La Corte d’Appello di Milano ha accolto la sospensiva richiesta dalla Fisi
Prosegue il burrascoso contenzioso tra Fisi e Kappa sulla nota vicenda riguardante la fornitura delle divise che dalla scorsa stagione sono firmate Armani.
Questa volta è la Fisi a segnare un punto a suo favore, in quanto la Corte d’Appello di Milano ha emesso oggi un’ordinanza accogliendo la richiesta di sospensione del giudizio dopo la sentenza di primo grado del 22 febbraio scorso.
Cosa significa? Che gli atleti potranno indossare le divise Armani almeno fino al secondo grado di giudizio. Difficile stabilire quando avverrà il prossimo atto, ma si può presumere che per almeno due o addirittura tre stagioni la situazione non cambierà. La decisione della Corte d’Appello di Milano, dunque ha innescato più di un dubbio riguardo alla sentenza emanata dal Tribunale di Milano 5 mesi fa, nella persona del Giudice Federico Salmeri.
Va precisato che L’ordinanza odierna, che incrina la bontà della sentenza di primo grado, si riferisce solo a una parte della sentenza e riguarda ciò che aveva chiesto la Fisi, ovvero sospendere l’inibizione a proseguire il rapporto con Armani. Secondo i legali della Fisi, infatti non poteva sussistere il danno grave e irreparabile, dal momento che il giudice non aveva quantificato l’entità economica del danno, condizione necessaria perché la sentenza potesse essere legittima.
Al contrario, la stessa sentenza avrebbe provocato un danno grave e irreparabile alla Fisi dal momento che la Federazione non avrebbe avuto la possibilità di vestire gli atleti. Perché non tornare con Kappa? Per farla semplice, il Tribunale non può obbligare in questo caso la Fisi ad affidarsi a un’azienda con la quale non vuole più avere rapporti.
Comunque, la questione rimarrà aperta perché tale ordinanza si è espressa solo su un punto e non dà ragione in tutto e per tutto alla Federazione. Gli aspetti che si intrecciano nel contenzioso, come la violazione dell’obbligo di prelazione, non sono pochi. Non ci resta che attendere la prossima puntata! Corte d’Appello di Milano
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