Si sono tenute a Frabosa Soprana e Sottana in Piemonte, le celebrazioni della Giornata Internazionale della Montagna, sotto l’alto patrocinio del Ministero degli Affari regionali.
Tra i relatori invitati dal Ministro Roberto Calderoli, firmatario della Legge della Montagna, non poteva mancare il presidente del Collegio Nazionale maestri di sci, Luigi Borgo, che ha preso la parola nel panel dedicato alle professioni della montagna. Il suo intervento è stato particolarmente apprezzato per l’incisività e la lucidità con cui ha dato un chiaro indirizzo di lavoro al Governo.
Di seguito una sintesi di quanto egli ha detto:
Il mercato delle lezioni di sci oggi vive un buon momento di prosperità. Le richieste sono molte, addirittura di anno in anno crescenti. Ciò è dovuto all’ampliamento del mercato invernale. Se alla fine del secolo scorso si trattava di un mercato prevalentemente nazionale, oggi è decisamente continentale con avvisaglie di diventare nel prossimo futuro un mercato di dimensione mondiale.
Il lavoro per i maestri dunque c’è. Così come ci sono i maestri, che sono 16.583, circa un maestro ogni 600 sciatori dell’attuale mercato europeo dello sci, una giusta misura tra i pochi medici e dentisti (c’è un medico ogni 1200 italiani, un dentista ogni 1000) e i molti ingegneri e avvocati (c’è un ingegnere ogni 250 italiani, un avvocato ogni 200) attivi nel nostro Paese.
Tuttavia di questo numero congruo di maestri, solo la metà svolge la professione. La proporzione reale allora tra numero di maestri e sciatori diventa pari a quella tra i medici e i cittadini, uno ogni 1200. Evidentemente troppo pochi per soddisfare le richieste del turismo invernale.
Ma se i medici non ci sono, e quindi si dovrà ragionare sulla causa di tale mancanza, i maestri ci sono e quindi si dovrà ragionare sui motivi del loro abbandono della professione. Che si verifica tanto tra i giovani, che dopo due e tre anni di esercizio, smettono per dedicarsi ad altro, quanto tra i maestri più maturi che abbandonano lo sci a favore di lavori più stabili perché non stagionali.
La ragione di questo alto e persistente abbandono della professione origina sostanzialmente dal cambiamento climatico che ha di fatto concentrato l’attività sciistica a circa 3 mesi e mezzo, azzerando l’insegnamento estivo. Oggi superare le 500 ore di insegnamento, che sono l’indicatore per un reddito minimo accettabile, è molto difficile e in alcune località, dove un tempo le si facevano, è diventato addirittura impossibile. Di conseguenza il lavoro di maestro di sci non è più un lavoro che può considerarsi un’attività primaria, sebbene il numero di lezioni sia crescente nel florido ma iper concentrato turismo invernale.
Ne viene una specie di corto circuito: da un lato l’aumento della domanda e un buon numero di maestri abilitati in grado di soddisfarla, dall’altro maestri che non possono permettersi di fare i maestri per la scarsa redditività garantita, data la brevità della stagione.
È questo il punto a cui siamo chiamati a dare risposta per il bene del turismo invernale che ci coinvolge tutti.
Quel turismo invernale – è questo invece il cardine su cui si snoda il mio ragionamento – che è nato dai maestri di sci. Dobbiamo tutti essere ben consapevoli che è dai maestri e soltanto da essi che ha avuto origine la vacanza sulla neve. Erano gli anni Venti del secolo scorso quando i primi giovani sciatori si sfidavano in gare richiamando altri giovani a imparare il nuovo sport della neve.
Chi vinceva le gare era il campione che diventava il loro maestro.
Perché la parola “campione” significa modello tecnico di riferimento proprio in virtù del suo essere risultato il migliore tra gli sfidanti, proprio come il capo-campione è quello da cui si declina la produzione in serie nell’industria. Questi campioni-maestri spesso ospitavano i loro allievi, offrendogli la propria camera.
Ebbe così iniziò l’attività degli affitta camere. Che divenne presto vera e propria ospitalità, prima nelle pensioni e poi negli alberghi. In quel tempo anche qualcuno, vedendo quei giovani salire a piedi le piste con i loro maestri e affaticarsi in ciò, pensò di offrirgli il servizio di risalita.
Sorsero i primi impianti. In meno di mezzo secolo dalle slittovie si arrivò alle funivie, alle seggiovie superveloci con i sedili riscaldati. E nello stesso arco di tempo si è passati dalle piste battute a piedi ai comprensori di centinaia di chilometri di piste tutte attrezzate con impianti di innevamento artificiale.
La montagna oggi offre i migliori servizi per il turista più esigente. Ma la montagna è anche comunità composta da attività commerciali e artigianali collegate al turismo della neve.
Quel turismo delle neve, signor Ministro, che, mi permetta di ribadirlo, è iniziato dai maestri di sci. Qui non c’è da chiedersi se sia nato prima l’uovo o la gallina.
Qui è certo che il turismo della neve fonda il suo unico principio in quella passione per la neve che è stata trasmessa a milioni di nostri connazionali e oggi a milioni di cittadini europei solo e soltanto da chi la viveva ed era in grado di farne cultura: i maestri di sci.
Dunque, signor Ministro, di questa industria straordinaria che è il turismo invernale, il cui giro d’affari complessivo è stimato in circa 24 miliardi di euro e che è ragione prima per il popolamento delle terre alte, i maestri di sci sono gli iniziatori. I fondatori. La lettera alfa di questo alfabeto. Il motore primo di questa straordinaria macchina.
Se senza i maestri non ci sarebbe stato il turismo invernale, è evidente che i maestri sono fondamentali per tutto il sistema montagna, anche di quella estiva, che senza l’inverno non potrebbe sussistere. È quindi interesse di tutti dare nuova forza alla professione dei maestri di sci.
Ma non è un compito particolarmente difficile, questo. Basta dar loro un incentivo alleggerendo gli oneri fiscali, come si è fatto per altri ambiti e per altri insegnanti sportivi. In questo modo anche chi oggi non professa potrebbe trovare ragione di tornare in pista, magari solo per qualche centinaia di ore ma offrendo così un supporto essenziale ai colleghi delle scuola e un servizio imprescindibile all’economia della montagna: albergatori e impiantisti, commercianti e tutti quelli che vi hanno attività.
Avrei potuto, signor Ministro, riportarLe studi economici che dimostrano che un solo euro generato dai maestri ne produce 10 per l’indotto, ma ho preferito darLe una dimostrazione a mio avviso ancora più vera sulla necessità del ruolo dei maestri di sci per la prosperità del turismo invernale, quella che si poggia sul postulato che il factum è il verum e il fatto è che all’inizio è il maestro di sci e dal maestro è nata la passione per la neve e da questa quella incontrovertibile verità che è la grande industria del turismo invernale.
È interesse di tutto il sistema neve, ripeto, dare nuova forza alla professione dei maestri di sci affinché seguano altri cento anni di crescita e di sviluppo della montagna.
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