Negli anni 50’ inizio a fare il maestro di sci, naturalmente senza brevetto, com’era in uso a quei tempi. Poi seguo la prassi: un po’ di gavetta come aiuto maestro, quindi il corso, gli esami e la qualifica ufficiale. Per merito, la scuola sci del Livrio, allo Stelvio, mi offre la possibilità di passare lì la stagione come maestro. Un vero onore, si trattava di una delle scuole estive più famose d’Europa. Da lì sono passati, tanto per fare qualche nome, Zeno Colò e Gino Seghi,
l’allora direttore (Allenatore della squadra italiana ai Giochi di Cortina) della scuola. Rientrato in Gardena, vengo eletto prima Presidente dello Sci Club Gardena, quindi direttore della scuola di Selva. Avevamo già una cinquantina di maestri. In quell’epoca la materia dell’insegnamento dello sci era stata disciplinata molto radicalmente dal Capitano Giuseppe Lamberti, direttore della Stazione del Sestriere e prima ancora di Cervinia. Assieme a Franz Freund di Vipiteno e alla Coscuma avevano dato un impulso notevole al sistema, anche per quel che riguardava la tecnica di insegnamento e l’amministrazione delle scuole sci. Ma c’era un problema molto serio: non esisteva una legge a tutela della professione.
C’era per le Guide alpine ma non per i maestri. Questo aveva favorito una notevole diffusione dell’abusivismo, tra l’altro fagocitato dalle stesse scuole, soprattutto durante le feste. A Natale e Carnevale molte ragazzine venivano chiamate per insegnare ai bambini. Le scuole chiedevano ai genitori un sacco di soldi e a loro andava solo una «pipa di tabacco». Finchè due personaggi di Castelrotto e di San Martino di Castrozza si misero assieme per fondare la LAMS (Libera Associazione Maestri di Sci Italiani), una vera e propria associazione di maestri abusivi, chiamati «Le giubbe rosse». Erano organizzatissimi: avevano i loro corsi con tanto di esami, diplomi e scuole sci. Precedentemente era stata fondata l’AMSI da Ferruccio Bosticco di Bardonecchia assieme a Marcello Paltrinieri, a Paris di Courmayeur e a Gianni Sicheri, una specie di sindacato dei maestri. Scrissero una proposta di legge con la richiesta di un Albo professionale, che però tornò subito al mittente. La confusione regnava sovrana. Lotte intestine nelle stazioni e tra scuola e scuola.
Nel ’70, dopo i Mondiali della Valgardena, vengo eletto Vice Presidente della Fisi con Omero Vaghi Presidente che mi affida il compito di porre fine a questa querelle, anzi a questa vera e propria guerra. Mi conferisce il titolo di commissario straordinario della Coscuma che in realtà non esisteva più. Tale struttura era stata completamente esautorata da Amsi che, non volendo essere governata dalla Fisi, uscì dal Palazzo già negli Anni ‘60. Da parte sua la Fisi era sì favorevole a una figura professionale del maestro ma non voleva che ciò fosse controllato da una struttura esterna. Così mi trovo a sbrogliare una matassa davvero complicata.
Come primo passo, convoco le parti in Fisi, in via Cerva, per discutere la situazione. Al tavolo ci sono per la Fisi Omero Vaghi, il vice presidente Attilio Cohen ed io, per l’Amsi, Bosticco, Paltrineri e Sicheri. Un ottimo incontro che giunge a una soluzione: trovare un accordo con la Lams, quindi con le Giubbe Rosse, operando una sanatoria e far rientrare tutti in Fisi. Nello stesso tempo mi impegno attraverso il mio grande amico Sandro Pertini, a quel tempo Presidente della Camera, per ottenere il riconoscimento professionale del Maestro di Sci. Tutto sembra andare per il verso giusto: le Giubbe Rosse si dichiarano d’accordo. Alla fine si trattava di circa 200 abusivi chiamati a fare un corso di 3 settimane. Scelgo San Valentino alla Muta, piccola stazione in fondo alla Val Venosta, in modo che fossimo fuori dal mondo! Tre settimane di naja! Sveglia alle sei e mezza, colazione alle sette, riunione tecnica alle sette e mezza e tutti in pista alle otto e mezza. Piste terribili, con neve crostosa e non battuta! Il primo che fiatava andava a casa! Una specie di Lager insomma. Ammetto che con le 200 ragazze, le cosiddette Nurse, sono stato più clemente! A San Valentino istituisco le tre categorie professionali: 1°, 2° e 3° grado. Per il terzo sono stato un po’ misogino, poiché era di fatto riservato alle nurse, più bambinaie che maestre.
