Alberto e la “tesina” per diventare maestro che sorprende la commissione.
Alberto Giovannini, vent’anni di Limone Piemonte, si è appena “laureato” maestro di sci. Bravo e complimenti, ma non è per questo pur gratificante motivo che raccontiamo la sua storia. È bene sapere che l’esame da maestro, dopo il corso, si completa con una prova tecnica (esercizi sulla neve) e una di teoria. In quest’ultimo passo ogni candidato è tenuto a presentare una tesina.
Durante l’esame tecnico
Generalmente i ragazzi compiono analisi fisiche e matematiche su traiettorie, archi, forze… Fintanto che dinnanzi a Roberto Saracco, Sabina Matheoud e a Simone Eydallin, membri della commissione esaminante, si è presentato Alberto.
Ero tra gli ultimi, tardo pomeriggio, ad essere esaminato e appena entrato vedo la commissione abbastanza stanca e disposta a dirmi: “Ti prego, non parlarci anche tu degli archi, non ne possiamo più!”. Non lo nego, strinsi il pungo in segno di soddisfazione. Invece di teorizzare linee di curva tiro fuori dalla tasca quattro animaletti stampati e opportunamente plastificati. Un aquilotto, un canguro, un picchio e il diavoletto della Tasmania, tutti in stile Looney Tunes.
Pensavano a uno scherzo?
Si sono sicuramente sorpresi, ma ho chiarito subito. La mia tesina verteva su un progetto legato all’insegnamento ai bambini. Uso spesso nella quotidianità la metafora che ritengo sia anche il sistema migliore per far capire i concetti che voglio chiarire. Questo mi ha ispirato per associare ai 4 movimenti fondamentali altrettanti animaletti che tanto piacciono ai bambini. Ma Roberto sa che sono fatto così. Sugli sci mi ha cresciuto lui anche quando correvo con l’Equipe Limone.
Breve break: Roberto Saracco, è così?
Ti dico solo che quando correva lo chiamavo sempre Wiki, da Wikipedia, fin da quando aveva 14 anni! Se capitava di parlare, che so.. dei romani, lui ti snocciolava date e fatti storici con una precisione incredibile. Un ragazzo particolare, orgoglioso fino al midollo, molto studioso.
Uno che fa andare il cervello, insomma! In realtà mi aspettavo che ci portasse qualcosa di particolare e non la solita tesi scopiazzata qua e là cercata su Google o tratta da studi universitari che alcuni aspiranti maestri frequentano. Ecco, mi è piaciuto tanto soprattutto il fatto che si sia messo lì a ideare una cosa sua. Non capita spesso con ragazzi di vent’anni! Non so se si sia ispirato ad altri lavori simili adottati ad esempio dall’Alto Adige, ma non credo, perché dentro ci sono aspetti se vuoi anche di vissuto.
Alberto vorrebbe che la sua tesi avesse un seguito…
Non mi stupisce nemmeno questo. Andrà avanti ingegnandosi al massimo come fa sempre, altra cosa positiva. Come detto, è un ragazzo isolato sulle sue convinzioni. Era così anche in gara.
Voleva metterci sempre del suo e non era tutto oro colato quello che gli dicevi. Ha preso anche lui le sue cantonate e non superava benissimo le sconfitte. Guardando al futuro, se il confronto gli andrà a genio allora diventerà sempre più forte. E questo è un bene se lo racconti.
Sabina Matheoud ha sempre fatto dell’argomento bambini, oggetto di studi e approfondimenti…
Alberto è stato davvero bravo e glielo abbiamo detto perché meritava davvero. L’utilizzo di disegni animati non lo ha inventato lui, perché specie l’Alto Adige ha costruito un buon lavoro su questo. Da apprezzare senza mezzi termini è però come Alberto si sia dedicato all’idea. Era palese che non fosse stata minimamente condizionata da esperienze esterne o ispirata da altri lavori precedenti. Per un giovanotto di 20 anni senza alcuna esperienza didattica è tanta roba! Tentativi di seguire questa linea in passato se ne sono fatti, ma solo in fase embrionale, perché spesso quando devi tradurre la teoria in pratica ti scontri con questioni di fattibilità. Probabilmente, poi, non ci ha mai creduto nessuno con particolare fermezza. Ben venga allora l’intraprendenza di Alberto se vorrà insistere su questo progetto. Quindi lo invito a proseguire e a elaborare ulteriormente il progetto.
