante le regioni che adottano questo sistema. In Piemonte, ad esempio, c’è Formont, «Professione Montagna», un ente che si occupa di tutte le formazioni specifiche della montagna. In altri casi è l’Assessore allo sport della regione che si interfaccia col presidente del Collegio evitando la figura terza del centro formativo.
Il CFP Zanardelli è molto comodo per il corso formativo con le piste di Temù, Ponte e il Tonale fuori dalla porta. Gli aspiranti maestri soggiornano nel convitto della struttura, anche se alcuni scelgono di affittare degli appartamenti.
I ragazzi devono però firmare quotidianamente un registro di presenza alla frequenza del corso. Nel corso formazione di altre regioni, invece, c’è l’obbligo di soggiornare nella struttura prescelta, altrimenti sarebbe piuttosto complicato per un coordinatore tenere da solo il controllo della situazione giornaliera.
I professori dei corsi sono gli Istruttori Nazionali che appartengono alla Coscuma (Commissione Scuola Maestri), organo della Fisi. Ed è proprio la Federazione che li «forma», concettualmente con un sistema di selezione e corso formativo simile a quello dei maestri.
Con l’entrata in vigore della Legge Quadro sulla professione del maestro di sci, tale gestione è passata alle regioni. Quindi l’Ente formatore chiede le disponibilità agli istruttori. A loro volta, gli istruttori danno le disponibilità, in fine l’Ente e il coordinatore identificano i docenti per i moduli dei corsi.
La parte tecnica del corso prevede obbligatoriamente che sia un istruttore nazionale a seguirla, mentre per la parte teorica il coordinatore può richiedere la presenza di professionisti con facoltà specifiche, avvocati, medici, psicologi, esperti della comunicazione…
L’Istruttore dà la sua disponibilità e chi gestisce il corso fa le convocazioni, tendenzialmente con un criterio di turnazione. In Lombardia è stato codificato un sistema (percentuale) per cui più disponibilità dai, più moduli segui, ma si cerca comunque di far «girare» tutti coloro che sono disponibili a seguire i moduli.
Katia Santus e i “suoi” ragazzi
Anche perché questo è il principale lavoro dell’Istruttore nazionale che per i corsi percepisce una diaria giornaliera. Di fatto esiste un lavoro di gruppo che coinvolge il coordinatore del corso, la segreteria del centro di formazione e il responsabile lombardo degli Istruttori.
Può accadere che un «professore» venga scelto anche per un solo modulo (generalmente sono 20 da 5 giorni ciascuno) per argomenti specifici, come ad esempio il freeride, poiché non tutti hanno competenze così specifiche per determinate «materie».
Poi ci sono regioni, come quelle del centro sud, che hanno pochi Istruttori in zona. In questo caso il coordinatore ha una certa discrezionalità sulla scelta del corpo docente, poiché deve «attingere» a professionisti di altre regioni.
Torniamo sulla neve.
Come è ben noto per poter partecipare al corso maestri è necessario superare una selezione. Uno sciatore lombardo, che ha questo obiettivo, non è obbligato a presentarsi alla selezione della sua regione. Spesso capita che, fallito il primo tentativo sulle piste di casa, ci provi in altre regioni, per il fatto che la «concorrenza» è meno numerosa e il livello tecnico dei candidati è differente.
In realtà il «sei» ha lo stesso valore in ogni dove, dunque il candidato deve saper esprimere una sciata sufficiente che si trovi in Lombardia o in Sicilia.
Un ragazzo che conquista il distintivo in una regione diversa da quella di residenza può in seguito chiedere il trasferimento nel Collegio del proprio territorio. Così un lombardo che è diventato maestro, ad esempio, in Sicilia, può iscriversi al collegio della Lombardia.
Ad ogni modo, a garanzia della massima efficienza tecnico-didattica dei maestri di sci, è stato introdotto l’Eurotest.
