Alberto Senigagliesi: “Se il Bardonecchia volesse tornare lo sci club dei tempi d’oro io ci sono!”
Alberto Senigagliesi è di recente ritorno da Andorra perché Soldeu ospiterà le finali di Coppa del Mondo e col suo nuovo ruolo di referente della velocità femminile per la Fis deve verificare ogni cosa. Nonostante questa responsabilità non da poco e aver allenato in carriera atleti top di mezzo mondo appena terminata la carriera agonistica, oggi ci giunge all’orecchio che sia attratto da una nuova avventura: la presidenza dello Sci Club Bardonecchia, una delle società più storiche d’Italia con i suoi 115 anni di vita! Lo chiamiamo per accertarcene e subito ci colpisce un aspetto…
Alberto, ti sei accorto che hai l’accento francese?
Impossibile, io ho l’accento del mondo! Caso mai, se senti una cadenza un po’ pronunciata, è svizzera!
Già, prima di approdare a Oberhofen, in Fis, ne hai fatte di cose… Ce le ricordi?
Conclusa l’attività agonistica, quasi per scherzo, vado in America per imparare l’inglese. Il piano era rimanere al massimo una stagione. Invece ci rimango per quattro anni per lavorare in un College con ragazzini di età varia, a Sugarloaf, nel Maine. Poi torno a casa e inizio una collaborazione con Rossignol per otto stagioni. Mi occupo dello sviluppo degli sci da gara da velocità. Fin quando mi chiama la Fisi e alleno la squadra maschile di discesa: Paris, Innerhofer, Marsaglia, Heel… Rientrato nel giro della Coppa accetto di allenare la squadra femminile americana: Lindsey Vonn, Julia Mancuso, Mikaela Shiffrin… Quindi mi riavvicino a casa perché la Francia mi propone di seguire la velocità transalpina, ma l’anno successivo mi ritrovo nel ruolo di direttore tecnico di tutte le squadre. Conclusa la Coppa 2022 squilla di nuovo il telefono: questa volta è la Fis! Nuova esperienza davvero molto interessante!
Alberto in un’azione di… qualche annetto fa. L’atleta piemontese, classe 1970, difendeva i colori delle Fiamme Gialle. In carriera ha sfiorato il podio di Coppa del Mondo due volte: 4° nel superG di Garmisch nel 1992 e nel gigante di park City nel 91. Poi diverse volte nella top ten con partrecipazione ai Mondiali di Morioka, ai Giochi di Albertville e un bronzo ai Mondiali junior di Aleyska (Usa) in slalom
Con tutto questo bendidìo come fa a interessarti la guida di un club?
Stai scherzando? Io sono nato e cresciuto qui, paese che non lascerò mai e lo sci club Bardonecchia è un’istituzione, come può essere il Duomo per un milanese, tanto per capirci. I miei tre figli sciano con loro e anche se a causa dei miei impegni li ho seguiti finora davvero poco sugli sci, capita sovente di passare in pista e avere contatti con gli allenatori, genitori, persone del consiglio, amici…
L’idea della presidenza arriva da lì?
In primavera l’attuale Presidente Luca De Zen aveva inviato una mail ai soci e in previsione dei rinnovi delle cariche aveva scritto che eventualmente si sarebbe fatto da parte. Ecco che mi arriva da destra e sinistra la classica domanda: “Alberto, perché non ti proponi tu?”
Ma hai sempre la valigia in mano, come faresti a guidare la società?
Il nuovo incarico mi lascia più tempo di prima nei momenti in cui va fatto questo tipo di lavoro, ovvero nel periodo primavera-autunno. Un presidente, poi, non deve essere in pista, o al traguardo delle gare, ma tracciare le linee guida, proporre un progetto e migliorare laddove c’è da intervenire.
Migliorare laddove c’è da intervenire…
Un tempo qui c’era praticamente soltanto lo sci club Bardonecchia. Per un bambino che voleva sciare non esisteva il dubbio a chi rivolgersi. Ora qui di club ce ne sono addirittura sette e la società, per forza di cose, ha perso un po’ quell’identità storica capace di cresce atleti e campioni. Insomma, non è più un punto di riferimento. Quindi ci ho fatto su un pensierino e mi piacerebbe mettere a disposizione dei ragazzini la mia esperienza, aiutarli a rincorrere i loro sogni come avevo fatto io. Gli stessi di Fabio De Crignis, Luca Pesando o più recentemente Giovanni Borsotti.
Senigalgiesi a seguito come allenatore la velocità Azzurra per tre stagioni
Sono cambiati i tempi?
Questo non c’entra. Lo sci club ha perduto la sua storica identità che è quella di coniugare con le giuste misure il massimo divertimento e l’ambizione di forgiare i campioncini di domani. È giustissimo proporre il primo sci ai bambini ma il principio base di una società sportiva è quella di costruire un progetto agonistico di un certo tipo, non solo quello di insegnare a sciare, altrimenti diventi una scuola sci, dunque, crei inconsapevolmente una sorta di invasione di campo.
Eppure c’è un team tecnico da leccarsi i baffi!