Ritorniamo da Alberto: dalle gare al corso maestri: routine?
Per me no, nessun passo naturale. Ho smesso con l’agonismo a 17 anni, dopo il primo anno Giovani, staccando completamente la spina e concentrandomi sul liceo di Scienze Umane di Limone.
Sono salito in sella alla bici e oggi sono guida di MTB. Poi ho cercato un approccio diverso con la neve. Ho preso le pelli e vai di scialpinismo, alternato a freeride. Insomma, lontano dai pali! A quel punto, se vuoi anche per riconoscenza nei confronti dei tanti sacrifici fatti dai miei genitori, ho pensato che avrei potuto tentare di diventare maestro. Anche perché il livello ce l’avevo.
E al corso ti sei di nuovo innamorato…
Gli appassionati non possono nemmeno immaginare quanti aspetti si scoprono frequentando il corso maestri. Davvero molto interessante. Non so se dipende anche da chi ti insegna. Io ho avuto la fortuna di avere, tra gli altri, Marco Vottero. Mamma mia che bravo!
Ci si è concentrati molto sugli aspetti pratici: una settimana solo a parlare del bambino, una esclusivamente dedicata all’insegnamento in inglese, con pratica realizzata con inglesi veri. Molto utile anche il camp pratico di formazione che ci ha messo a confronto con gli alpini della caserma Bousson di Cesana, scelti come allievi.
Veniamo alla tesi: come ti è venuto in mente di tirar fuori gli animaletti?
Credo sia merito anche di un mio caro amico conosciuto nelle attività della mountain bike. Lui adora gli animali e per spiegarmi la corretta posizione in bici mi ha fatto l’esempio del gorilla! Mi insegnò anche a scomporre la tecnica su movimenti singoli, quelli fondamentali, oggi le rotazioni, domani alto. basso… Poi anche l’essere stato attento a tanti consigli di persone diverse.
E ora vorresti che i vertici applicassero i tuoi principi…
Esattamente, perché non ha senso che li metta in pratica solo io. Se poi il bambino il giorno dopo capita con un altro maestro che gli racconta tutt’altro, alla fine si crea un danno.
Ecco, a me piacerebbe che la mia tesi, presa come primissimo spunto, venisse elaborata anche da professionisti ben più esperti di me. Ci vuole poco, di fatto non ho ancora fatto una sola ora di lezione e non so nemmeno per quale scuola potrei insegnare quest’inverno.
Va bene, ma adesso ci mostri la tua tesina?
Sciare con gli animali
Un approccio metodologico basato su fantasia, gioco ed osservazione
Alberto Giovannini – 41º Corso Aspiranti Maestri di Sci Alpino reg.
(A mamma e papà, per l’opportunità che mi avete dato)
Un approccio metodologico basato su fantasia, gioco ed osservazione
Quando il bambino impara dai movimenti animali
I bambini rappresentano all’incirca l’85% della clientela di una scuola sci: basterebbe ciò per rendersi conto dell’importanza del “cliente” in questione, ma se ci si interessa a questa categoria non lo si fa per i numeri, né meramente per un interesse pecuniario, bensì per la volontà di voler trasmette qualcosa alle generazioni future.
Chi mastica un po’ di economia avrà sicuramente già sentito parlare di “Shareholders theory” e “Stakeholders theory”, essi sono -in sostanza- due differenti approcci ad un qualsiasi mercato: il primo mira a soddisfare il portafoglio sul breve periodo, mentre il secondo è orientato alla creazione di valore sul lungo, tramite una determinata attività lavorativa.
Ci sono ancora dubbi sul come mai abbia aperto la mia relazione con questa piccola digressione economica? Diventare maestri di sci a 20 anni, significa porre davanti a sé circa mezzo secolo di insegnamento e perciò credo fermamente che avere le idee chiare fin da subito sull’indirizzo che si vuol far prendere alla propria attività possa fare la differenza in futuro.
