È uscito il libro che gli appassionati del Grande Sci aspettavano da tempo: “Leonardo David – La leggenda del ragazzino campione“. L’autore, che dinnanzi a questa idea ha trovato la porta spalancata della casa editrice Mursia, non poteva che essere Riccardo Crovetti, giornalista e scrittore, appassionato di sci, neve e montagna e delle grandi storie di ieri. Nella sua casa di Pievepelago, a una quindicina di chilometri dall’Abetone di Colò, ha trovato il coraggio di immergersi in una storia tristissima per raccontare la vita di un ragazzo che avrebbe potuto fare tante cose. Come abbia fatto a trovare la delicatezza giusta per narrare di quei giorni ce lo facciamo spiegare direttamente da Riccardo. Perché di Leo alla fin fine non si sa tanto. Certo, si ricorda l’ incredibile vittoria del 7 febbraio 1979 a Oslo, lui davanti a Stenmark e a Mahre. Quella caduta nella discesa degli Italiani di Cortina, poi quella sul traguardo di Lake Placid, il coma. La storia di Leo però non è soltanto questa.
IL Libro, edito da Mursia, è già disponibile in tutte le librerie d’Italia e acquistabile online
Riccardo, eccoti finalmente a presentarci la storia di Leonardo David: da dove nasce l’idea per questo libro?
Nasce da un’altra storia: infatti, mentre stavo raccogliendo del materiale su Paolo Colò, protagonista del mio libro precedente, mi sono imbattuto nel nome di Leonardo David, nome che catturò la mia attenzione tra tutti quelli presenti nell’elenco degli atleti di un certo livello che avevano fatto parte del Centro Sportivo Esercito. In quel momento mi sembrò di essere tornato a quando, da adolescente già appassionato di sci, rimasi molto colpito dalla tragica vicenda che lo aveva coinvolto e, vista la sua giovane età e il suo talento sperai in suo rientro “in pista” che, purtroppo, non arrivò mai. Da lì la storia di Leo rimase per me un punto interrogativo. Anni dopo, leggendo quel nome nell’elenco, mi ripromisi che se avessi realizzato un nuovo libro su altri personaggi del mondo dello sci, Leo David avrebbe avuto il suo spazio. Spazio che poi, per la ricchezza del personaggio, si trasformò in un libro interamente dedicato a lui.
La famiglia David come ha accolto il tuo desiderio di raccontare la storia di Leo?
Nell’autunno del 2016 contattai il caro Davide, il papà di Leo: gli spedii una copia del libro che avevo scritto in ricordo del mio avo Paolo Colò e gli proposi, se gli fosse piaciuto, di raccontare la storia di suo figlio. Il libro gli piacque e ricordo ancora oggi con emozione la sua telefonata in cui appoggiava il mio progetto. Per me è stato un onore poter raccontare la storia di Leo. Ad oggi, l’unico mio rammarico è che papà David, a cui ho dedicato il libro, non sia riuscito a sfogliarlo.
Come ti è venuta l’idea del titolo?
l titolo è venuto da sé, pensando a questo ragazzino che fin da bambino ha messo anima e cuore nello sci in cui è riuscito a raggiungere in breve tempo il livello più alto. Un percorso, il suo, davvero straordinario che solo un tragico destino ha interrotto. Una prospettiva che ho cercato di fare trasparire anche nella scelta della copertina che abbiamo ideato io e il suo amico americano Larry, in cui Leo viene ritratto felice in due momenti importanti della sua carriera agonistica.
Ci dai qualche anticipazione sulla trama?
Il libro ripercorre la vita di Leo dai primi passi sugli sci nel suo paese natale di Gressoney-La-Trinité alle sue prime affermazioni nelle gare locali, in cui dimostrò fin da subito grandi potenzialità in tutte le discipline alpine. Arrivarono i primi successi nazionali e internazionali, la convocazione azzurra in giovanissima età e l’approdo nella squadra maggiore tanto che i responsabili azzurri sperarono di avere trovato un campione in grado di riportare la squadra ai successi di un tempo. Il giovane talentuoso valdostano non tradì le aspettative: tanti grandi piazzamenti e un autentico capolavoro ad Oslo in cui batté gli slalomisti più forti del momento. Sembrava l’inizio di un bel sogno tutto da scrivere…
Nel corso delle tue ricerche avrai visionato tanti articoli e certamente intervistato molte persone che conoscevano Leo, che ritratto ne esce sia come persona che come atleta?
Emerge prepotente la sua maturità davvero sorprendente per un ragazzo di diciotto anni e mezzo, già pronto ad assumersi le responsabilità da leader grazie ad una determinazione fuori dal comune. Oltre al Leo-campione, tutte le persone che l’hanno conosciuto si ricordano di lui per la sua simpatia e solarità.
Cosa ti ha colpito di più della sua vicenda?
La superficialità da parte di chi doveva preservarne l’enorme talento. Superficialità sicuramente figlia dell’epoca, (impensabile ai tempi nostri) che però ha giocato un ruolo determinante nel suo destino, in cui anche una serie di circostanze avverse ne hanno segnato la tragica sorte.
Cosa ti sei prefissato con questo libro?
