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Il coronavirus si è portato via il Banana, uomo simbolo della Salomon

Il coronavirus si è portato via il Banana, uomo simbolo della Salomon, più di chiunque altro. Più di Bebi Zolla che la Salomon Italia (prima che si accasasse in Amer Sports) la inventò negli Anni Sessanta. E più di tutti gli uomini che ne sono stati al comando, da Antonio Frattarelli ad Augusto Prati. Può tenergli testa soltanto il fondatore Georges Salomon. Forse.

Il Banana aveva ovviamente un nome vero, Arnaldo Gusmini, ma è fin quasi inutile scriverlo, perché nessuno lo ha mai chiamato così. 87 anni, bergamasco doc di Fiorano al Serio, a meno di 3 km da Orezzo, lo portò in azienda, che ai tempi era proprio a Bergamo, Bebi Zolla per una sorta di riconoscenza e di affetto vero. Avevano fatto il militare assieme e il banana era il suo luogotenente.

Gli portava lo zaino nelle marce quando Bebi non ce la faceva più. Mentre lui non lo fermava mai nessuno, nonostante non avesse un fisico scultoreo. E forse proprio per quella quella statura limitata, quell’incedere sempre deciso e quella disponibilità assoluta, che ha costruito la figura di un uomo buono. Sempre a disposizione di tutti amici o sconosciuti. Impossibile non volergli bene. E tutti, quando (anche oggi) nominano il Banana, sorridono con un’aria di tenerezza.

@ FB Paolo Zoni

Il Banana era addetto alle promozioni anche se si è sempre occupato di qualsiasi cosa fosse necessario fare. Non ha mai perso un’edizione della Marcialonga. Il lavoro prima di tutto ma sempre con un senso della famiglia ineguagliabile.

Merito anche della moglie che è sempre stata al suo fianco, Madalì, terza di dodici figli, madre di Loretta (’58), Angela (’63) e Luca (’66). Ironia della sorte nessuno dei tre sa sciare. “Non senza rimpianti, so che gli avrebbe fatto piacere, ma lui era sempre in giro e noi non abbiamo avuto l’occasione e credo nemmeno tanta voglia. Forse avremmo dovuto“. Così racconta Loretta con il groppo in gola.

Il banana viveva la Marcialonga più di qualsiasi fondista, più dei senatori, più degli organizzatori. Si caricava in spalla duecento striscioni Salomon e li disseminava lungo gli oltre 40 chilometri del percorso.

Ci metteva una settimana. Poi chiedeva conto: “Augusto, li hai visti in TV?”. È lo stesso Prati a raccontarlo: “Pensa che aveva già prenotato l’hotel anche per la prossima edizione 2021. In casa, considerando l’età, cercavano di fermarlo, ma lui giocava di fino. “Madalì, mi ha chiamato Augusto e mi ha chiesto se posso andare”.

@ FB Efrem Merelli (e tanti amici)

Non era vero niente e la moglie lo sapeva bene, ma a un uomo così non si può dire di no. Non riesci a fermarlo. “Ovviamente lo mandavo a prendere ma anche lì si lamentava. “Ma è proprio necessario? Io voglio fare di testa mia e poi son ben capace di guidare…”.

Poi la malattia arrivata all’improvviso  “Mi ero accorta perché stranamente preferiva starsene a letto, cosa che non capita mai “- racconta la moglie Madalì, 86 anni, una tempra di donna che ha dell’indescrivibile.
Nonostante il covid 19 lo stesse consumando era riuscito a diventare un mito anche in ospedale, adorato da medici e infermieri. E ammirato anche per come si è messo a lottare giorno dopo giorno con tutte le sue forze.  Tutti in reparto sapevano della Marcialonga, della Salomon, dello sci…

Si è dovuto arrendere dopo 18 giorni – continua Midalì – Mi dicono tutti che sono una donna forte. Lo sarò anche ma ora il mio Arnaldo mi manca da morire. Ora lo immagino con la testa china, camminare per i boschi e uno zaino sulle spalle. Perché anche dove si trova adesso, fermo non ci sta di certo. Quando è venuto a prenderlo l’ambulanza ha voluto entrarci con le sue gambe, credo per orgoglio. E andandosene mi ha detto: “Se mi chiama la Salomon digli che io per la prossima Marcialonga sono disponibile”.

Eppure nonostante fosse caduto di ritorno dall’ultima Marcialonga, stava bene. “Gli avevo detto, fermati un po’ adesso, non puoi andare sempre in giro così. Non sei più un ragazzino, vedi che sei caduto? Niente da fare, doveva per forza uscire, incontrare gli amici, camminare, cantare, fare il diavolo a quattro a 87 anni.

Normale che quando ho dato la triste notizia ad Angelo Corradini (patron della granfondo) non poteva crederci” – continua Augusto Prati. “Pensa che all’ultima edizione ci era scappato uno striscione Suunto tra altri 200 di Salomon. Mi chiamò e mi disse: “Augusto c’era uno striscione strano. C’era scritto unto o una cosa del genere. Ecco quello non l’ho messo pero eh., ho fatto bene?”.

Non importava si trattasse di sci alpino, fondo o altro. Dove c’era un evento Salomon lui non poteva mancare. All’ultima gara trail organizzata a Milano l’autunno scorso, si è messo in partenza per controllare che tutti avessero scarpe Salomon. Parliamo di centinaia di persone!

Il Banana che avrebbe compiuto 88 anni il prossimo ottobre, era in pensione, ma per finta perché non si è fermato mai un momento. Ha avuto anche l’onore di portare gli scarponi a Papa Wojtyla in quella storica sciata sull’Adamello, accompagnato da Lino Zani.

Racconta Antonio Frattarelli che è stato per anni direttore di Salomon Italia: “Il servizio di sicurezza ci aveva prenotato una camera in un rifugio, ma ci fu un disguido. La camera non era più disponibile. L’unico rifugio era una legnaia accanto a un fienile. Dormimmo in un sacco a pelo per terra uno fianco all’altro. In realtà io non riuscii a chiudere occhio perché nessuno era capace di russare come il Banana”.

Gli episodi sono infiniti. Racconta ancora Frattarelli: “Quando Zolla organizzava all’Isola D’Elba in estate quelle splendide vacanze con tutti gli atleti Salomon, lui era la sua ombra. Organizzava tutto e non mancava mai niente. E nulla avrebbe funzionato così bene senza di lui”.

Nel garage di casa aveva allestito una sorta di museo Salomon. Ebbene, ci sono tutti i prodotti tra sci, scarponi e attacchi della storia del marchio francese. Un anno organizzò una mostra nella scuola della vicina Gazzaniga.

Il Cai lo venne a sapere e riuscì a convincerlo per altre esposizioni. Salomon era il suo ossigeno, più di ogni altra ragione di vita. Il Banana lascia un ricordo indelebile nella storia di Salomon, dello sci e di centinaia di amici o semplici ammiratori. Uomini così non ne nascono più. Ora tutti si immaginano un‘unica scena nel posto in cui si trova. Se la starà raccontando con Georges Salomon. Il Banana ne ha tante da dire ancora…

Le sentite condoglianze alla famiglia da parte della redazione di Sciare

About the author

Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).