Una volta che si diventa maestri, per poter insegnare, è necessario superare questa prova. Si tratta di una manche di slalom gigante che il maestro deve affrontare, ottenendo un tempo cronometrico sufficiente rispetto a quanto fatto segnare dalla cosiddetta lepre.
Ovvero, due parametratori realizzano un tempo e il maestro, per superare la prova, deve rimanere entro un certo range (o parametro) di scarto stabilito a priori.
Ci sono diversi ragazzi che hanno superato l’esame da maestro, ma che non possono insegnare perché non riescono a passare l’Eurotest. Ogni anno si organizzano tre o quattro Eurotest (si può fare anche durante il corso) e possono essere anche internazionali.
Il principio di questa prova attitudinale nasce per tutelare l’appassionato che decide di affidare la propria crescita tecnica a un maestro di sci. L’Italia ha infatti stabilito che 90 giorni di corso siano indispensabili per poter insegnare. Ci sono però paesi che formano maestri con solo 30 o 40 giorni di corso. La disparità di preparazione non può che essere evidente.
E la prova di gigante ha senso poiché è ritenuto uno strumento oggettivo di valutazione delle capacità dello sciatore. Se prendi dieci secondi anziché tre dai parametratori è chiaro che l’autorevolezza tecnica scade ai minimi termini, anche se magari, dal punto di vista teorico sei un mostro di bravura.
Bisogna considerare anche un altro aspetto: l’Eurotest (e l’Eurosicuritè) che consente ai maestri di insegnare in ogni paese della comunità europea, riguarda solo il massimo grado della figura professionale.
In Italia ce n’è uno solo, dunque il problema non si pone, ma in quasi tutti gli alti paesi esiste il maestro di 1°, 2° o 3° grado. Di questi solo quello di grado massimo può accedere all’Eurotest e abilitato a insegnare sulle nevi italiane.
Ecco, tenere sotto controllo questa situazione è alquanto complicato. Per questo motivo capita di vedere sulle nostre piste allievi stranieri accompagnati da «loro» maestri senza una preparazione adeguata.
Su questo il Colnaz sta portando avanti tante battaglie in Comunità Europea. Esiste un regolamento europeo ed è l’atto delegato, ma nella realtà, non si è arrivati ancora a risolvere la questione con piena soddisfazione.
Roberto Nani sta seguendo l’attuale corso Maestri Lombardia
Andiamo oltre. Ci sono alcuni meriti sportivi che se ottenuti dispensano dal superamento della selezione e addirittura al corso o parte di esso. Per sci alpino, fondo e snowboard, chi entro tre anni dall’iscrizione, ha fatto parte di una squadra nazionale, può accedere direttamente al corso di formazione.
Può saltare i moduli tecnici chi, negli ultimi cinque anni precedenti, ha conquistato il podio in Coppa del Mondo. È possibile presentarsi direttamente all’esame se si ha conquistato una medaglia ai Mondiali (esclusi Junior e Master) o alle Olimpiadi, o che abbiano vinto una Coppa del Mondo di specialità o generale.
Per quanto riguarda, invece, l’Eurotest, possono essere esonerati chi, nei 5 anni precedenti, ha confermato almeno 100 punti Fis in gigante e slalom per gli uomini e 85 punti per le donne.
Ritorniamo al corso. Riassumiamo: bisogna avere compiuto 18 anni, dura 90 giorni, si può fare in qualsiasi regione e prevede un esame sia tecnico che di teoria. Da quest’anno, in regione Lombardia, ma tendenzialmente anche nelle altre, c’è anche l’obbligo di fare 50 ore di tirocinio esterno al corso, di cui il 70% nel periodo natalizio (20 dicembre – 10 gennaio) e all’interno della regione dove ha fatto il corso.
Quindi, se un allievo valdostano sta seguendo il corso in Lombardia, dovrà fare il tirocinio in Lombardia. Ci sono poi ulteriori 20 ore di tirocinio (in affiancamento) interno al corso, ma rientra comunque nei 90 giorni. Il tirocinante ha la facoltà di scegliere la scuola sci dove effettuare il tirocinio.