Mi spiego meglio: un bambino che si appassiona allo sci fin da piccolo, sarà potenzialmente un adulto sportivo, quindi disposto ad investire nel “mondo montagna” e -perché no- ad affidarci anche i suoi tre figlioli (in tal caso il “ritorno dell’investimento” sarebbe del 300%… niente male oserei dire).
Lo so, forse il mio può sembrare un discorso un po’ visionario, ma è attraverso questa dinamica che, su due assi di legno scivolanti, si è passati dalla Contea di Telemark ai “Principi di Piemonte”.
Dal punto di vista etico-professionale, far appassionare un bambino allo sci non significa soltanto aggiungere valore al nostro movimento, bensì allo sport intero …e poi il sorriso di un “nano” con le finestrelle tra i denti da latte non ha prezzo!
Al contempo ciò rappresenta un grande onere: il modo in cui un individuo vive la prima esperienza sulla neve ha un fortissimo valore discriminante sul prosieguo dell’attività in questione.
Ad esempio, una bella giornata di sole, degli scarponi che non facciano male (sto banalizzando, ma neanche troppo) ed un maestro “capace” sono elementi che appassionano, mentre una caduta troppo violenta, un tono di voce troppo impetuoso da parte del maestro o una separazione prematura dai genitori, lasceranno nella memoria del bimbo un ricordo negativo simile ad un solco che sarà difficile da risanare e che non farà tornare il piccolo a lezione volentieri…
Con tutto ciò non voglio drammatizzare la questione, né addossare tutta la responsabilità sull’insegnate: esistono individui che semplicemente non sono ancora pronti ad un ambiente come quello dello sci, ma -e ffettivamente anche in questo caso il maestro può mettere in campo la propria professionalità parlandone ai genitori.
Parlare / parlarne
Non sempre il bambino riesce ad esprimere i suoi bisogni, le sue paure, né tanto meno i suoi desideri, quindi sta a noi capirlo tramite l’empatia… attenzione: “empatia”, non significa TELEpatia!
Ecco allora farsi largo, tra le righe di questa relazione, un altro concetto fondamentale per la buona riuscita di una lezione di sci con un bambino: il dialogo.
Parlare 5 minuti con i genitori prima di iniziare il lavoro sul campo è importante, e ancor di più lo sono le domande che si pongono: “Vostro figlio ha già avuto esperienze sugli sci? E nello sport in generale?
Ha dei bisogni particolari? Va già a scuola? Sa leggere?” e tante altre, in base alla situazione specifica.
Ovviamente non dobbiamo fare un terzo grado né ai genitori, né al bimbo che magari a passare del tempo in un ambiente come quello montano, oltretutto con uno sconosciuto- proprio a suo agio non si sentirà…
Ascoltare
Lo scorso luglio, durante l’esame didattico, mi è stato chiesto quale fosse secondo me la caratteristica più importante per poter diventare un buon maestro ed io risposi saper ascoltare.
Una volta fatta la “domanda giusta”, otterremo una risposta, ma non sempre questa sarà esaustiva al fine di impostare la lezione. Henry Ford diceva: “Se chiedi alle persone di cosa hanno bisogno, ti diranno che cosa vogliono, mentre quello che va capito è cosa serve loro.”
Il maestro sa che (probabilmente) le persone si rivolgono a lui perché vogliono imparare a sciare o migliorarsi nel farlo, ma egli sarà in grado in offrire il servizio più efficace ed efficiente in ciascuna
Occasione?
Ogni individuo è unico e speciale a modo suo, tuttavia se ci soffermassimo ad analizzare ogni singola caratteristica di colui che abbiamo di fronte, quasi sicuramente staremmo svolgendo un mestiere diverso da quello del maestro di sci …e bisognerebbe far sdraiare il cliente su una chaise longue Freud.
È da questa riflessione che una lampadina nella mia mente si è accesa.
Sciare con gli animali
Per sciare serve la tecnica, per insegnare serve un metodo.
Ognuno di noi quotidianamente utilizza delle “scorciatoie” cognitive (propriamente dette euristiche) che ci permettono di prendere decisioni ed agire sfruttando le esperienze già immagazzinate nella nostra memoria (ad esempio, se ci imbattiamo in una pianta piccola con uno stelo e dei petali, capiamo che è un fiore anche senza aver mai visto prima quella specifica tipologia).
