Intricato e faticoso il cammino che, all’inizio del secolo, ha preparato e preceduto l’esordio ufficiale delle Olimpiadi Invernali nel 1924. La decisione di organizzare per gli sport invernali Giochi autonomi e sganciati dalle edizioni estive è stata molto laboriosa ma ai rifondatori del movimento olimpico non era certo sfuggita fin da subito l’esigenza di nobilitare anche le specialità dell’inverno, prima fra tutte il pattinaggio, che ha fatto da «pesce pilota» nell’olimpismo. Basti dire che fin dal 1900, nell’ambito della maratona di gare allestita in occasione dell’esposizione Universale di Parigi, il barone Pierre De Coubertin aveva già inserito nel programma alcune prove di pattinaggio su ghiaccio, definito sport olimpico fin dalla «costituente olimpica» della Sorbona del 1894. Ma il drastico taglio alle spese causato dal mancato sostegno finanziario del governo francese indusse gli organizzatori a tagliare, tra le altre cose, l’esibizione dei pattinatori. Eppure, due edizioni dei Giochi estivi, prima di quella istituzionale che aprì la serie invernale nel 1924, hanno ospitato prove del programma delle cosiddette «Olimpiadi della neve»: Londra nel 1908 e Anversa nel 1920. Nell’ottobre del 1908, nel quadro delle gare olimpiche, 22 pattinatori (di cui cinque donne) si ritrovano sulla pista del Prince’s Skating Club Ring per dar vita alla prima gara olimpica di uno sport tipicamente invernale sotto l’egida della ISU (International Skating Union) fondata a Scheveningen, in Olanda, nel 1892. In effetti il pattinaggio (sia artistico che di velocità) era già disciplina molto popolare nelle nazioni del nord Europa. I primi Mondiali si erano disputati nel 1891. E a Londra si scontrano due mitiche figure degli esordi di questo sport, i Coppi e Bartali del ghiaccio, lo svedese Ulrich Salchow e il russo Nikolay Panin. Nella primavera del 1908, Salchow, imbattuto da sei anni, era stato sconfitto da Panin: quella di Londra era dunque una rivincita molto attesa nell’ambiente. Salchow prevalse negli esercizi obbligatori ma il trentaseienne Panin fu straordinario nella prova di figure speciali e conquistò quello che sarebbe rimasto l’unico oro olimpico della Russia zarista dei Romanov. Nel 1911, durante la riunione del Comitato Internazionale Olimpico che si svolgeva a Budapest, si trattava di definire il programma dei Giochi che si sarebbero svolti l’anno successivo a Stoccolma. Fu il delegato italiano conte Eugenio Brunetta d’Usseaux a proporre esplicitamente l’introduzione di un programma di sport invernali. L’opposizione dei Paesi nordici, guidata dal generale norvegese Viktor Balck che aveva creato i Giochi Nordici, fu intransigente. Quadriennali, i Giochi Nordici erano in programma nel 1913 e Balck non voleva assolutamente che l’Olimpiade potesse oscurare il prestigio della sua creatura. Brunetta d’Usseaux insiste, proponendo che il 1912 sia dichiarato l’anno dei Giochi olimpici estivi ed invernali e che i Giochi Nordici anticipino lo svolgimento di un anno.
Ma il «no» dei Paesi del Nord Europa è netto e senza appello. I Giochi Nordici continueranno a vivere fino al 1926 e rappresenteranno un ostacolo per la stessa nascita dell’Olimpiade invernale. Nel 1920, ad Anversa, nella prima Olimpiade del dopoguerra, lo spazio delle prove invernali era stato addirittura allargato con 26 pattinatori impegnati in tre prove e 59 giocatori di hockey divisi in sette squadre. Il torneo di «disco su ghiaccio» è dominato dai canadesi, rappresentati dalla squadra dei «Falcons» di Winnipeg. Nelle prove di pattinaggio vittoria della svedese Magda Julin e della coppia composta dalla tedesca Ludvika Eilers e dallo svedese Walter Jakobsson. Gli sport del ghiaccio, comunque, riuscirono a spingere l’idea di una Olimpiade tutta dedicata agli sport invernali. Questa sarà varata ufficialmente, con il «no» nordico, durante il congresso del CIO di Losanna del 1921. La Francia, designata nella stessa riunione a organizzare le Olimpiadi estive per il 1924 a Parigi, accettò l’invito di preparare anche i «Giochi Olimpici Invernali» (questa la dizione esatta scelta dal CIO) e ne fissò la disputa a Chamonix nel periodo dal 25 gennaio al 4 febbraio 1924. Durante gli 11 giorni di gare sotto il patronato del CIO la parola Olimpiade non viene mai pronunciata ma il riconoscimento, come prima edizione dei Giochi olimpici invernali, arriverà a posteriori, nel maggio del 1925 al congresso di Praga grazie al sì degli scandinavi, forti nella prima edizione di 28 medaglie (inclusa la Finlandia) sulle 43 assegnate. Il ruolo dei Paesi non nordici a Chamonix è trascurabile: un abisso di esperienza, di cultura tecnica e di materiali divide ancora i vikinghi dal resto del mondo. Dei 16 Paesi presenti (sfila anche un estone senza però gareggiare) dieci vanno a medaglia. L’Italia è presente con 23 atleti, dieci solo nel bob.