Nel regolamento regionale lombardo, l’aspirante maestro ha l’obbligo di presenza per almeno l’85% dei 90 giorni di corso, ovvero 13 giorni e mezzo. Le assenze devono essere certificate e motivate e anche la malattia o un infortunio vengono conteggiati.
All’interno di questa norma c’è poi un regolamento stabilito dal coordinatore (quindi da Luigi Tacchini) e dal dirigente del CFP che prevede l’obbligo di presenziare almeno al 50% di ogni modulo (anche se l’assenza rientra nei 13,5 giorni), che, ricordiamo, generalmente dura 5 giorni.
Questo perché esistono moduli che trattano tematiche fondamentali, ma che non vengono più trattate. Ad esempio, quello che abbraccia la didattica del bambino.
Alla fine del corso c’è l’esame tecnico e quello di teoria. Ovviamente bisogna superarli entrambi. Se si è bocciati a uno dei due, è possibile ridarlo, ma dopo un anno.
La selezione
Prevede l’esecuzione dei tre archi di curva del livello 7: corto raggio, serpentina e parallelo. Prima però bisogna superare la prova del gigante, fondamentalmente uguale all’Eurotest. Il programma varia da regione in regione. In alcune funziona così: primo giorno il gigante, secondo giorno il campo libero, terzo giorno i rivedibili, ovvero quelli che sono con uno scarpone dentro e uno fuori e che vale dunque la pena sottoporli ad altre discese in campo libero per la decisione finale. In Lombardia questo non è previsto.
Momenti di attesa prima della selezione
Per la prima prova è tutto semplice: al traguardo c’è un tabellone dei tempi che dà il verdetto. Per gli archi c’è una commissione giudicante composta da tre maestri e tre istruttori che valutano con un voto da 1 a 10. Si scartano il più basso e il più alto e si procede con una media matematica.
Bisogna ovviamente raggiunge la sufficienza e in teoria tutti coloro che la raggiungo passano al corso. In regione Lombardia viene generalmente indicato un numero massimo di partecipati al corso che è di circa 60 ragazzi. Se alla selezione, ad esempio 80 ragazzi, dovessero essere idonei, a 20 di questi si tiene buono il risultato ma si chiederà di ripresentarsi al corso dell’anno successivo.
Che a sua volta, potrà considerare solo 40 posti liberi. Si tratta comunque di una situazione limite, poiché il numero stabilito segue la media storica. Più che altro capita il contrario. Attualmente, al corso che sta seguendo Katia Santus sono solo 47 i ragazzi che hanno superato le selezioni, quelli di Luigi Tacchini 52.
Il compito di chi è chiamato a valutare i candidati non è semplice nella dinamica, come in tutti i casi in cui si considera l’aspetto tecnico, ma anche l‘espressività, l’interpretazione, l’armonia. Le regole esistono, naturalmente. Ad esempio, per la serpentina, l’arco di curva deve essere contenuto in due ipotetiche strisce di gatto battipista.
Karia Santus, responsabile degli istruttori Lombardi e di uno dei Corsi maestri attualmente “in pista”
Chiaramente, non ci sono linee che delimitano tale spazio. Può capitare che l’esecuzione tecnica sia perfetta, ma si sia usciti anche di solo mezzo metro dagli spazi. O al contrario, la linea disegnata è ineccepibile ma l’azione è risultata un po’ forzata.
Dunque, cosa si valorizza di più? Quello che ha disegnato una curva pulita ma è uscito dai margini o quello che ha fatto di tutto per rimanere nella misura a costo di perdere in armonia?
Generalmente, la commissione, i giorni precedenti la selezioni, si riunisce per adottare un criterio di valutazione comune, in modo che prevalgano sull’idea personale. Ovviamente non si sbaglia mai se si sta nelle misure con una sciata più pulita possibile.
