Sofia Goggia: “Il piede è ok, me la vivrò giorno per giorno, gara per gara”. È una Sofia Goggia molto serena quella che si è presentata in una video chat questo pomeriggio, organizzata dalla Fisi. Si trova in questo momento a Denver, in transito per raggiungere Beaver Creek dove mercoledì è in programma la prima prova della discesa alle 19:00 (La discesa sabato, il superG domenica).
Quella di Copper è stata la trasferta più lunga della mia vita. Avendo rimosso i mezzi di sintesi il 7 settembre ho dovuto aspettare una quarantina di giorni prima di tornare a sciare e adattarmi allo scarpone che per fortuna non ha avuto bisogno di alcuna modifica. Qualche giorno tra Senales e Sölden e poi Copper. Quest’ultima si è rivelata la situazione ideale per la velocità perché si riesce a fare un minuto e trenta di discesa. E poi è possibile lavorare molto bene sul set up.
Sto bene, al piede non ci penso poi è chiaro che il timing non è ancora perfetto, anzi diciamo totalmente arrugginito, ma il lavoro fatto nel primo è stato molto intenso, considerando che abbiamo lavorato a 3.600 metri. Quando poi è stata preparata la pista la confidenza con la velocità è rimasta. Temevo di avvertire un po’ di paura, specie nell’affrontare qualche curva veloce, invece è venuto tutto naturale, come se nulla fosse successo.
È una situazione molto diversa rispetto alle prove di superG che avevo fatto a Sölden su neve difficile che non ti faceva andare avanti. Io sono sempre stata una sciatrice mediocre a basse andature. Il mio punto di forza è produrre velocità e mantenerla ma se ci sono situazioni che consentono di farlo.
Domani verso le ore 14:00 mi doterò di i pad e mi inchioderò davanti allo schermo per tifare la Dea! La Coppa del Mondo? L’ultima cosa che penso sono gli scenari che si possono creare. Torno da un infortunio emotivamente e fisicamente pesantissimo. Non ho sciato per 8 mesi per cui ho tante cose a cui pensare e mi torna difficile fare programmi precisi. Avrò bisogno di tempo, questo sì, lo posso dire così come posso presumere di iniziare a carburare tra gennaio e febbraio. Ragionerò gara per gara.
Ho avuto tante operazioni nella mia carriera, tra crociati, distorsioni, il braccio, la mano, ma non sono mai stata così tanto tempo ferma. La frattura era molto complicata, gli stessi dottori non sapevano come rimettere assieme tutti i pezzi. Così sono stata ferma 45 giorni senza camminare. Mentalmente ho patito tanto. Era un’ottima stagione e anche se non avevo ancora vinto in discesa il mio score era di 75 punti a gara. In gigante mi stavo ritrovando e avevo davanti a me ancora 9 gare di velocità.
Paradossalmente, adesso che sono tornata sugli sci ed anche se la caviglia è un pochino più dura, mi sembra che non sia successo nulla anche se non dimentico l’incubo che ho vissuto. Qui a Copper temevo di non riuscire ad affrontare il gigante perché i momenti dell’infortunio me li ricordo ancora molto bene, istante per istante. Invece ha prevalso la gioia di sciare e la voglia di divertirmi. Questo aspetto non era così forte l’anno scorso. Comunque ne ho fatto poco, solo 5 giornate ma è anche vero che faccio tesoro del lavoro fatto negli ultimi due anni col mio allenatore Luca Agazzi. Certe cose al nostro livello non se e vanno via. Ritornerò in gara non prima di gennaio.
La mia stagione comunque è ancora tutta da costruire. Ho molti meno chilometri nelle gambe rispetto alle altre. Non ho obiettivi legati al risultato, ad esempio ai Mondiali. Mi vivo giorno per giorno dando il meglio di quello che posso dare, Non sono parole tanto per dire, lo sento dentro, lo dice il mio vissuto. Intanto mi godo il momento a partire dal preparare lo zaino, fino a entrare nella casetta di partenza, a scendere per la pista concentrata per studiare tutti i passaggi visto che è nuova per noi.
Mi chiedete di Lindsey Vonn e allora vi dico che rispetto il suo desiderio di tornare. Situazione molto differente rispetto a Hirscher che credo fosse spinto sia dalla passione ma anche da un progetto di marketing legato ai suoi Van Deer. Lindsey no, lei torna perché le piace sciare, non c’è nient’altro dietro. Da una certa prospettiva, ma proprio perché le voglio bene, sono anche un po’ preoccupata. Il nostro è uno sport rischioso. A tale proposito, riguardo alla sicurezza, trovo sinceramente ridicola la regola dell’airbag la cui obbligatorietà è a discrezione delle federazioni che possono esentare alcuni atleti.
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