PROTAGONISTI: THORLEIF HAUG
Tra i norvegesi che dominano a Chamonix uno diventa l’eroe della spedizione che i vikinghi hanno accettato di allestire tra molte riserve: si chiama Thorleif Haug, è nato il 28 settembre 1894 a Arkvisla, un paesino vicino a Drammen, 80 km da Oslo. Si è fatto conoscere nel 1918 quando ha vinto i campionati norvegesi e la 50 km di Holmenkollen, impresa da sola sufficiente per diventare un idolo. Un ulteriore impulso alla sua reputazione è stato determinato nel classico concorso di Oslo da cinque trionfi consecutivi sui 18 km. Thorleif Haug è la celebrità di Arkvisla e il sindaco gli organizza una festa di buon augurio prima che si metta in viaggio per Chamonix. «E per piacere – conclude sorridendo – quando tornerai a casa con le medaglie non aumentare i prezzi». È un’allusione spiritosa a un’altra specialità in cui Thorleif Haug eccelle: è il miglior idraulico del suo paese. Non è alto, tende a perdere i capelli, non sembra un guerriero. Invece è fatto di ferro. Prima che cada la neve corre per chilometri. Appena nevica parte per lunghissime distanze, passa la notte dove capita e, come c’è un filo di luce, riparte. Tecnicamente gli allenatori dicono che è un talento naturale. Chi può fermarlo a Chamonix? Nessuno. Vince la medaglia d’oro della combinata, poi quella della 18 km, poi quella della 50 km. È il primo uomo-leggenda nella storia delle Olimpiadi invernali. Agguanta anche il bronzo nel salto speciale dietro ad altri due norvegesi, Thams e Bonna. Un trionfo. Pare incredibile ciò che sarebbe successo dieci anni dopo. Il 12 dicembre 1934 Haug muore a soli 40 anni per un attacco di polmonite. A Drammen innalzano in suo onore un monumento. È incredibile anche ciò che gli succede da morto, addirittura 50 anni dopo. Toralf Stromstad, compagno di squadra di Haug a Chamonix e medaglia d’argento della combinata, durante una serata del 1974 chiude la televisione imprecando contro i programmi noiosi e chissà come mai sfoglia le classifiche di Chamonix: leggendo i punteggi del salto speciale si accorge che qualcosa non va. Rivede i calcoli e si rende conto che il quarto classificato, l’americano Anders Haugen, è stato derubato dai giudici perché il suo punteggio è migliore di quello attribuito a Thorleif Haug. Manda le carte alla Federazione Internazionale. Non ci sono dubbi. I giudici si sono sbagliati, bisogna cambiare la classifica. I norvegesi si sentono in colpa e decidono di organizzare ad Oslo una cerimonia riparatrice. Si alza la bandiera e la medaglia di bronzo viene sfilata, post mortem, dal collo di Thorleif Haug per essere consegnata, 50 anni dopo, ad Anders Haugen, che intanto aveva superto gli ottant’anni. La leggenda dell’idraulico Thorleif Haug non perde un grammo di splendore e Anders Haugen resterà per sempre il più vecchio sciatore decorato di tutta la storia delle Olimpiadi.
IL MEDAGLIERE
Nazione Oro Argento Bronzo Tot.
Norvegia 4 7 6 17
Finlandia 4 3 3 10
Stati Uniti 1 2 1 4
Austria 2 1 – 3
G. Bretagna – 1 2 3
Svizzera 1 – 1 2
Canada 1 – – 1
Svezia 1 – – 1
Belgio – – 1 1
Francia – – 1 1
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