Festeggiamo così oggi i 100 anni della Signora delle Nevi, Celina Seghi, nel racconto appassionato dello scrittore Riccardo Crovetti.
Celina Seghi nacque ad Abetone il 6 marzo 1920 e, da buona “Signora delle nevi”, arrivò di sabato sotto una fitta nevicata che costrinse i suoi familiari a registrarla ufficialmente il lunedì dopo.
Celina sorride per questo singolare aneddoto: le fa piacere essere festeggiata anche nel giorno della festa della donna.
(Collezione Fabio Giannelli) – Abetone, pista Monte Gomito, aprile 1934. Alcuni atleti dello Sci Club Abetone impegnati in un Campionato toscano: tra questi, al centro in basso, i quattordicenni Zeno Colò e Celina Seghi.
Mai ricorrenza fu più azzeccata per omaggiare questa icona dell’emancipazione femminile, vissuta in un’epoca maschilista, nella quale con la sua determinazione e il suo talento riuscì ad emergere in ambito sportivo.
Celina crebbe in una famiglia molto numerosa, composta da altri otto figli, in cui lei, essendo l’ultima arrivata, era la più coccolata. Quando la stessa frequentò le scuole elementari, era già salito al potere il regime fascista che dettava la sua dottrina.
(Collezione Fabio Giannelli) – Abetone 1938. In questa foto sul Monte Gomito si riconoscono da sinistra Celina Seghi, l’azzurra Vittoria Ferrari (la terza), Vittorio Chierroni e Zeno Colò.
Tra i suoi compagni di classe, c’era Zeno Colò mentre il futuro antagonista di quest’ultimo, Vittorio Chierroni, era più grande di loro di tre anni.
A quell’epoca, la passione che accomunava i ragazzi di Abetone era lo sci, uno sport che veniva praticato un po’ da tutti in quel luogo, anche perché era un comodo mezzo per spostarsi.
I primi “ski” (come venivano chiamati allora) che utilizzarono, furono prodotti manualmente da alcuni abetonesi abili nella lavorazione del faggio e del frassino.
Celina, che imparò a sciare in tenera età nel campetto dell’albergo Gentili di fronte a casa, ricorda che si trovò ai piedi due pezzi di legno. Ma non ne seppe mai la provenienza.
(Collezione Famiglia Pierluigi Colò) – Forca Canapine, anno 1948, il “Diavoletto Rosso”, come veniva chiamata Celina Seghi, sopra un simbolico piedistallo quando mise dietro di sé anche gli atleti maschi.
La conformazione di Abetone portò tutti quei ragazzi ad avere una polivalenza naturale sugli sci in qualunque tipo di percorso. E molti di loro nei primi anni Trenta gareggiarono sia nel fondo che nelle due discipline alpine.
Celina ricorda che disputò un paio di gare di fondo, ma abbandonò quasi subito perché non era il suo terreno.
Fu così anche per gli altri ragazzi locali che, come Celina, preferivano scendere lungo gli strapiombi dei borghi, saltando la statale da un’estremità all’altra.
E passando in mezzo ad abeti e faggi, superandosi l’un l’altro in un continuo confronto quotidiano che li fece crescere non solo agonisticamente.
@ Riccardo Crovetti: Abetone, marzo 1939. Celina ripresa in mezzo a due avversarie in occasione dei Campionati italiani assoluti in cui recitò il ruolo da protagonista.
Il loro fisico si formò grazie anche agli innumerevoli chilometri che percorrevano a piedi con gli sci lunghi e pesanti in spalla verso i pendii più estremi da cui scendevano, lanciandosi senza tanti problemi.
Con sci di legno dotati di attacchi e scarponi da brivido. Che quando cadevano erano fortunati se si rompevano solo gli sci.
La caparbietà e la temerarietà innate di quei funamboli furono la componente essenziale per l’esplosione del loro talento.