C’è anche un altro fatto: i materiali. Spiega Tacchini: «Non ci sono regole, ma si sa benissimo che le cose cambiano se utilizzo un raggio 15 o 18. Alla selezione si ha la possibilità di cambiare sci in base agli archi. Probabilmente sarebbe opportuno che tutti utilizzassero un solo paio e della stessa tipologia. Questo aiuterebbe non poco la commissione a giudicare un’azione che di per sé è condizionata da elementi esterni non uguali per ogni ragazzo, vedi la neve, il terreno, la luce. Tra l’altro tale regola metterebbe in risalto un aspetto tecnico rilevante: sei tu e non lo sci che si adatta all’arco!».
Il Corso (in Lombardia)
Prevede la teoria e la pratica. La teoria conta tre moduli di 5 giorni e uno di 4 per un totale di 19 giorni. Le lezioni hanno la durata di 8 ore al giorno. Alcune materie sono di puro studio mnemonico e richiedono grande concentrazione, perché sono davvero impegnative da capire.
Altre sono più, come dire, passionali e interessanti, perché riescono a coinvolgere anche emotivamente i ragazzi. I primi due moduli pratici sono dedicati alla percezione. Servono agli allievi soprattutto per farli un po’ vacillare, o meglio, fare in modo che si mettano in discussione, distraendoli dalle loro convinzioni.
Quelle che l’allenatore di turno gli ha inculcato (giustamente) nella testa. In questa fase riusciranno a comprendere meglio il movimento del corpo, lavoro che tornerà utilissimo quando avranno a che fare con il principiante.
La teoria non è gestita da docenti non necessariamente Istruttori, ma professionisti competenti nelle varie materie.
Che sono queste:, la percezione motoria, lingua straniera, omologazione regolamenti piste, storia della professione, l’industria turistica montana, gli organismi di rappresentanza, deontologia professionale (regole, norme, enti…), caratteristiche della neve (sicurezza) e mete. Anatomia umana correlata alla pratica sciistica e nozioni di pronto soccorso, psicologia dell’apprendimento. Funzione del gioco nell’apprendimento e aspetti pedagogici dell’insegnamento (singoli, gruppi e disabili), qualità del servizio e soddisfazione del cliente nel mercato turistico invernale (marketing), la comunicazione (cliente), insegnamento ai disabili, topografia e cartografia. Aspetti ambientali e culturali, organizzazione della scuola sci e ruolo del maestro nel sistema turistico, aspetti sociali e relazionali (es. social media).
Gli Istruttori intervengono su argomenti molto tecnici, tipo la biomeccanica, i materiali, la preparazione degli attrezzi. Questi ultimi sono spesso associati ai moduli pratici, al mattino si scia, al pomeriggio la teoria.
La pratica è più corposa: otto moduli, per un totale di circa 40 giornate. Si parte dall’approccio allo sci: sapersi muovere sulla neve, scivolare e frenare, quindi non si parla ancora di curva, ma dei primissimi step del principiante. Poi si approccia ai 7 livelli, codificati come da L1 a L7.
Tra questi i più impegnativi, specie per chi arriva fresco, fresco, dall’agonismo, sono quelli bassi, quindi spazzaneve e virata. Non è che non sanno farli, ma inizialmente li si interpreta in maniera errata.
Un conto è lo spazzaneve del principiante, altra cosa è quello che utilizzano gli atleti per cercare appoggi tipici dell’alto livello. Lo si utilizza per andare a ricercare le primissime giuste sensazioni a livello posturale. Ma non ha nulla a che fare con l’esercizio del neofita.
«Questi ragazzi – racconta Luigi – escono da anni di: “sci di spigolo, di taglio…“, qui invece devono dimenticarsi tutto. Si tratta quasi di una involuzione tecnica. D’altra parte, ben sappiamo che il cliente del maestro di sci non è certo colui che disegna già serpentine a tutto andare! Le statistiche della scuola sci parlano chiaro: il cliente è di primo, secondo e terzo livello.
