Per la rubrica Beautiful Mind proponiamo questo articolo molto particolare intitolato gli occhi di un bambino. «La mia educatrice di sci si chiama Lucia. È abbastanza magra, ma soprattutto robusta. Ha i capelli mossi di un castano ramato. I suoi occhi sono stupendi, di verde acceso, la sua bocca è di rosa splendente.
È giovane, molto alta e bella. Di carnagione è abbastanza scura, solo perché è abbronzata. Possiede mani delicate, le sue unghie sono rosee. Quando andiamo a sciare indossa la tuta blu e gialla dello sci club.
I suoi sci sono della marca Fischer, gialli e verdi. È simpatica, vivace, tonica e adora i bambini. Con noi ride spesso e volentieri, non si arrabbia mai. È mattacchiona, ogni volta che la vediamo sciare, ha sempre qualcosa da farci vedere.
Quando le chiediamo se vuole salire con noi sulla seggiovia accetta con molta gioia. Dopo le gare sciamo nella neve fresca e quando cadiamo ci scherziamo a vicenda. Poi, quando le nostre gambe non reggono più, ci lasciamo cadere nella neve soffice.
Lucia, solitamente ci dice di alzarci perché altrimenti ci perdiamo il più bello, cioè sciare nel bosco tra gli alberi. Allora noi scattiamo in piedi e corriamo (con gli sci) nei boschi. In allenamento invece facciamo i paletti.
Ci esibiamo in slalom gigante, nel pettine ed infine nel gigante speciale. Insomma, con Lucia ci divertiamo un mondo». Viola, 10 anni
Quale rappresentazione hanno i bambini dei loro allenatori di sci? Come vengono vissuti e cosa resta maggiormente nelle loro teste? Il tema eseguito a scuola, anni fa, da una mia piccola atleta di 10 anni può darci preziose informazioni su come vengono visti gli allenatori dagli occhi dei loro atleti.
Come si può subito notare, il titolo dato da Viola è stato «la mia educatrice» e non la mia allenatrice, questo denota sicuramente la volontà di attribuire maggiore peso all’aspetto educativo e relazionale a discapito di quello più tecnico.
Probabilmente questo è spiegabile dal tipo di valenza che la famiglia di Viola ha sempre dato allo sport, un concetto legato più all’aspetto formativo che agonistico. Circa metà del tema è dedicato alla descrizione fisica che mostra una forte idealizzazione: «giovane, molto alta e bella», «occhi stupendi», «bocca rosa splendente» (se fosse stata l’oggettiva verità probabilmente avrei fatto carriera nella moda!).
Sul fenomeno idealizzativo, l’allenatore può far leva, utilizzandolo a favore di un migliore apprendimento. È curioso come Viola abbia colto alcuni particolari fisici: la bocca, utilizzata nella comunicazione verbale; gli occhi (quindi l’espressione dello sguardo), indicatore fondamentale del linguaggio non verbale e le mani, principale strumento di contatto fisico.
Queste ultime sono utilizzate per le «spiegazioni tridimensionali»: io chiamo in questo modo l’espressione di concetti tecnici (e non) attraverso parole accompagnate dalla gestualità, che simulando il movimento ne migliorano la comprensione.
Temperatura permettendo le spiegazioni in 3D dovrebbero essere eseguite senza guanti da sci, per favorire anche un importante contatto fisico. Per Viola è rilevante anche la divisa che indossa l’allenatrice, quella dello sci club, la stessa che vestono tutti gli atleti e con la quale lei stessa si identifica in un gruppo.
Poi Viola ha descritto i miei aspetti caratteriali, sempre in modo molto positivo: non tanto le caratteristiche personali (simpatica, vivace, tonica) ma le caratteristiche più relazionali: «con noi ride, ci mostra sempre qualcosa di nuovo, accetta con molta gioia di salire in seggiovia». Viola dice anche cosa significhi per lei divertirsi: sciare in neve fresca dopo le gare! Non c’è riferimento al risultato delle competizioni.
Dopo la descrizione di come sia possibile divertirsi sciando, passa ad una stringata narrazione degli allenamenti, in cui ci si esibisce facendo il gigante, il pettine e il «gigante speciale» (anziché slalom speciale). È curioso il termine «esibirsi» che esprime un desiderio di mostrare agli altri, e per gli altri, ciò che sappiamo fare.
Facile capire che la motivazione di Viola era soprattutto ludica, «divertirsi un mondo» era tutto ciò che desiderava; certo, avrebbe voluto anche vincere, voluto/potuto anche diventare una campionessa, ma a una condizione: divertendosi!
Purtroppo, troppo spesso nello sport il divertimento finisce precocemente e così … altrettanto precocemente lo sci viene abbandonato. Quindi educhiamo gli atleti all’impegno e al duro lavoro, ma teniamo sempre accesa la fiamma che arde dentro di loro alimentata dalla voglia di giocare e divertirsi!
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