Celina non restava di certo indietro rispetto ai suoi coetanei maschi, anche se dovette combattere contro il maschilismo di quell’epoca fascista che vedeva la donna votata al concepimento e alla famiglia.
@ Riccardo Crovetti – Cortina, febbraio 1941. I festeggiamenti da parte delle Autorità presenti a Celina neo campionessa del mondo in slalom.
Famiglia che nel caso di Celina la lasciò libera di percorrere la sua strada appoggiandola in tutte le sue aspirazioni. Trovò infatti nel fratello maggiore Gino di vent’anni più grande e uno dei primi maestri di sci della FISI, la guida.
Un sodalizio, il loro, fondamentale per la sua carriera agonistica e per i futuri successi ma non proprio facile dal lato umano.
Celina, con il suo carattere bello tosto si scontrava spesso con la severità del fratello che la sottoponeva a duri programmi di allenamento.
@ Riccardo Crovetti – Cortina, febbraio 1941. Una Celina felice e sorridente dopo la prova di slalom vincente ripresa insieme alla grande sconfitta: la tedesca Christl Cranz
Un altro aiuto prezioso alle ambizioni di Celina arrivò dal presidente della FISI Renato Ricci che, intuendone le grandi doti sciistiche, la prese sotto la sua ala protettiva.
Lo stesso, in qualità anche di presidente dell’ONB (Opera Nazionale Balilla), le garantì un certo grado di istruzione, indirizzandola all’Accademia femminile fascista di educazione fisica d’Orvieto, chiamata a quel tempo “l’università della donna sportiva” che l’abetonese frequentò per tre anni.
Lo Sci Club Abetone (di cui faceva parte Celina) già al suo esordio nazionale nella stagione invernale del 1934, nelle due discipline alpine di discesa e slalom, emerse fin da subito come una delle società sportive più competitive.
In cui tutti i suoi componenti erano animati da un forte senso di appartenenza, tanta umiltà e grande spirito di abnegazione nel raggiungere i propri obiettivi sportivi.
(Collezione Laura Pasquesi) – Cervinia 1942, le aquile abetonesi. Tra questi riconoscono Zeno Colò (il secondo da sinistra), al suo fianco il suo primo maestro Rolando Zanni, di seguito il fratello di Celina, Gino. I neo campioni del mondo in slalom Vittorio Chierroni (il quinto da sinistra) e Celina (la penultima a destra)
Questo, grazie anche alla passione di Cimone Petrucci, responsabile dello sci club. Una scintilla fondamentale per le loro affermazioni future spronandoli a dare sempre il massimo.
E accompagnandoli alle gare in lunghe trasferte che molto spesso si trasformavano in vere e proprie avventure.
Celina ricorda così quei tempi: «È vero, un’amicizia profonda ci legava tutti quanti, tra di noi non facevano difetto la lealtà e la sportività. A quel tempo avevamo un gran senso del sacrificio, c’era una gran fame di arrivare e di vincere».
L’allenatore azzurro, Leo Gasperl, autentica leggenda dello Sport Bianco, trovò nel ricco vivaio abetonese tanti talenti naturali. E per tutto il periodo in cui gestì il nostro sci, ne attinse parecchi atleti maschili e femminili.
Queste ultime meritano un discorso a parte perché lo sci femminile, rispetto a quello maschile, a causa dei preconcetti dell’epoca, procedeva a piccoli passi. Infatti, Celina e poche altre talentuose sciatrici restarono fuori dai campionati mondiali fino al 1940.
@ Sciare – La squadra delle discesite Azzurre in allenamento a Cortina nel 1941, allenate da Gino Seghi, fratello di Celina (la terza da destra)
Anche la partecipazione nelle gare dei comprensori nazionali vedeva esigue presenze femminili e quelle poche venivano fatte gareggiare con gli atleti maschili.
A tal riguardo, riporto un bell’aneddoto avvenuto alla fine degli anni Quaranta a Forca Canapine, sull’Appennino Umbro-Marchigiano, in cui Celina prese parte alla discesa libera valida per la prima edizione del Trofeo Franco Garfagna.