De Crignis, Sibille, lo stesso Dario Borsotti e tanti allenatori giovani gonfi di passione. Sono poche le società che possono vantare un quadro tecnico di così alto livello. Per questo ritengo che il mio contributo possa dare quella spinta in più per far girare il motore a pieni giri, come un tempo. Intendiamoci, senza presunzione, non sono un semidio. E nemmeno il tipo che arriva lì e dice, ecco ora ci sono io e vi faccio vedere come si fa. Niente di tutto questo e chi mi conosce sa che non sono quel genere di persona. È che in qualsiasi ambito ogni tanto serve una scossa per cambiare indirizzo. C’è sempre bisogno di nuovi stimoli e di quegli accorgimenti che l’abitudine non ti fa vedere. Secondo te Lindsey Vonn, Dominik Paris o Tessa Worley avevano bisogno di Senigagliesi per vincere? Eppure, le rispettive federazioni mi hanno chiamato perché offrissi loro un sistema tecnico organizzativo nuovo che li avrebbero aiutati a proseguire il loro percorso. Qui, con le dovute differenze, è la stessa cosa.
Insomma, vorresti vedere sul podio di Coppa qualche atleta made in Bardonecchia…
Questo è il sogno di tutti, ma c’è dell’altro. Il traguardo di un atleta non si può prevedere, per questo è importante che uno sci club sia strutturato in modo da poter offrire ai ragazzi opportunità future alternative, crescendo in un ambito meraviglioso come quello sportivo. Maestri di sci, allenatori, operatori turistici… ecco, vedo che i giovani del posto sono sempre meno interessati a prendere questa strada. Io ho sempre vissuto di questo fin dai 5 anni quando mio papà mi ha messo sugli sci. Non ho mai studiato molto ma lo sport ha costruito la mia professione, mi ha fatto girare il mondo, insegnato quattro lingue e mi ha fatto diventare uomo.
Nel suo curriculum spicca anche il ruolo di allenatore delle amercane: Lindey Vonn, Julia Mancuso…
Sei sicuro che l’attuale presidente voglia farsi da parte?
Se Luca De Zen si facesse da parte sarebbe un grande errore oltre che un peccato. Il suo impegno trasuda passione ed è un valore fondamentale per il club. Abbiamo competenze certamente diverse, le mie più tecniche-organizzative, le sue più amministrative forte di un background imprenditoriale di spessore. Tutto dipende da quale direzione vuole prendere la società. Ai soci dico semplicemente, se volete io ci sono e sono disposto a dare tutto me stesso e a mettere a disposizione le mie competenze per far tornare il Bardonecchia al top dell’ambito agonistico. Se invece la volontà è quella di proseguire con il progetto degli ultimi anni, indubbiamente io servirei davvero a poco.
Con gli allenatori ti sei confrontato?
Certamente sì anche perché io sono come loro, un tecnico. Abbiamo condiviso quelle che sono le loro problematiche e posso aiutarli a risolverle, disponibilità a loro gradita. Deca poi per me è come un fratello, siamo cresciuti assieme e condiviso tantissime esperienze. Dario Borsotti uguale. Ha vissuto in casa mia, quando ha smesso di fare gare – perché diciamolo da atleta è stato un po’ un disgraziato (ilarità) – mio papà lo ha messo a fare l’allenatore e mi seguiva quando avevo 12, 13 anni, dunque sono 40 anni che fa questo mestiere e ha tirato su i suoi figli in maniera stupenda. Magari adesso comincia a essere un po’ stanco, non lo so, ma il suo valore aggiunto è totale. Uno dei più esperti della Val di Susa per non dire in Italia. Ma anche tutti gli altri, Allemand, i figli e nipote di Deca. E Sibille, altro number one, che secondo me potrebbe essere il punto di riferimento quale coordinatore tecnico quando io magari non posso essere presente sul posto.
L’ultimo incarico, prima di diventare responsabile della velocità femminile in Fis è stato quello di direttore tecnico della squadra francese: qui con tessa Worley
In definitiva, a me non piace la politica sono uomo di sport e con loro l’intesa sarebbe totale. Viaggiamo su una Ferrari che va in prima ma ci sono le possibilità per far girare il motore al massimo dei giri (Granpremi a parte!). In più la società è indubbiamente sana e la conduzione sotto questo punto di vista è stata eccezionale. Se il Bardonecchia potesse coniugare meglio l’aspetto amministrativo a quello puramente sportivo, sono convinto che tornerebbe a recitare il ruolo di leadership di un tempo. Grazie anche al supporto dei dirigenti presenti nel consiglio che fanno sempre un ottimo lavoro assolutamente indispensabile. Senza tutto questo non si va da nessuna parte, un lavoro di team sorretto dal vecchio ma mai desueto detto: tutti sono utili nessuno è indispensabile.
Quali tra le tue esperienze potrebbe servirti di più se diventerai presidente?
Tutte mi hanno insegnato qualcosa. Prima di tutto ad arrangiarmi perché sono partito per gli States con 50 dollari in tasca e come detto ci sono rimasto per 4 anni. Pensa che con alcune delle persone conosciute a quei tempi, ci sentiamo anfora oggi. Con Paris e compagni sono cresciuto come allenatore perché ho capito, al di là degli aspetti tecnici, quanto sia importante sviluppare una forte empatia con gli atleti. Prova ne è che anche con loro i contatti di amicizia sono ancora vivi e partecipati. In Francia poi è stato meraviglioso al punto che mi considerano francese. Questo perché si è creato in squadra l’ambiente di una vera e propria famiglia, altro elemento fondamentale entrato nel mio bagaglio professionale. Cosa ti dicevo, ho appena ricevuto in questo istante un messaggio da Tessa Worley! Alberto Senigagliesi: “Se il
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