Notizie

Leo Monthy non è solo un gioco

Leo Monthy è la «belva» più docile del mondo. Invece di ruggire come un vero leone che si rispetti, o di spaventarti mostrando canini spaventosi, rassicura leccandoti le guance. Al limite ti sfiora la punta del naso con un colpo di coda che svolazza per la felicità. Un po’ di solletico, tutto qua. D’altra parte come potrebbe essere triste… Si trova sulla neve, in un contesto per lui inconsueto ma felice, circondato da bambini pazzi di gioia per la settimana bianca o il week end, dove il divertimento prende il sopravvento. L’aspetto più importante e forse anche sorprendente, è che non è un’immagine digitale. Per muoversi non ha bisogno di un dito che sfiora lo schermo di un iPad o di uno Smartphone. Oggetti che hanno, ahìnoi, sostituito macchinine e soldatini nel cassettone dei giochi. Leo Monthy è qualcosa di più di un semplice fumetto, altrimenti avrebbe vita breve, sopraffatto da personaggi commerciali improbabili, frutto della fantasia malata di disegnatori giapponesi, colpiti da evidenti segni di depressione e fanatismo. Leo non sparisce nel nulla per ripresentarsi con un coltello tra i denti pronto a distruggere il nemico. Al contrario, non abbandona mai il piccolo sciatore e lo accompagna in ogni discesa. Le sue armi sparano sorrisi e polverizzano i problemi che si trasformano in scherzetti. E poi balzella di gioia quando termina la discesa perché sa che il suo nuovo piccolo amico è stato bravo. Insomma, Leo Montlhy può essere un grande gioco. Amsi l’ha fatto nascere proprio per questo. Ed è stata un’iniziativa semplice quanto geniale. Perché ha voluto ricordare alcuni aspetti fondamentali, oggi troppo spesso, dimenticati dai grandi, che si rifanno alla psicologia infantile. Giocare è possedere il tempo e inventare lo spazio, vivere il sogno e sentirsi padrone del mondo. Se il sogno è una seconda vita, il gioco infantile è un sogno ad occhi aperti per cominciare a vivere. Il giocare è l’attività più seria dell’infanzia. Un bambino cui è negato il gioco è come una farfalla alla quale sono state strappate le ali. Attraverso il gioco il bambino esprime bisogni e desideri, cresce, afferma la sua esistenza, pone le basi per la strutturazione del mondo interno, costruisce le prime difese contro l’ansia. Che sono piccole, ma tante e spesso non si manifestano agli altri, rimanendo incastrate dentro a una personalità pronta a esplodere. Non sapremo mai con precisione cosa prova il bambino quando scia. Lo possiamo intuire conoscendone il carattere e le sue reazioni. Ma il maestro, per lui perfetto sconosciuto, non sa proprio nulla, di lui, delle sue emozioni. E non può far altro che riferirsi a lui in maniera standard, affidando alla propria sensibilità e senso responsabile la costruzione di un rapporto. Se qualcosa non dovesse andare per il verso giusto c’è Leo Monthy. Che non serve solo al bambino come personaggio di riferimento («se un leone scia posso farlo anch’io»), ma anche al maestro stesso. Tra l’altro Leo Monthy non si è presentato sulla neve soltanto per sciare. Leo Monthy vuole spiegare ai bambini che cos’è la montagna in inverno. Come rispettarla, come viverla e anche sfruttarla al massimo per il proprio divertimento, senza però farle del male. Leo Monthy sa tutto sulla sicurezza e la vuole spiegare subito ai giovani che si avvicinano allo sci, perché domani sapranno come evitare certe maleducazioni e vizi che in pista sono sotto gli occhi di tutti. Ora, Amsi, nell’anno del suo cinquantesimo compleanno, ha creato un personaggio per i bambini. Perché il gioco funzioni, non basta il sorriso dei baby sciatori e la simpatia di Leo Monthy. Serve la collaborazione di tutti gli attori. I genitori e i maestri per primi. Per i genitori, Leo Monthy non deve essere una baby sitter che consente di tirare il fiato e godere di un po’ di libertà. Al contrario implica un impegno maggiore. Libro alla mano, bambino sulle ginocchia e una voce presa in prestito dalla Fata Turchina, per spiegare la montagna, la neve, lo sci, il grande gioco bianco, secondo i giochi di Leo. 


Per i maestri Leo Monthy non è un’azione di marketing, o meglio, un fumetto, ideato per colpire la fantasia dei piccoli, incentivati a tirare la giacca di papà ossessionati da un: «Papi, domani andiamo a sciare con Leo?». Al contrario è uno strumento di lavoro nemmeno così semplice da utilizzare. Perché rischia di essere sottovalutato, se si ritiene che al bambino si possa raccontare qualsiasi cosa, forti dell’autorità dell’adulto. Oggi i giovani sono molto, ma molto meno ingenui di ieri (ma probabilmente più confusi) e possono mostrare un carattere freddo e menefreghista («ma che diavolo mi racconta sto maestro…»). I maestri devono indossare i panni di Leo, parlare la sua lingua, dimostrare la sua vitalità e la sua saggezza.

Leo Monthy ora è qui con noi ed è sicuramente il benvenuto. Cerchiamo di non farlo entrare nella lunga lista degli animali in via di estinzione! (Marco Di Marco)

 

 

Tags

About the author

Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

Add Comment

Click here to post a comment