Via tutti, presidenza, allenatori e atleti sopra i trent’anni. Anche quelli che da troppo tempo fingono di essere ancora in erba e che non riescono a emergere. Via anche i Corpi militari, o meglio il sistema senza il quale in squadra non ci entri. Da sostituire anche l’apparato tecnico-organizzativo del settore giovanile perché non è in grado di costruire basi solide per gli atleti di domani. Si ricomincia da zero, dai ragazzini del Pinocchio e andiamo a riprendere tutti quei tecnici che hanno preferito varcare i confini italiani per cercare gloria all’estero. O quelli che sono stati cacciati. Questo è quanto emerge dal linciaggio mediatico andato «in onda» su carta e sul web a Mondiali di St. Moritz appena conclusi. Siamo la seconda nazione in Coppa del Mondo pertanto dovevamo tornare dall’Engadina con le valigie più pesanti, invece l’ago della bilancia si è spostato solo di qualche grammo, tanto vale la medaglia di bronzo di Sofia Goggia conquistata in slalom gigante. Sono tutti delusi, incavolati, inviperiti. Tutti chi? Quelli che fino a due settimane fa si sono adoperati per scrivere lettere di ammirazione per le nostre gigantiste e velociste, per i nostri discesisti e slalomisti. Fino al 6 febbraio il sistema Italia piaceva un sacco, ora è odiato. Ma ce n’è ancora: tra i commenti spuntano anche i «No, io l’avevo detto anche prima: è vero abbiamo conquistato tanti podi (mai così tanti da vent’anni) ma solo perché gli altri si stavano preparando per i Mondiali». Dobbiamo salvare solo gli psicologi perché a St. Moritz non c’erano non essendo stati convocati. Quelli che vincono hanno i team privati, noi siamo vecchi e continuiamo con la favola della squadra. Goggia e Brignone si odiano, bisogna separarle. Thaler stava male e doveva starsene a casa con i suoi tre figli e al suo posto doveva correre Tommaso Sala. Roberto Nani che si arrabbia per la non convocazione dovrebbe andare sulla forca. Il Team Event, che piaccia o no, prevede medaglie, per cui al posto di Razzoli e Tonetti dovevano correre Gross e Mölgg. Solo la disorganizzazione non ha permesso al giovane Buzzi di partecipare alla discesa. Possibile che una nazione come l’Italia porti solo tre atleti nella libera mondiale? Invece le slalomiste potevano anche starsene a casa anche se dietro di loro c’è il deserto. C’è anche chi affonda di più il coltello analizzando ciò che accade fuori dallo sci alpino: ora ci sono i Mondiali di Fondo e anche lì sarà un disastro poiché abbiamo solo un atleta, Federico Pellegrino. La squadra di Biathlon (un bronzo mondiale) non è più quella dello scorso anno. Anche nello snowboard le gioie si contano su una mano. Nel salto e nella combinata nordica le fiamme di inizio stagione si sono spente, così come quelle del freestyle. Siamo invece fortissimi nello slittino su pista naturale. Lo siamo anche nello sci alpinismo ma chi lo considera? Insomma, questo è quello che pensa la maggior parte dei tifosi. Un quadro davvero desolante. L’ex D.T. Claudio Ravetto, sulle pagine di Race, ha suggerito una soluzione. Prendere al più presto il posto di Roda e iniziare da zero, mandando via, in primis, chi ha remato perché fosse allontanato dai quadri tecnici. Se domani mattina ci fossero le elezioni presidenziali e il voto fosse realmente nelle mani degli sci club, sull’onda della protesta probabilmente vincerebbe a mani basse. Abbiamo però un ragionevole dubbio: siamo certi che tutta questa ineccepibile incazzatura rimarrebbe tale se alla ripresa della Coppa dovessimo continuare a salire sul podio? La protesta deriva davvero dal disgusto per le capacità di Roda presidente-allenatore o si è solo stufi per eccesso di passione? Si tratta di frustrazione, quella che ti invita a mandare tutto a quel paese, o si è davvero convinti che alle Olimpiadi del 2018 sarà un’altra disfatta? Il dubbio, dicevamo, ci sembra ragionevole perché nel Bel Paese siamo artisti nella politica del disfare, un po’ meno in quella del fare. Ecco che i Mondiali di sci diventano la squadra di calcio del cuore che fa fuori l’allenatore se perde tre partite di seguito o esonera il Cittì della Nazionale se le prendiamo dal Camerun. Pur con le dovute differenze, il lamento ci sembra uguale a quello che utilizziamo per inveire contro un Governo che ci porta sempre più giù o contro una moneta che sta distruggendo l’Europa o contro Trump, dittatore d’America. Lo sci come un’azienda, se va in rosso, l’Amministratore Delegato va licenziato.
No, io esco dal coro della protesta popolare. Non riesco a vedere tutto così dannatamente tragico. Credo che per capire alcune scelte bisognerebbe averle vissute in prima persona. Essere là dentro insomma, perché non sempre quello che vedono i nostri occhi è l’esatto specchio della realtà. Certo, siamo tutti delusi e rammaricati per alcune medaglie mancate. Però solo Roda (amato dal 99% degli atleti), Rinaldi e Carca hanno il diritto di decidere se è il caso di andarsene. E lo faranno qualora giungessero alla conclusione non di avere sbagliato ma di aver tradito se stessi e di conseguenza noi. Ben vengano poi nuovi candidati alla poltrona, se per il bene dello sci italiano si portano nuove idee, progetti esclusivi e ricette magiche. Claudio Ravetto è un grande. E’ onesto e pure estremamente simpatico. Ha tirato fuori dall’anonimato diversi atleti e ha sempre fatto valere la sua personalità, nel bene e nel male, senza mai sottrarsi alle responsabilità. E’ un allenatore, come Flavio Roda.
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