La stessa come raccontato in precedenza, era ben abituata a competere con i maschi e capitava molto spesso che ne mettesse un bel po’ dietro di sé.
In quell’occasione fece molto di più: si impose su tutti, compresi i compagni dello sci club, che non la presero affatto bene.
(Collezione Paolo Landini) – Abetone febbraio 1943, Campionati italiani assoluti. Tutte gli atleti abetonesi che in quel periodo fecero parte della squadra azzurra. Si riconosce al centro, con la divisa delle Fiamme Gialle Vittorio Chierroni, il primo in basso alla sua sinistra Zeno Colò, la prima a destra è Celina.
Tra questi Zeno Colò, che tra il serio e l’ironico, cercò di sminuirne l’impresa dicendole che era andata più forte di tutti per la paura dei lupi numerosi in quel comprensorio.
Al rientro a casa il povero Zeno, ancora abbacchiato per essere arrivato dietro alla compagna, ricevette il colpo di grazia dal padre che lo accolse porgendogli in mano due ferri da calza.
Ai Campionati del Mondo di Cortina del 1941, gli azzurri di Abetone recitarono il ruolo di protagonisti.
Celina, in quell’occasione, ebbe modo di sconfiggere nella gara di slalom la campionessa olimpica Christl Cranz.
Per l’abetonese fu una soddisfazione enorme rifilare tre secondi alla campionessa tedesca pluri medagliata, considerata all’epoca l’assoluta dominatrice dello sci femminile.
@Riccardo Crovetti – Celina nel corso di una gara disputata nel dopoguerra.
La FIS annullò in seguito quei mondiali perché non vi presero parte tutte le nazioni, ma per Celina rimane il ricordo a cui è più legata poiché convinta che vi presero parte tutte le più brave atlete del momento.
Fu proprio in quel periodo che si accese una bella rivalità agonistica tra i suoi conterranei Vittorio Chierroni, alfiere della squadra azzurra e, Zeno Colò, il cui talento era ormai esploso.
Una rivalità che avrebbe meritato ben altri palcoscenici se non fosse stato per gli eventi bellici seguenti, per i quali dovettero interrompere le gare e buona parte della loro carriera agonistica per lungo tempo.
@ Riccardo Crovetti – Oslo 1952, Celina e Zeno ai Giochi invernali norvegesi in cui quest’ultimo conquistò l’oro olimpico in discesa.
Stessa sorte per Celina, che dovette abbandonare le gare, trascorrendo quel periodo cruento ad Abetone fino allo “sfollamento” avvenuto a fine estate del 1944 in zone più sicure, lontane dal fronte aperto dalla Linea Gotica.
Per tutti i campioni di quell’epoca condizionata dalla Seconda guerra mondiale, per ben sei anni non ci fu la possibilità di disputare competizioni internazionali, che furono sospese o invalidate.
Solamente verso la fine degli anni Quaranta, Celina ebbe modo di dimostrare tutto il suo valore. Arrivando quarta, a un soffio dal podio, nello slalom e nella combinata delle prime olimpiadi invernali dopo la guerra, che ebbero luogo a Saint-Moritz nel 1948.
Le sue prestazioni in quella manifestazione furono condizionate dai risultati negativi dei suoi conterranei Colò e Chierroni, che partiti come favoriti, tornarono a casa a mani vuote.
(Collezione Paolo Landini) – Abetone, anni Cinquanta, i tre assi abetonesi sulle piste di casa.
Da ricordare che nello stesso anno Celina si aggiudicò in svizzera il prestigioso concorso internazionale del Grindelwald.
Celina scrisse una pagina leggendaria quando affrontò la gara di slalom del trofeo internazionale dell’Arlberg-Kandahar nell’edizione del 1949 a Sankt Anton. Dove in precedenza si era disputata la prova di discesa in cui, pur arrivando al traguardo, si era fratturata la spalla.
