Pubblichiamo il pensiero di uno scrittore che ha il cuore di un allenatore. Sono quasi trent’anni che noi allenatori, io almeno, andiamo in pista per, sostanzialmente, un’unica e sola ragione: che non è economica. A conti fatti, gli allenatori ci hanno sempre rimesso.
E nemmeno puramente «agonistica», dato che la stragrande maggioranza di noi, e io per primo, ha visto indossare la tuta della Nazionale dai propri atleti solo quando è stata comperata dai genitori degli stessi e non per meriti di classifica.
E nemmeno semplicemente per «passione», perché, dopo tre decenni, anche questa non è più quella di una volta. Ma per quell’unica, sola, sacrosanta ragione di combattere la più celebre delle tesi del polacco Zygmunt Bauman.
Si va in pista, insomma, per far capire ai nostri ragazzi che nel mondo, quello della neve almeno, qualcosa di «solido» c’è. Ovvero che non è tutto «liquido», come diceva lui, Bauman, il sociologo-filosofo per il quale nella società odierna tutto si è fatto evanescente, fluido, liquefatto. Tanto ché non vi sono più punti di riferimento, cui l’uomo contemporaneo possa aggrapparsi per dare un senso e un valore alla propria vita.
Ed elencava tutta una serie di fenomeni a dimostrazione della sua tesi, che noi, in pista, ogni giorno, con regolarità e caparbietà, sfatiamo. Bauman diceva: i Capi di Stato non hanno più potere…
Noi diciamo: gli allenatori, in pista, hanno un potere assoluto. Sono dei tiranni (buoni) a cui nessuno può obiettare alcunché.
E ancora Bauman sosteneva: i partiti politici hanno perso la loro identità, non avendo più ideologie di riferimento…
Gli sci club, diciamo noi, hanno storie importanti che li caratterizzano da sempre e nel contesto dei nostri paesi di montagna sono riconosciuti come vere e proprie istituzioni da considerare e rispettare.
Bauman diceva: le persone non hanno più rispetto per niente e nessuno, nemmeno per la legge… I ragazzi che arrivano in ritardo al pulmino o che hanno dimenticato a casa lo skipass, quel giorno, semplicemente non sciano.
Bauman sosteneva: questa è una società dove, mancando i punti di riferimento, tutto è opinabile, arbitrabile, discutibile… Da noi c’è una sveglia che suona prima dell’alba, quando fuori è ancora buio pesto.
Uno zaino da preparare la sera innanzi come si faceva sotto quella naja che non c’è più. C’è una porta rossa e una porta blu da infilare il più velocemente possibile.
Bauman scriveva: nessuno sa più cosa vuole fare del proprio futuro, cosa pensare del proprio presente e se ha un’opinione, è solo di generica indignazione verso qualsiasi cosa…
Noi diciamo: ogni ragazzo dello sci club vuole vincere la gara che si disputerà domenica prossima, esattamente come vuole il suo allenatore. Allora Bauman aggiungeva: l’unico senso della vita per l’uomo della società liquida è trovare una qualche ragione per esibirsi che è un modo di galleggiare, cioè di esistere…
Nello sci, o si è capaci o non si è capaci a far tagliare lo spigolo nella neve, chi finge, si disfa da solo prima della neve di stagione.
Bauman scriveva: «il cambiamento è l’unica cosa permanente»; per noi, l’unica cosa davvero permanente da Mathias Zdarsky, che fece la prima curva con i talloni bloccati, a Federica Brignone, che quest’anno ha incantato tutti con le sue curve, è la pressione sullo sci esterno.
E ancora, Bauman diceva: «l’incertezza è l’unica certezza». Noi diciamo: sciare è la nostra certezza e i ragazzi che crescono nel segno dello sci, qualcosa di solido se lo mettono in testa e questo servirà alla loro vita.
Ecco, in definitiva, la ragione per cui gli allenatori vanno in pista. Per non cedere alla logica di questa società liquida che non ci piace e che non ci porterà da nessuna parte.