Per gli aspetti burocratici mi affido all’avvocato Giulio Giovannini di Trento, il fondatore della Marcialonga. Mi disse: «La questione la risolvi solo se vi accontentate di qualcosa di estremamente semplice: nell’articolo 123 di pubblica sicurezza, dove si dice che per conseguire la professione di Guida alpina bisogna fare l’esame di stato per ottenere una licenza statale, basta aggiungere maestri di sci, dopo la parola Guida alpina». Allo stesso tempo, per la parte tecnica, chiamo in Coscuma Hubert Fink che in breve tempo riesce a ridare un buon impulso al sistema. La parte amministrativa la consegno, invece, nelle mani dell’Avvocato Belli di Parma. Assieme a loro, e con l’allora Presidente del Coni Giulio Onesti, ci presentiamo a Roma da Pertini. Lui comprende subito il problema e sposa la nostra linea, ma ci mette in guardia su due ostacoli da superare: «Il primo, deve passare tutto in Commissione, perché andare in aula è come andare alle Calende Greche. Il secondo: in commissione, socialisti e comunisti saranno senz’altro contrari perché odiano qualsiasi tipo di albo professionale. Come fare? Appena so che in un determinato giorno loro non ci saranno, procederò!» E così fu! In realtà spiegò loro la situazione e trovò comprensione e solidarietà. Uscirono semplicemente dalla stanza per onorare un ordine di partito e allo stesso tempo per non ostacolare una cosa giusta. Dopo pochi mesi la commissione parlamentare approva la modifica dell’articolo 123 della legge sulla pubblica sicurezza, aggiungendo anche i Maestri di Sci. E da quel momento, ovvero, dopo 50 anni, la professione del Maestro di sci viene riconosciuta a livello nazionale.
Ottenuto questo grande risultato, bisogna però attuare quanto concordato con Bosticco, Paltrinieri, Paris e Sicheri: gli abusivi devono essere integrati nelle scuole di sci. Detto fatto? Neanche per idea, le scuole si mettono di traverso, rifiutando di accoglierli. Non solo, tutte le scuole sci italiane indicono un vero e proprio sciopero nazionale e una bella domenica decidono di rimanere chiuse (è il 1971). Ma non solo, si organizza un meeting a Milano cui partecipa una folta rappresentanza dei direttori delle scuole. Decidono di presentarsi in Fisi per dar vita a un vero e proprio sit-in di protesta. Entrano negli uffici di via Cerva e la occupano! Ricordo alcuni manifesti stampati da loro, appesi nella stanze dei bottoni: la mia effige da impiccato, uno con il berretto da Nazista e il simbolo delle «SS», un altro con i baffetti alla Hitler e una scritta: «Demetz Kaput». Peccato che l’avevano scritto con una «T» sola, quindi non ero proprio kaputt! Poi vanno incontro a un secondo autogol perché in un attimo perdono stima e simpatia da parte dall’Italia che scia: decidono di boicottare tutte le gare dei bambini, distruggendo i percorsi che gli organizzatori e gli stessi ragazzini cercavano di mettere assieme.
A Bardonecchia, durante la gara del Corriere dei Piccoli, organizzata dalla Gazzetta dello Sport, smontano letteralmente il tracciato. Il giorno dopo, sui titoli di tutti i quotidiani, il tono è questo: «Maestri di sci ma non di sport!». Un vero e proprio massacro mediatico che induce i direttori a darsi una sonora calmata. Lentamente i 200 ex-abusivi riescono a integrarsi nelle scuole. Ma che fatica! Ricordo il giorno dello sciopero: ero a Selva e sapevo benissimo dove trovare i maestri della scuola: al Rifugio Comici. E vado su, naturalmente in divisa Fisi, grande nemica dei maestri! Come entro si può immaginare come vengo inquadrato dai loro sguardi. Occhiatacce anche da veri amici, alcuni di vecchia data, maestri che avevo avuto nella mia scuola quando ero direttore. Il fatto più stupefacente è che tra loro ce n’erano due che io avevo graziato con il corso di San Valentino: due ex abusivi, che aderivano allo sciopero, di fatto indetto contro di loro! Un paradosso davvero divertente! Dopo i Mondiali la Val Gardena aveva dannato bisogno di maestri per sostenere l’enorme richiesta, così la scuola sci li aveva accettati. Eppure… sciopero! E uno di loro, pace all’anima sua, mi guarda in segna di sfida dicendomi: «Sì, scioperiamo e tu sai anche molto bene perché!». Roba da premio Nobel dell’incoerenza! Comunque, pian piano la crisi rientra per far spazio alle celebrazioni. Ne ricordo una a Merano, organizzata per festeggiare l’entrata in vigore della Legge Nazionale. Il gruppo Amsi fu portato in trionfo mentre, per chi era riuscito fisicamente a portarla a Roma da Pertini e a farla firmare, nemmeno una menzione o un riconoscimento. Diciamo che si sono assunti la paternità di questo straordinario risultato. Pazienza! Il mio compito in Coscuma si era concluso. Comunque felicemente.
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