Una volta lo avrebbero chiamato «cavallo pazzo», oggi lo chiamano «bambino affetto da Disturbo da deficit dell’attenzione e iper attività» (Ddai). Ingestibile per i genitori in casa, faticoso per le maestre che tentano di tenerlo seduto in aula, è il bambino «motorizzato»: agitato, impulsivo, disattento.
Spesso a questa tipologia di bambini è prescritta un’attività sportiva intensa, con l’idea che «sfogandosi» possano giungere a un livello di attivazione nella norma. È corretto questo luogo comune? Lo sci alpino e nordico, essendo sport praticabili all’aria aperta, con alto impiego muscolare e quindi con la possibilità di «sfogarsi» a livello motorio, sembrano essere adatti ad accogliere questi «bambini motorizzati». Ma quanti allenatori e maestri di sci sono a conoscenza di questo disturbo? Quali strategie attuare per non alimentare ulteriormente i sintomi che lo caratterizzano?
Il Ddai è un disturbo legato alla crescita del bambino, è di carattere neurobiologico e si presenta con sintomi specifici: difficoltà di attenzione e concentrazione, impulsività incontrollata, difficoltà di regolazione dell’attività motoria: un bambino che si fa continuamente distrarre da stimoli esterni, irrequieto, che parla eccessivamente ed è sempre in movimento. Non stiamo parlando del bambino vivace o semplicemente ansioso: i disturbi del Ddai compromettono seriamente il risultato scolastico, la resa sportiva e inoltre le stesse amicizie del bambino. In altre parole si può dire che questo bambino abbia perso la capacità di utilizzo dei propri «comandi interiori». Il Ddai oltre ad ostacolare il raggiungimento degli obiettivi quotidiani del bambino (per esempio problemi d’apprendimento pur essendo cognitivamente nella norma), genera anche sconforto e stress tra genitori e insegnanti, i quali trovandosi impreparati davanti al suo comportamento reagiscono alimentando il disturbo stesso. Da alcune recenti ricerche sembra che il «bambino motorizzato» in realtà possieda un’attivazione psicofisiologica al di sotto del livello normale e che contrasta la fatica nel prestare attenzione o svolgere un compito aumentando inconsapevolmente il livello di attività motoria.
Come a dire: «Mi devo muovere altrimenti mi addormento!». Quindi è scorretto sperare che solo uno «sfogo sportivo» possa favorire un ritorno a casa tranquillo e sereno. Nello sport, oltre al divertimento, vi sono regole da rispettare, compiti da eseguire, relazioni da gestire, aumentando le difficoltà per questi bambini poco autocontrollati. Inoltre, un allenatore o maestro impulsivo e incline a punizioni e rimproveri può causare effetti negativi aggravando la situazione. D’altronde lo sci è uno sport in cui alcune regole devono essere tassativamente seguite, per la sicurezza dei nostri allievi oltre che per quella degli altri sciatori.
Tuttavia è possibile offrire, a questa tipologia di bambini, un’opportunità di miglioramento attraverso lo sport. Ecco alcuni semplici e pratici consigli per allenatori e maestri di sci.
1_Date al bambino sempre istruzioni chiare di ciò che deve o non deve fare. Ad esempio «fai il bravo», «non farmi arrabbiare» sono frasi troppo generiche.
2_Date poche istruzioni alla volta. Ad esempio dire «fai l’ultima discesa, vai al pulmino, asciuga gli sci, mettili via, ecc.» non aiuta l’attenzione sul compito.
3_Siate sempre calmi, coerenti e fermi su alcune regole. Sgridare e minacciare troppo frequentemente non aiuta a capire il comportamento inadeguato, ma aumenta solo l’ansia e amplifica i sintomi.
4_Fornitegli un time-out nei momenti di crisi. Portatelo per qualche minuto in un luogo, dove possa tranquillizzarsi e avere attenzione privilegiata.
5_Gratificate il bambino per i suoi comportamenti appropriati. Spesso questi bambini possiedono numerose risorse (creatività, reattività, ottime abilità motorie, ecc..) che se ben rinforzate e canalizzate danno risultati sorprendenti.
La gestione del bambino Ddai nel gruppo
1_Rinforzate gli altri allievi quando lo includono nelle loro iniziative. 2_Programmate qualche esercizio/gioco in cui anche lui possa fornire il suo contributo (per esempio una gara a squadre, basta sommare il tempo a cronometro di tutti gli atleti della stessa squadra). 3_Programmate delle attività nelle quali serve il contributo di tutti per raggiungere l’obiettivo. 4_Quando è possibile assegnategli un incarico di responsabilità.
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