Nonostante il grosso infortunio, immobilizzata la spalla, tra lo stupore dei presenti prese parte alle due manche di slalom in cui dovette tra l’altro ripetere la seconda per il cronometro non funzionante.
La sua tenacia gli fece vincere il «K» d’oro e un’aquila di bronzo che gli fu regalata dagli avversari in ricordo di quell’impresa, un riconoscimento che la stessa ha sempre custodito con orgoglio.
Ai Campionati del Mondo del 1950 ad Aspen, unica atleta azzurra a parteciparvi, conquistò una medaglia di bronzo in slalom speciale e l’ammirazione degli americani che si innamorano della sua sciata soprannominandola “la tigre di Aspen”, appellativo che la rappresenta sicuramente più di altri.
@Sciare – Ancora Celina assieme a Zeno, a sinistra, e a Vittorio Chierroni a destra
Celina però la visse come una mezza delusione: era la prima volta che affrontava una manifestazione all’estero senza il fratello Gino suo allenatore e mentore (non fece parte della comitiva azzurra per divergenze con la FISI) e a suo dire la sua assenza pesò molto sulle sue prestazioni.
@ Sciare – Celina Seghi a una premizazione, complimentata dal Presidente Fisi Omero Vaghi. Al centro Massimo Di Marco, fondatore della Rivista Sciare
Si rifece in Europa però, conquistando il prestigioso “K” di diamanti dell’Arlberg-Kandahar, unica atleta italiana a vincerlo, risultando così una delle tre atlete vincitrici di quella ambitissimo trofeo.
@Sciare – Una cartolina autografata da Celina alla Rivista Sciare
Alle Olimpiadi invernali di Oslo del 1952 confermò il quarto posto in slalom speciale. Sempre in quell’anno raggiunse il gradino più alto del podio nello slalom e nella combinata della prestigiosa Coppa Foemina.
La sua carriera internazionale terminò con un nono posto in slalom ai Campionati del Mondo di Are nel 1954.
Il suo canto del cigno in ambito italiano si concluse con un successo nello slalom dei Campionati italiani assoluti del 1954. Si disputarono nella sua Abetone.
I ben 25 titoli conquistati negli assoluti sono un record che nessun atleta italiano è mai riuscito ad eguagliare.
Celina, terminata la carriera agonistica, è rimasta legata allo Sport bianco instaurando nuove amicizie con campioni più giovani come Ninna Quario o Kristian Ghedina che ha ospitato a Pistoia per finire a Tomba con cui si è sempre sentita periodicamente.
Forte la sua amicizia col caro Rolly Marchi, grande personaggio dello sport. Il rapporto più sentito per lei è però sempre stato quello con Zeno, di cui apprezzava il grande lato umano.
@Sciare – Ebbene sì, la grinta e il coraggio erano una delle doti di Celina. Anzi, via il passato: sono!
Ci sono parecchi aneddoti legati alla loro amicizia, voglio ricordare uno di quelli più simpatici. Nei momenti dei trionfi internazionali, Zeno poco amante della ribalta, approfittava del carattere gioviale e comunicativo dell’amica fraterna delegandola volentieri come addetta stampa e traduttrice.
Celina, a parte una parentesi biennale milanese nel campo dell’abbigliamento sportivo, ha vissuto la sua vita nell’amata Toscana, alternando Pistoia ed Abetone d’inverno alla zona della Versilia al periodo estivo.
@Sciare – Celina Seghi assieme a Carletto Senoner
Più esattamente al Forte dei Marmi dove nel tragitto dall’abitazione alla spiaggia, amava sfoggiare parei e cappelli alla moda colorati, abbinati ad una moltitudine di zoccoli da mare.
A proposito della sua passione per il mare, c’è un aneddoto che la lega a Zeno e che appare assai buffo e singolare considerata la loro indole temeraria: entrambi sono sempre stati terrorizzati dall’acqua.
