Abbiamo raggiunto Mauro Pini, neo allenatore di Petra Vlhova per saperne un po’ di più riguardo a come imposterà il lavoro. È appena tornato a casa, una decina di km da Airolo, dalla Slovacchia dove ha potuto iniziare a famigliarizzare con tutto il team. Tra i vari nomi che circolavano, prima dell’accordo, c’era anche il suo nome, anche se qualcuno non ci credeva tantissimo dal momento che Mauro non frequenta la Coppa da molte stagioni
Mauro, non ti senti un po’ arrugginito? Manchi da un bel po’ di annetti…
In realtà non alleno da tre anni, perché dopo aver lasciato Tina sono andato negli States per allenare il team Clif?
Il Team Clif?
Clif è un’azienda che produce barrette energetiche. Il proprietario, Gary Erickson, è fanatico di sport e aiuta tantissimi atleti di diversi sport. In quelli invernali, nello sci, ad esempio, ci sono Trevis Ganong e Steven Nyman, ma coprono anche lo snowboard e il freeride. Mi avevano contattato per creare le basi dello sci. Quindi professionalmente come allenatore ho terminato nel 2018. Anzi non è neanche così perché ho diretto anche il nostro comitato. Niente paura, sono in forma!
Poi tre anni di Airolo
Esatto. La stazione è in crescita. L’ultima è stata una stagione dura però abbiamo potuto aprire, pur senza ristorazione.
Ok, torniamo in Coppa, Mauro Pini è un allenatore da donna?
Bella questa. Un mio amico mi ha detto l’altro giorno: “Ti chiameranno colui che sussurra alle atlete dell’Est!”. In realtà non so darti una risposta. Me lo chiedo anch’io. Credo sia solo il destino perché mi sono trovato benissimo anche quando ho allenato i velocisti svizzeri. Mah, può darsi che a livello caratteriale mi trovi meglio con le donne.
È per quello che ti ha chiamato Petra?
Come accaduto cinque anni fa, ma come avete già scritto anche voi, all’epoca non c’erano le condizioni. Appena andato via Livio mi è arrivata la telefonata.
Te l’aspettavi?
Ma no dai. Mi sono in realtà abbastanza stupito.
Sei riuscito a seguirla, seppur a distanza, quest’anno?
Facendo le telecronache per la TSI certamente sì. Questo mi ha permesso di rimanere ben collegato con la Coppa del Mondo. Si dice stare sempre sul pezzo. Anche per questo affronto questa nuovo incarico con una certa tranquillità. Insomma, dopo Tina Maze, non sono rimasto seduto sul divano, ecco.
Vi abbiamo visti assieme sulla neve di Jasna, hai già fatto il primo allenamento?
Tre giorni sulla neve, ma niente di particolare. Abbiamo fatto tanto campo libero e trasmesso i primissimi input. Diciamo che è stato un incontro più che altro utile per conoscerci, pianificare e condividere lavoro e programma. Ho avuto modo di iniziare un rapporto anche con tutto il team, genitori compresi.
Livio lo conosciamo, molto rigoroso e non dà respiro: sei un po’ come lui?
Di principio il lavoro paga sempre. Ho sempre messo sotto i miei atleti quanto ritenevo fosse giusto per loro.
Un punto chiave che toccherò con Petra sarà la gestione del carico e del recupero. Sai, bisogna distinguere la Vlhova vincitrice della Coppa del Mondo e quella che riprenderà da numero uno. Si tratta di aprire un ciclo. Ormai è un’atleta venticinquenne affermata.
Non è più la ragazzina che fai andare a frusta, ma una donna che entra nella piena maturità sotto ogni punto di vista. E poi, guarda, io ho sempre detto che gli atleti sono dei cristalli, pertanto con una certa fragilità.
Bisogna avere molta cura, gestirli al meglio. Metterli nelle condizioni di potersi esprimere al massimo del loro potenziale. In definitiva con Petra non sarà più una gestione impostata sul volume, perché questo lavoro è già stato fatto.
Ora serve un programma qualitativo focalizzato sugli obiettivi.
E per questo ci vuole il totale coinvolgimento del team e ovviamente dell’atleta. Voglio che lei stessa capisca cosa significhi essere la numero uno. Ci vuole consapevolezza e autostima, poiché sarà osservata più di prima.