Dunque, la fatica è quella di «mollarlo» questo spigolo, di far derapare lo sci, per potersi mettere nei panni del principiante. Senza contare che gli allievi del corso si presentano con attrezzi molto performanti, scarponi con flex 140! Guarda caso, man mano che il corso si sviluppa i materiali cambiano! La difficoltà non è di tipo motoria. Se sanno pennellare curve a 70 all’ora, figuriamoci a 20!
È questione di interpretazione, proprio perché quei movimenti li hanno fatti da bambini e a quel livello devono tornare!». Non a caso esiste un modulo a parte, meglio definibile come esperienza, dedicato al bambino.
Molto interessante anche la parentesi di multidisciplinarità dove intervengono due maestri di snowboard e di fondo, ma quello più divertente è probabilmente il modulo di freestyle.
L’esame
In quello di teoria la commissione può fare al candidato qualsiasi domanda inerente al testo tecnico e alle materie che hanno affrontato durante il corso. C’è da precisare che non si tratta di una prova, per così dire, punitiva, ma nemmeno un proforma.
I prof sanno benissimo che i ragazzi sono al termine di un percorso di apprendimento molto intenso, per cui nell’aula d’esame c’è un’atmosfera sicuramente più distesa rispetto a quella di un ateneo. E si tiene conto di come il ragazzo si è comportato durante l’intero percorso durato 90 giorni.
I docenti, infatti, redigono delle schede tecniche per ogni allievo, sistema utile per disegnare un profilo completo del futuro maestro. Anche da lì si capisce quanto il soggetto si sia impegnato. Detto questo ci sono elementi che prevedono uno studio specifico e chi non ha aperto il libro se ne torna a casa con gli sci tra le gambe.
Certo è che per non superare l’esame bisogna proprio non avere mai aperto il libro o non essere stati in grado di crearsi delle competenze.
Abbiamo parlato di Eurotest, ma esiste anche l’Eurosicuritè. Si simula una situazione di criticità provocata da una valanga e l’allievo deve adoperarsi al recupero utilizzando gli strumenti in dotazione, pala, artva e sonda. Anche questo fa parte dell’esame finale. Un ultimo dettaglio non trascurabile: il costo.
Anche in questo caso le spese non sono uguali tra le regioni. Il range varia dai 5.000 ai 6.500 Euro. In alcuni casi è compresa anche la divisa regionale. Bisogna poi calcolare gli skipass, i trasferimenti, l’alloggio, la tassa d’esame per l’Eurotest, l’iscrizione all’Albo professionale, il necessario per vivere.
Difficile tirare una riga per ottenere un totale, anche perché le spese accessorie sono molto variabili. Si può, un po’ ≠a spanne stabilire che, oltre al costo puro del corso, bisogna mettere a preventivo una base di 10mila euro.
Ci sono ragazzi che preferiscono appoggiarsi a uno sci club o affidarsi a un allenatore, per riprendere il piglio agonistico, dovendo superare l’Eurotest. Tendenzialmente stiamo parlando di ragazzi con passato agonistico, ma dopo un anno trascorso per lo più a eseguire esercizi bassi, lo smalto si perde!
Ovviamente non è preso in esame il percorso che alcuni fanno per presentarsi alla selezione (iscrizione di circa 200-300 euro) con la speranza di passarla.
Quando inizia l’attività ci vuole almeno una stagione a pieno regime per rientrare dell’investimento fatto, tendenzialmente almeno 500-600 ore. Di maestri ne conosciamo davvero tanti e tutti concordi nel dire che è il lavoro più bello del mondo! l’iter diventare maestri sci l’iter diventare maestri sci l’iter diventare maestri sci l’iter diventare maestri sci l’iter diventare maestri sci l’iter diventare maestri sci l’iter diventare maestri sci l’iter diventare maestri sci