Per i parenti non è mai stato possibile farle vivere il suo paese nativo in estate perché preferiva vederlo nella sua veste migliore per lei: imbiancato.
Qui divenne maestra di sci ma non insegnò mai. Sempre in prima linea nelle manifestazioni celebrative, per anni fece da apripista e madrina ai tanti campioni. Che emersero alle finali del prestigioso Pinocchio sugli sci disputate nel suo Abetone.
Da buona madrina non ha mai nascosto il suo disappunto nei confronti dei genitori troppo pretenziosi verso i figli, giovani sciatori, rimproverandoli e dicendo loro che lo sport deve essere prima di tutto un divertimento.
Curiosa del mondo, ha sempre avuto una vivacità e uno spirito che l’hanno fatta sembrare un’eterna ragazza interessata a mille e più cose.
La sua casa è piena di bellissimi ricordi dei trascorsi sportivi. Ma anche di molto altro. Come la fisarmonica che ha suonato per gli amici e per i giornalisti che l’andavano a trovare, imparando da autodidatta come per il pianoforte. E poi la lingua inglese.
Ha sempre amato passeggiare in città, sulla spiaggia o per il lungo percorso ad Abetone da casa sua alle piste dell’ovovia.
Donna elegante, ha sempre amato presentarsi alle gare con preziosi foulard e l’immancabile rossetto.
Nelle manifestazioni celebrative l’abbiamo sempre vista indossare il colore bianco neve. Che fosse una tuta bianca col casco di camoscio, o un completo, unica eccezione il suo splendido vestito giallo di Valentino.
Si sposò nel 1970 dopo un lungo corteggiamento avvenuto sulle piste di Abetone da parte del medico pistoiese Fiorino Fiorineschi.
La maternità non l’è mancata prendendosi cura amorevolmente dei tanti nipoti. Nipoti che le hanno sempre riconosciuto un cuore d’oro, che l’ha portata ad essere molto attiva nel volontariato.
Nell’estate del 2001 con l’aiuto di un istruttore si tolse lo sfizio di volare in parapendio biposto sopra la sua Abetone. A chi le chiese se avesse provato timore rispose che era molto più agitata quando gareggiava.
Ed era proprio così. Era tanta l’agitazione che l’accompagnava negli istanti prima di ogni partenza. Che poi, una volta oltrepassato il cancelletto, svaniva. A onor del vero c’era una cosa che temeva in pista: la nebbia.
L’anno dopo smise di sciare, ma per i suoi nipoti non fu un’impresa facile convincerla. Preoccupati che si potesse far male, l’obbligarono ad abbandonare gli amati sci.
In quasi ottant’anni di scorribande sulle piste di tutto il mondo Celina non subì mai fratture importanti. Mentre negli anni successivi ironia della sorte volle che si ruppe il femore a tutte e due le gambe in incidenti domestici.
Fratture da cui, questa forza della natura, si è sempre ripresa a tempo di record. Incolpando scherzosamente i suoi cari e affermando che ciò non sarebbe accaduto se non l’avessero fatta smettere di sciare.
Non ci resta che fare tantissimi auguri per questo ennesimo grande traguardo raggiunto da questa splendida “ragazza”, com’è tata amorevolmente etichettata dalla FISI. Che in segno di riconoscenza l’ha inserita a pieno diritto nella sua “Hall of Fame”.
Celina è entrata nella Hall of Fame Fisi nel 2015. Questa la consegna del riconoscimento da parte del Presidente Fisi Flavio Roda. Nella stessa edizione il riconoscimento è stato dato anche ad Alberto Tomba. Celina Seghi oggi 100 anni Celina Seghi oggi 100 anni Celina Seghi oggi 100 anni Celina Seghi oggi 100 anni Celina Seghi oggi 100 anni Celina Seghi oggi 100 anni Celina Seghi oggi 100 anni Celina Seghi oggi 100 anni Celina Seghi oggi 100 anni