Le ragioni della mente, ovvero? Capita ancora di sentir dire in giro, anche tra chi (come gli allenatori) dovrebbe avere un’opinione esattamente opposta, che l’uso della psicologia non serve più di tanto. Che, anzi, può complicare le cose o che rischia addirittura di indebolire anziché rinforzare l’equilibrio e le motivazioni dell’atleta.
Ecco alcune risposte a domande e luoghi comuni ricorrenti sulla Psicologia dello Sport
Quanto contano le abilità mentali? L’atleta è la sintesi di preparazione fisica, tattico-tecnica e mentale. Esistono numerosi studi che dimostrano una correlazione positiva tra abilità mentali e livello di prestazione. Anche nello sci siamo tutti consapevoli dell’importanza di una «buona testa» per diventare un «buon atleta».
Quante volte tra allenatori ci diciamo «… è uno sciatore con piedi buoni, ma ha una testa…!», questo per descrivere un atleta con una notevole sensibilità di piedi, magari scorrevole, forse anche forte fisicamente, ma con scarsa capacità di gestire mentalmente queste doti.
Probabilmente, questo tipo di atleta, pur essendo dotato di una buona intelligenza, non riesce ad assumere il controllo delle proprie risorse mentali e psicologiche applicate allo sport, soprattutto in gara.
Quindi, saranno principalmente le situazioni e le pressioni contingenti ad assumere controllo delle capacità mentali dell’atleta. Infatti, tutti noi, siamo consapevoli che la mente può essere un acceleratore o un freno!
Perché atleti ed allenatori investono poco tempo nell’allenamento delle abilità mentali, quando sono ben consapevoli dell’importanza della mente per il successo competitivo? Per spiegare tale fenomeno riporto alcuni stereotipi e pregiudizi più frequenti nel nostro ambiente sportivo. «La Psicologia dello Sport cura solo gli atleti che hanno dei problemi».
Sbagliato! La cura degli atleti, ed in generale delle persone, con disturbi psichici spetta alla medicina e alla psicologia clinica. La Psicologia dello Sport è orientata alla crescita dell’individuo «sano» cercando di ottimizzare le sue risorse emotive e cognitive allo scopo di migliorare le prestazione agonistica e la qualità dell’esperienza sportiva.
«Le abilità mentali sono innate e immodificabili». Questa convinzione è messa in discussione da numerose ricerche sul campo. È innegabile che alcuni individui nascano più dotati di altri, come nelle abilità fisiche o tecniche.
Ma, è da tempo dimostrato che anche le abilità mentali possano essere apprese, allenate e migliorate. Come è ovvio, per tutte le abilità, per essere migliorate richiedono impegno, tempo, volontà, costanza e sacrificio.
Ricordiamoci che l’atleta perseverante spesso supera l’atleta-fenomeno! «L’allenamento mentale è riservato agli atleti di alto livello…» (Per l’ambiente dello sci aggiungerei anche: «…e di altri sport». Infatti nel nostro sport anche ad alto livello sono pochi gli atleti seguiti da uno psicologo sportivo!). Il training mentale non è prerogativa dei soli atleti d’elite, ma può essere effettuato a tutti i livelli tecnici, comprese le categorie in fascia evolutiva e soggetti «diversamente abili». «Mancanza di tempo».
Questo è in contraddizione con la convinzione dell’importanza del fattore mentale rispetto ai fattori fisico e tecnico-tattico. Non cerchiamo di barare, il tempo volendo si trova!
Cosa dicono gli esperti? Al Centro Studi e Formazione in Psicologia dello Sport di Milano sono convinti che la principale causa potrebbe essere una carenza di conoscenze specifiche. Infatti, molti tecnici ed allenatori, non hanno avuto esperienza diretta delle modalità di insegnamento e pratica dell’allenamento mentale.
Questo causato anche dai corsi di formazione che lasciano poco spazio allo studio di tematiche, tecniche e strumenti della psicologia applicata allo sport. Cosa ne penso io? Personalmente condivido la risposta degli esperti, come allenatrice di sci alpino, credo che i tempi siano maturi anche per il nostro sport.
Nonostante gli odierni «tempi duri» per le società sportive, comitati e squadre, credo che tutti noi, allenatori, genitori e dirigenti sportivi d’oggi, siamo culturalmente sensibilizzati alle tematiche in questione, lasciandole ad uno stadio puramente teorico e forse, non confidiamo nelle loro potenzialità per una crescita reale del livello competitivo dello sci.
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