Quindi, cosa significa tutto ciò?
Un maestro, invece che utilizzare termini ed esercizi sconosciuti ai bambini con cui ha a che fare, dovrebbe ragionare su cosa li accomuna e proporgli delle esperienze visive e motorie che abbiano già provato!
In questo modo l’insegnate costruisce un personale approccio metodologico che lo aiuterà durante le lezioni ai bambini, ed i bambini -a loro volta- verranno aiutati da figure familiari per capire una materia assai complessa come quella dello sci…
Quali figure familiari?
Mah sì che l’avete già capito!
Gli animali
I “Cavalieri dello Zodiaco” sono un cartone da maschietti, le “Winx” sono un cartone da femminucce, mentre i “Looney Tunes”, “Pappa Pig” o “Mascia e Orso” sono dei cartoni da bambini! Va da sé che il target soddisfatto da questo metodo è sicuramente più vasto.
David Foulkes, un ricercatore dell’Università del Wyoming, nel 1985 ha dimostrano come, durante i primi anni di vita di un individuo, gran parte dei sogni notturni sia inerente gli animali.
Inoltre, ogni animale ha una gestualità caratteristica, che il maestro può associare ai 4 movimenti fondamentali dello sci alpino.
Ad esempio, nella mia lezione “ideale”, il canguro insegna l’alto-basso, il picchio l’antero-posteriore, l’aquila le inclinazioni e Taz -il diavolo della Tasmania dei Looney Tunes- le rotazioni.
Come presentarli?
Bastano 4 figurine plastificate da tenere nella tasca della giacca, magari integrate da qualche cartone animato su YouTube… non è una grande spesa, si possono portare ovunque, non servono grandi spazi per giocarci (leggasi: “giornate di nebbia o di impianti chiusi”), essendo disegni possono essere compresi da bimbi di diverse età/nazionalità e -se a fine lezione il nostro allievo se l’è meritato possiamo anche regalargliene una, invogliandolo a continuare a sciare per guadagnarsi le altre…
Invogliandolo a tornare da noi.
Strutturare un piano
Una volta fatto ciò di cui sopra, sarà poi compito del maestro stilare un “piano didattico” che stabilisca: programmazione, ovvero la sequenza dei macro argomenti che vogliamo trattare e periodizzazione, cioè con quale scansione temporale trattarli, anche in relazione alle ore di lezione prenotate.
Se ad esempio avessimo a disposizione la classica “settimana bianca” si potrebbe pensare di dedicare ciascun giorno ad un animale-movimento diverso, per poi mettere assieme i fondamentali e – sul finire della vacanza – verificare gli insegnamenti appresi.
Le proposte didattiche
Il metodo delle cartoline apre le porte a milleuno proposte didattiche: durante una lezione individuale si potrebbe far pescare una carta e scegliere un esercizio inerente al movimento raffigurato, con una collettiva invece si potrebbe giocare ad indovinare “l’animale che sta scendendo”, rendendo il gruppo a valle partecipe dell’azione del compagno che in pista esaspera volontariamente un fondamentale ed incentivando i ragazzini ad imparare osservando.
Si dice che per far felice un bambino bastino la neve ed un maestro che si ricordi di essere stato bambino… sarà per via della mia giovane età, ma sinceramente non trovo così difficile riuscirci: dopotutto non sono passati così tanti anni da quando effettivamente lo ero.
Oggi, però, sto (auspicabilmente) acquisendo un titolo che mi accompagnerà per il resto della mia vita e sul quale essa stessa verrà fortemente modellata, quindi vorrei augurare all’Alberto futuro quello con le ginocchia artritiche, per capirci- di non diventare mai un “maestro e basta”, bensì di rimanere sempre un po’ “bambino” e tanto “allievo”.
Bibliografia e sitografia
Le euristiche: QUI
I sogni notturni dei bambini:
“Testo dello Sci Alpino Italiano”
Gran parte delle argomentazioni trattate sono basate su miei appunti presi durante le lezioni svolte in questo anno di Corso Maestri Piemonte. Altri ragionamenti, invece, sono frutto di mie osservazioni, ricerche o idee quotidiane e personali, quindi non saprei indicare una fonte esterna a me stesso.
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