Cosa dice Massimiliano Fazzini, il meteorologo “di pista”
Massimiliano Fazzini, 51 anni di San Benedetto del Tronto è il meteorologo di Cortina, perché si è sempre interessato di meteorologia alpina e i suoi genitori fin da piccolo lo portavano nella Regina delle Dolomiti a sciare. La collaborazione con la località inizia dieci anni fa con la Coppa del Mondo di sci alpino alla quale si è aggiunta anche quella di snowboard. Due anni fa Fondazione Cortina gli chiede una consulenza. “A quel punto ho detto di sì correndo. Che scherziamo? Poter fare il mio lavoro in in contesto che amo è il massimo”.
Max è climatologo e meteorologo presso l’università di Chieti in ingegneria e geologia e collabora con Protezione Civile Nazionale. E con tutti gli enti che hanno problemi di rischio climatico e dissesto idrogeologico. Spesso è ospite di approfondimenti nei Tg di un po’ tutte le televisioni.
Oltre a interpretare le tavole sinottiche, cerca di studiare anche la tecnica della serpentina: “Diciamo che in illo tempore, nel 1991, riuscii a superare anche le selezioni a Marilleva. Poi tra gli studi, i primi lavori e la non vicinanza alle piste, mi hanno costretto a non proseguire questa strada. So stare in pista dai. Certo che quando capita, come questa mattina, di avere al tuo fianco gente come Hannes Trinkl, ci si sente come uno che va a scuola il primo giorno”.
Sarai uno dei personaggi più assediato dei Mondiali in questo momento…
Precisiamo, le previsioni qui a Cortina si articolano su due binari paralleli.
Da una parte c’è l’istituzione, ovvero i centri regionali di previsione, con in testa Arpa Veneto, che redigono il quadro istituzionale.
Questa mattina tutta la neve caduta era inattesa, ma non certo per colpa dei tecnici. Bensì da 24 modelli che hanno errato il limite delle precipitazioni. Poi c’è un mio diretto coinvolgimento, con una disponibilità H24, iniziato 5 giorni fa sul campo, e da remoto nel periodo precedente.
24 modelli?
Derivano da due modelli su grande scala. Quelli del centro europeo e quelli americani GFS. Poi però ognuno apporta delle variazioni nella scrittura del modello che meglio crede. Alcuni modelli hanno poi un approccio soprattutto probabilistico e non deterministico. Il tecnico deve quindi prendere la soluzione migliore. Paradossalmente più dati hai più è complicato riuscire a capire quale sarà la corretta evoluzione.
Cosa fai di preciso?
Emetto bollettini anche su richiesta e misurazioni sulla neve. Seguendo un progetto universitario abbiamo creato un modello fisico matematico dedicato che sfocia nella ricerca applicativa.
Quindi sei a contatto con gli uomini di pista?
Assolutamente sì, con io responsabili della Fis, Alberto Ghezze e tutti i direttori di pista. Li aggiorno in base alle misurazioni che vengono fatte costantemente. Ma spesso li raggiungo anche in pista.
Cosa ti chiedono?
La domanda che va per la maggiore è quando smetterà di nevicare, logico. Ma non è solo questo. Conta molto anche la densità della neve. Perché in presenza di neve bagnata, asciutta o polverosa cambia la pista preparazione della pista. Quindi devo essere puntuale nell’informazione qualitativa e quantitativa.
Riguardo alle temperature?
È la seconda domanda. Già mi chiedono se e quando scenderanno. È chiaro che è importante trovare la massima coesione del manto nevoso per rendere la pista migliore possibile.
Qual è l’aspetto tecnico più complicato da valutare per passargli le informazioni?
Sta nella complessità orografica. In montagna il tempo è estremamente difficile da prevedere anche a brevissime distanze. Ci sono dei punti, nelle parti alte dei tracciati della discesa, dove il vento cambia almeno cinque volte in 500 metri! E questo va a modificare la reazione del manto nevoso. Poi è complicato prevedere anche le temperature alla scala locale su tracciati che hanno un dislivello anche di 900 metri, dove puoi avere quattro climi diversi.
Che margine di errore c’è nelle previsioni?
L’attendibilità dei modelli in un contesto orograficamente complesso come questo, è difficile da valutare, proprio per le variabilità di condizione che intervengono. Ti faccio un esempio, mercoledì è previsto l’arrivo di una perturbazione. Ora abbiamo dei modelli che danno l’arrivo di una perturbazione e ci sono dei modelli che prevedono la caduta di circa 70 cm di neve, ma la maggior parte parla di 15/20 cm. Ma non è detto che si debba dare a priori ragione alla maggioranza. L’unica è studiare tutte le carte sinottiche e interpretarle in modo tale da comprendere quale sarà la traiettoria più probabile della perturbazione. E di conseguenza appoggiarsi su uno o più modelli. Diciamo che è una scelta personale.
Ti aiuta di più l’hardware o il software nelle tue valutazioni?
Sicuramente il software, perché un bravo informatico può modificare in qualsiasi momento cià che io chiedo dai rilevamenti.
Anche se mi sembra di capire che l’elemento umano è determinante?
In effetti è così, inteso come perfetta conoscenza dell’ambiente fisico. Ovvero, se io so che con un certo tipo di perturbazione, nove volte su dieci ho un certo tipo di “accumulato” e temperature, hai voglia che i modelli mi dicono il contrario.
Per statistica avverrà ciò che è avvenuto in passato. I modelli ci aiutano a medio e a lungo termine, tra i 3 e i 7 giorni. Quindi ci fanno comprendere le tendenze, ma dalle 24 alle 48 ore inizia ad essere preponderante la qualità del previsore. Nell’approssimarsi dell’evento i modelli non si guardano più e ci si affida alla previsione in tempo reale con l’ausilio del satellite meteorologico e delle misurazioni sul campo.
Sarà un Mondiale tribulato?
Anche per una questione psicologica, cerchiamo di andare momento per momento, soprattutto in questi primi giorni caratterizzati dalla presenza di perturbazioni. Fino a mercoledì sappiamo che ci saranno problemi. Da giovedì la pressione dovrebbe aumentare. Le tendenze però ci dicono che dovrebbe arrivare un fronte di aria molto fredda da est. Si parla di temperature anche di – 15/-20 gradi. Quindi da giovedì a Cortina, coprirsi bene!
È così importante andare in pista per te?
È fondamentale, perché mi permette di fare misure costanti, specie sulla temperatura della neve su dislivelli ampi di 600/700 metri. Come progetto di ricerca abbiamo anche inserito dei sensori che però, in situazioni difficili, non sempre funzionano. Per cui bisogna prendere queste rilevazioni costantemente per avere più prove e contro prove a disposizione. Inoltre non è possibile mettersi in mezzo alla pista per evitare di rovinare il lavoro degli uomini di pista.
Quante postazioni sfrutti?
Oltre a quelle di Arpav, storiche, ne abbiamo posizionate altre otto tra 1.700 metri di Tofana e i 2.300 di Pomedes. Quindi copriamo le piste delle prove veloci e di quelle tecniche perché ne abbiamo una anche in cima al Col Druscié. La mia postazione diciamo centrale, è presso la mensa del Duca da Osta dove storicamente si ritrovano tutte le atlete in zona partenza. E posso dire di essere sia privilegiato che onorato. Cosa dice massimiliano Fazzini Cosa dice massimiliano Fazzini