Tu sai come si fa in questi casi. Tina…
Sì, ho questa esperienza, ma non solo con Maze. Mi sono trovato difronte a Cuche, Defago, Gut, Rienda Contreras.
Questo significa che non sono più un allenatore “seminatore”, ma un coach che deve gestire la situazione in maniera differenza.
Con Tina è stato un momento di grande dispendio di energia fisica e mentale, un mix di forza, tecnica e testa. Non ho dovuto di certo spiegarle come si dovevano fare le curve. Anche con Petra dovrò entrare in questa dimensione.
Più Olimpiadi che Coppa?
Ovvio che sì, un’atleta di questo calibro non può esimersi da porre questo appuntamento come focus principale. Sarebbe da manicomio annunciare che nell’anno olimpico puntiamo tutto sulla Generale.
Vediamo poi come si metteranno le cose. Di certo Petra, ora come ora, non sarebbe in grado di sopportare un programma totale.
Come l’hai trovata?
Tranquilla, serena, convinta di questo cambio che sentiva per certi punti di vista necessario. Poi, ti dirò, è appena stata dieci giorni alle Maldive… L’ho vista pronta a lavorare, e ha già iniziato a frequentare la palestra.
Quando ci sono i genitori di mezzo per un allenatore è sempre un po’ più difficile…
Abbiamo avuto il tempo di parlare proprio di questo e fatto piena chiarezza nei ruoli. L’aspetto sportivo detterà la gestione, quindi tutti si adatteranno ai nostri programmi. Io ho questo ruolo di leadership e devo marcare la strada da seguire.
Il team è uguale a prima?
Quasi invariato. Oltre a Livio non c’è più Gigi Parravicini al quale auguro un grande in bocca al lupo perché sarà lo skiman degli atleti della Swiss Ski, credo delle velociste.
È confermato il preparatore atletico Marco Porta, di Milano, così come rimane Matteo Baldissarutti che avrà un doppio ruolo, aiuto allenatore e serviceman. In questi giorni sceglieremo lo skiman e si aggiungerà anche una fisioterapista a tempo pieno.
Dove pensi possa migliorare di più Petra?
Lato fisico, come detto, si lavorerà più sulla qualità. Tecnicamente dovremmo ripassare un po’ il gigante. Anche in questi giorni a Jasna abbiamo già posto le prime basi di un certo approfondimento. Bisogna riportarla a un livello superiore.
E con la velocità?
È presto per dirlo, ma se ci sarà da sacrificare qualcosa quest’anno sarà probabilmente la discesa. Ripeto, non posso ancora disegnare una mappa precisa, ma non escluderei l’eventualità di saltare qualche tappa, qualora il calendario ce lo imponesse. Questo diventa coerente con quanto ti ho esposto finora.
Deflorian ha rinunciato per la famiglia, a te questo aspetto non pesa?
Mi pesava quando avevo i bambini piccoli e infatti sono rimasto a casa. Ora la situazione è diversa.
Nicola ha 19 anni, adora la fotografia e quella è la sua strada. Patrick ne ha 17 è sta imparando il mestiere del forestale.
Poi c’è la mia compagna Daphne, direttrice della scuola sci di Airolo, quindi sa benissimo com’è il lavoro di un allenatore dell’alto livello. È felice di questo mio incarico e non nasconde anche un certo orgoglio.
Hai voluto tu un contratto di un anno e poi si vedrà?
Entrambe le parti. Mi sono sempre mosso così. Anche perché penso che prima di costruire chissà quale castello, devo dimostrare di poter valere il ruolo che rivesto. Credo sia corretto in certi sport non porsi troppi vincoli.
Non ti mancherà un po’ la tua Airolo?
Guarda, è stata proprio una bellissima esperienza. Molto friedly tra l’altro. Sai Airolo non è un comprensorio gigantesco dove il direttore gira con la cravatta e la macchina aziendale.
È un ruolo dove devi rimboccarti le maniche dal mattino presto fino a tarda sera.
Ci vuole davvero molto impegno anche perché comunque l’azienda ha una novantina di dipendenti nei momenti di punta. Ripeto, un’esperienza importantissima che mi porterò sempre dietro e sono certo che si renderà utile in tante occasioni.
In bocca al lupo
Quando passi da Airolo vienimi a trovare.