Il mio desiderio era quello di dare nuovamente voce al personaggio Leo e di farlo conoscere alle nuove generazioni, che non sanno che sia esistito un campione-leader di questa caratura. A dirla tutta, quando ho cominciato questo progetto nemmeno io lo conoscevo fino in fondo: infatti, non mi sarei mai aspettato di trovare un ragazzo così giovane con questa grande personalità. Per me è motivo di orgoglio avervi potuto raccontare la sua storia.
Ci sarà una bellissima memoria fotografica per lo più inedita che accompagnerà il libro: come l’hai raccolta?
Le immagini del primo periodo della sua esistenza provengono dal ricco archivio fotografico della famiglia David. A queste si sono aggiunte quelle degli amici, compagni e allenatori che si sono prodigati nel fornirmi le foto gelosamente custodite dell’amico mai dimenticato. Purtroppo, ho dovuto escludere molte immagini per problemi di spazio, ma sarà mia cura condividerle sulla pagina Facebook dedicata al libro.
Dopo Leo, quanto è mancata allo sci azzurro una figura vincente come la sua?
Molto! Arrivò in squadra quando la Valanga azzurra aveva già finito il suo ciclo vittorioso e da due stagioni era finita in una crisi profonda. Leo con i suoi grandi risultati stava dando nuova linfa a tutto il clan azzurro che trovò in lui non solo un campione ma anche un nuovo leader da seguire.
Al tempo stesso queste enormi aspettative gli piombarono addosso perché, complice la scarsità di grandi risultati da parte dei compagni di squadra, tutte le responsabilità si riversarono su di lui oltre il dovuto, condizionandone anche le scelte tecniche e, in definitiva, anche il suo destino. Fu così che lo sci azzurro perse la sua figura vincente e cadde in una crisi tecnica lunga e senza precedenti.
Se la storia di Leo David fosse stata diversa, se lui avesse potuto continuare a gareggiare secondo te dove sarebbe arrivato?
A detta dei suoi tecnici era un atleta in crescita costante con ampi margini di miglioramento in tutte le discipline soprattutto quando si sarebbe completata la sua maturazione fisica e tecnica grazie alle quali avrebbe fatto un ulteriore salto di qualità.
In slalom era già considerato tra i migliori e in quella specialità avrebbe ottenuto sicuramente le soddisfazioni maggiori. In gigante, a parte uno Stenmark quasi imbattibile, stava dimostrando di potersela giocare contro chiunque. Quanto alla discesa libera, nella quale doveva ancora acquisire esperienza, sarebbe stata una scommessa molto stimolante per il valdostano che amava i tracciati tecnici.
Sempre a proposito di prove veloci, ritengo che per le peculiarità che possedeva avrebbe ben figurato anche nel Super-G, ideato in quegli anni. Essendo ormai competitivo in tutte le discipline, poteva essere considerato tra i candidati più papabili per la conquista della Coppa di cristallo generale. Certo gli avversari non gli sarebbero mancati e mi riferisco ai vari Max Girardelli, Pirmin Zurbriggen, ai fratelli Mahre, allo stesso Stenmark e ad altri ancora, ma sono convinto che con lui in pista ci saremo potuti divertire anche noi.
RICCARDO CROVETTI
Riccardo Crovetti, Pavullo, 1965. Appassionato di storia e di sci alpino, vive e lavora a Pievepelago (Modena). Con «Sulle tracce dell’Angelo Bianco» (Mursia, 2015) ha vinto nel 2016, il premio letterario nazionale «Alpini Sempre» nella categoria Storico-Saggistica.
«Leo si rese conto di quello che aveva innescato la sua grande impresa e a chi gli chiese se si sentisse il nuovo leader della squadra azzurra disse di sì. Era ciò che desiderava, era sempre stato il suo sogno diventare l’elemento trainante di una nuova Valanga azzurra».
Letta: sulla pista Bedemie di Punta Jolanda sono disegnate linee perfette. Dicono che a farle sia un ragazzino dai capelli biondi e ricci e dallo sguardo sorridente. La sua sciata istintiva è molto personale e diversa da quella di tutti gli altri. Ha tanta grinta e convinzione nei propri mezzi, tanto da riuscire ben presto a farsi spazio nello sci che conta. Ha il carattere del leader e per i compagni è già un punto di riferimento importante. Negli allenamenti dà sempre il massimo, non si tira mai indietro, neanche a casa. Dove ogni mattina si allena correndo lungo i sentieri del Monte Rosa.
Il ragazzino con i suoi strepitosi risultati riaccende gli entusiasmi nell’ambiente azzurro: sta diventando il numero uno della squadra. Il nuovo idolo dello sci italiano e c’è chi vede in lui il nuovo Thoeni.
Riesce a battere perfino Stenmark il più forte di tutti e c’è chi dice che grazie a lui nel giro di poco tempo gli azzurri torneranno i più forti del mondo. Gli viene chiesto di prendere per mano la squadra e di guidarla verso le Oolimpiadi statunitensi. Il ragazzino accetta, felice come non mai, perché vuole continuare a sognare in grande la sua favola bianca…È uscito il libro “Leonardo È uscito il libro “Leonardo