Sciare 1 dicembre 2010 – Quanti sono gli allenatori veri? Intendiamo, quelli che già nascono con questa vocazione. Quelli che fin da piccoli incalzano gli amichetti avvertendoli «Non si fa così ma così» . Forse un po’ arroganti, quasi certamente antipatici, forgiano la loro preparazione tecnica attraverso gli insegnamenti dell’STF (Scuola Tecnici Federali), ma l’intuizione, la lettura e la correzione per venir fuori hanno bisogno di altro. Probabilmente tutto è da addurre alla persuasione. L’allenatore vero deve prima di tutto convincersi che quello che sta vedendo e ciò che sta per dire, rappresenta la verità assoluta. Anche a costo di mentire a se stesso. Nata questa verità assoluta, può mettere in atto la propria abilità di seduzione, tecnica ovviamente. Lo può fare incazzandosi (Porta avanti quel sedere, bestia!), con astuzia (Ecco, se porti il peso un poco più avanti guadagni 2 secondi) o con interrogazioni (Ti sei accorto che ti son scappate le code?). In realtà, di sistemi, ce ne sono tanti, perché tanti sono gli allenatori, ognuno col proprio sistema, carattere e metodo, ma quelli veri si distinguono facilmente. Forse non è nemmeno merito loro, bensì demerito degli altri, di quegli allenatori che cercano la «patacca» per consuetudine o soddisfazione personale seguendo un cursus honorum che parte dall’essere atleta, quindi maestro, naturalmente allenatore, probabilmente istruttore. Sono, insomma quei giovanotti talentuosi tra i pali che a 21 anni, abbandonate le gare, già portano in giro ragazzini scalmanati, desiderosi di sfiorare col braccio una porta da gigante o di dare un pugno al rapid gate da slalom; carognette che tornano a casa e raccontano a mamma e papà di come hanno aggredito il tracciato, di come hanno saputo dare la paga ai compagni, di come stiano per diventare i migliori dello sci club. Per un genitore sono soddisfazioni. Spende un sacco di soldi, ma i risultati stanno arrivando. Ai suoi occhi il giovanotto che allena il proprio figlio è anche belloccio e simpatico. Farlo su è un gioco da ragazzi. Dirgli come deve fare, quanti pali è bene affrontare è altrettanto semplice. Il giovane allenatore sta al gioco perché non ha ambizioni, viene ben pagato, non deve sbattersi più di tanto. Da qui nasce un paradosso: l’allievo più difficile da allenare non è Blardone, ma proprio il ragazzino. Che difficilmente potrà contare sugli insegnamenti di un tecnico esperto, concentrato su obiettivi più gratificanti. Non è questione di insegnamento ma di metodo. Il giovine virgulto assimila poco o nulla del gesto tecnico. Guarda, esegue e cerca di copiare. Viene sbattuto nei tracciati, perché il sistema lo impone. Bisogna fare punti a tutti i costi se no, non si va avanti. Lo scopo prioritario non è quello di divertirsi e imparare a sciare bene, ma arrivare prima possibile in squadra. Chi ha qualcosa in più degli altri (e a volte qualche spinta) riesce a intrufolarsi tra le file del Comitato, momento in cui è necessario tirar fuori coraggio, istinto e tecnica. Ingredienti che non sbocceranno mai se nelle gambe ci sono solo pali. L’allenatore vero sa invece come fare. Se ne frega del sistema, delle lamentele dei genitori e porta i ragazzini fuoripista, tra le gobbe, sui salti. Il palo diventa come la partitella di calcio a fine allenamento. Purtroppo essere allenatori veri è molto difficile. Qualcosa però sta cambiando. L’STF sotto la guida di Flavio Roda, ha avviato un programma basato sulla qualità. Un sistema che vuole donare alla figura di allenatore la considerazione che merita, ovvero un’immagine istituzionale indiscutibile, priva di ombre, priva di dubbi. Per ottenere questo risultato, Flavio si è attorniato di professionisti di altissimo livello. Uno su tutti, Roberto Manzoni, preparatore atletico di eccellenza, un referente scientifico di grande spessore. I docenti dei corsi sono soltanto allenatori di squadre nazionali, mossa che regala la massima credibilità ai futuri allenatori. Per loro l’iter è lungo e faticoso, ma non così difficile se si possiede passione e volontà. Si parte con una selezione che stila una graduatoria (tornerà utile più avanti). I 60 migliori già possono accedere al secondo livello, gli altri rimangono nel primo come allenatori protempore, poiché entro due anni dovranno accedere al secondo livello attraverso una graduatoria. Il corso di secondo livello si divide in momenti di teoria e di pratica sempre con allenatori della Nazionale, chiamati anche come esaminatori. Quest’anno, dopo due sessioni, hanno avuto accesso al corso di secondo livello ben 120 allenatori. Per loro inizia un nuovo percorso che prevede 6 giorni di teoria (medicina, traumatologia, preparazione atletica, comunicazione, tracciatura, psicologia, sicurezza, preparazione materiali, storia dello sci). Quindi si passa alla parte tecnica con i docenti che sono a capo di una «stazione» (ad esempio, avviamento al gigante, avviamento alle discipline veloci). Vi è l’affiancamento anche di istruttori nazionali per dare continuità alla formazione. L’esame (nel centro di Rovereto) è simile a quello di primo livello, ma aumenta di «spessore». C’è una prova video con atleti giovani, un test cosidetto a griglia sulle materie scientifiche e una prova orale di tecnica. Il voto fa media con quello ottenuto al test di ingresso al 1° livello. Per il terzo livello occorrono 2 anni di attività certificati e un test di ingresso: quiz, prova video con atleti di Coppa, colloquio di cultura generale. I migliori 40 accedono al modulo di 6 giorni di teoria più 8 sulla neve. Per altri 4 giorni ci si affianca a squadre giovanili assieme a un tutor, per non rallentare gli allenamenti. Si prepara una tesina di gruppo e a Milano ci si presenta per l’esame finale. Abbiamo tralasciato diversi passaggi nella lista dei programmi di studio, ma ciò che volevamo trasferire non è questo. L’intento è di sottolineare la bontà di un progetto che Flavio Roda e il suo team stanno portando avanti per consegnare all’STF un ruolo sempre più fondamentale per la crescita di allenatori di qualità. Allenatori veri.
“
Add Comment