Avanzerei l’ipotesi di introdurre il diritto di sciadinanza. Sci per tutti, soprattutto per coloro che non possono permetterselo. Lo sci in realtà non sembrerebbe un affare sociale. Si può vivere benissimo anche senza. Prima viene un tetto sotto cui stare, quindi il cibo per vivere, qualche vestito e un buon libro. Unitamente a un lavoro che oltre a essere una necessità, conferisce dignità.
Questo è l’abc della vita. Poi c’è la «D» di democrazia, la «E» di economia la «F» di famiglia, la «G» di giustizia. Arriviamo alla «S». Esse come sociale, soldi, solidarietà, speranza e smartphone. Tutte grandi parole, dal significato importante. Se le togliamo dalla vita di tutti i giorni siamo fritti. Cosa c’entra lo smartphone? Prova a non avere in tasca il cellulare… Terribile, peggio che non avere una lira. Esiste però nella natura dell’uomo un diritto, forse l’unico, seriamente inalienabile. Il diritto di sognare. Si può vivere senza? Puoi non avere sogni, ma nessuno può toglierti il diritto di averli. Se vuoi piegare un uomo e strappargli l’anima, costringilo a non avere sogni. Sarebbe obbligato a rinnegare l’esistenza dell’infinito, luogo dove per istinto tende a spingersi l’animo umano.
Non siamo né filosofi né santoni, tantomeno dispensatori di verità e ovvietà, ma questa breve riflessione, se vuoi fuori argomento, ci porta a considerare una serie di curiose analogie tra le aspettative dell’essere umano e lo sci. Se ci è concesso le analizziamo in ordine sparso.
È indubbio che lo sci sappia creare economia (E). Dia lavoro (L) e dunque dignità a tantissima gente, che grazie allo sci continua a risiedere sotto un tetto di cotto e travi di legno in montagna, alimentandosi con i prodotti della terra (ABC). Lo sci è sport e dove c’è sport esistono regole, dunque lex, dunque democrazia (D). Lo sci spinge la famiglia (F) verso lo svago e il divertimento. Chi è da solo sfrutta lo sci anche per cercare amicizie e condividere la propria passione. La sua famiglia è questa. Poi c’è la sfilza di «S»: l’aspetto sociale (S) in montagna, dove si pratica lo sci, rimbalza con la sua eco da una vetta all’altra all’infinito.
Il Pil italiano conta molto sui soldi (S) che produce l’industria bianca, dove lo sci è protagonista assoluto. Lo sci dà a tante persone lo spunto per esprimere solidarietà (S). Si pensi a quante manifestazioni organizzate nel mondo dello sci sono nate esclusivamente a scopi benefici. E a quante Onlus o entità private si prodigano per aiutare chi ne ha più bisogno. Sciare per la vita, Sciare col cuore, la Fisip, la gara dei sogni Nast… Chi ama lo sci vive, specialmente in questo periodo, con la speranza (S) che inizi presto a nevicare, o di migliorare la propria tecnica sciistica, di vincere una gara o raggiungere un obiettivo agonistico importante. Lo smartphone (S), ah… Lo tiriamo fuori anche per acquistare lo skipass, in seggiovia per accedere alle numerose app che ci dicono tutto, ma proprio tutto, sulla nostra giornata sulla neve. E poi bisogna informarsi sull’andamento delle gare di Coppa del Mondo e sull’evoluzioni meteo.
Il giochino potrebbe proseguire ma non cambierebbe di molto il concetto: proviamo a eliminare lo sci dall’esistenza: montagna deserta, economia zero, disoccupazione alle stelle, prodotti naturali sotto terra, soldi bruciati… Senza contare che, a conseguenza di ciò, il diritto di sognare, puff… svanirebbe.
E poi, senza andare troppo lontani, mettete un bambino nella via centrale di una grande città e un altro nel centro di Cortina, di Bormio, di Courmayeur o del Monte Pora. Fate caso all’espressioni del viso di entrambi e valutate voi stessi chi dei due ha l’animo proiettato all’infinito. Il diritto di sciadinanza farebbe stare tutti quanti decisamente meglio. Disgraziatamente nel DEF non c’è posto. Per ora.
In attesa che si pronunci in merito anche l’Europa e rimanendo con un occhio rivolto verso le oscillazioni dello spread, Sciare decide di stare con il secondo bambino, quello che guarda verso l’infinito. E lo fa cambiando vestito, diciamo leggermente più ordinato e con una carta bianco neve. A toccarla sembra seta, a leggerla sembra un sogno.
(Nella foto, Giada Grigoletto)
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