Schladming aveva soffiato i Mondiali del 1982 alla Valtellina nel Congresso FIS di Nizza del 1979; Schladming ha soffiato i Mondiali del 2013 a Cortina d’Ampezzo nel Congresso FIS di Cape Town del 2008. Recidiva ai danni delle nostre due illustri sciopoli, la località della Stiria riporta in Austria le prove iridate a dodici anni dall’edizione di Sankt Anton, 31 anni dopo la sua «prima volta». Fulcro di un comprensorio sciistico con oltre 200 chilometri di piste, Schladming ha speso un capitale (70 milioni di Euro) per preparare questo appuntamento con la storia e per far risplendere il proprio blasone nella crème più nobile delle località classiche del Grande Sci ripigliandosi un’immagine agonistica a tutto tondo che comprenda le gare della velocità. Buona parte del gruzzolo investito per l’organizzazione è andato al «Planet», la megagalattica struttura allestita al traguardo comune delle piste maschili e femminili, ma un altro bel pezzo è andato all’adeguamento (spostamenti di terra per allargamenti e aumento di pendenza nel tratto finale) della vecchia Planai e alla realizzazione della pista per le gare femminili. La discesa maschile è tornata a Schladming l’inverno scorso per la chiusura della Coppa del Mondo dopo 22 anni, l’ultima era stata quella vinta il 1°?gennaio 1990 da Franck Piccard;?la discesa femminile, addirittura, ha esordito con la gara vinta da Lindsey Vonn. Il recupero di una immagine di «agonismo totale» per Schladming è una sfida legata alla propria localizzazione e alla propria storia di cui adesso parliamo. In quella zona della Stiria da una parte, verso nord, c’è il massiccio del Dachstein e l’altopiano di Ramsau con la sua ondulata orografia e la sua vocazione fondistica, coltivata fino ad ospitare i Campionati Mondiali del 1999; dall’altra verso sud la montagna di Planai, 1894 metri di quota, e ai suoi piedi Schladming, splendida cittadina di 20 mila abitanti dai bei negozi e dai bei locali, industriosa e ospitale, vocata da sempre alla discesa. In questo punto della Stiria, dove scorre il fiume Enns e passa tranquillamente la ferrovia che porta a Graz (il capoluogo della regione), la storia sportiva si è come divertita a dividere perfettamente in due parti, affacciate una sull’altra, le anime diverse dello sci. Ma se l’anima fondistica, collocata a oltre 1000 metri di quota, ha potuto realizzarsi a meraviglia pur sapendo di non poter competere con la dominante cultura discesistica in cui si è trovata a germogliare, l’anima discesistica, quella che avrebbe potuto ambire a sicuri orizzonti di gloria per la passione della gente e la sua cultura sciistica dominante, ha dovuto vivere quasi per contrappasso un destino sempre contrastato sulla ribalta del Grande Sci, una storia controversa e condizioni «genetiche» che le hanno impedito di potersi collocare sullo stesso piano di Kitzbühel, Wengen, Garmisch nel Gotha europeo. Il perché è presto detto. La valle dell’Enns è esposta ai ricorrenti soffi del vento favonio, il micidiale «föhn» che quando ci si mette è capace di sciogliere in poche ore la neve più dura. Schladming, il paese, è a fondovalle, a 749 metri di quota. La sua pista di discesa, la Planai parte a circa 1792 metri di quota: non sono certo altitudini capaci di garantire il gelo e la tenuta del manto nevoso anche se l’esposizione è favorevole. È una bella pista ma solo quando e se le condizioni sono ottimali. Quando c’è neve buona è un autentico tobogan per le alte velocità, abbozzata già negli anni Trenta e poi via via perfezionata fino ad arrivare a questa «versione Mondiali 2013». Una bella pista da alte velocità ma… Ma l’handicap del föhn ha sempre giocato brutti scherzi, troppi, al punto da costringere a centellinare gare di discesa importanti, Coppa del Mondo compresa. La Planai ha esordito nel massimo circuito del Grande Sci «solo» nel 1973 ed è stato un esordio alla grande visto che ha tenuto a battesimo la prima vittoria di Franz Klammer. Resta però nella memoria di tutti come una vergogna l’appuntamento del 1979, quando Schladming era candidata all’organizzazione dei Mondiali del 1982 e mancavano poche settimane al congresso Fis di Nizza dove l’avversaria più agguerrita era la Valtellina. In quell’occasione la Planai venne ridotta dall’impietoso föhn in una oscena striscia di poltiglia scura dal colore di caffelatte. Sarebbe stata una gara da annullare e certo non fu il miglior biglietto da visita della località stiriana in vista del responso di Nizza dove però il peso politico dell’Austria (che tra l’altro non ospitava i mondiali di sci alpino dall’edizione di Badgastein del 1958) e qualche errore diplomatico dovuto all’inesperienza della delegazione valtellinese contribuirono ad assegnare ugualmente i Mondiali del 1982. Il sindaco di Schaldming, Hermann Kröll, era affiancato da Heribert Thaller, segretario del Comitato promotore, l’uomo che più di ogni altro aveva lottato per portare Schladming sulla ribalta della Coppa del Mondo e, vero asso di briscola sul piano delle relazioni diplomatico-sportive, da Karl «Charlie» Kahr, l’onnipotente direttore agonistico delle squadre austriache di sci alpino, nativo di Schaldming dove gestiva un negozio di articoli sportivi e un impianto di risalita. I Mondiali di Schladming, per fortuna, andarono bene dal punto di vista dell’innevamento, o meglio ebbero la fortuna di ottenere dal föhn un periodo di tregua. E proprio sulla Planai Harti Weirather salvò l’onore della patria vincendo l’oro più atteso in una situazione generale della squadra austriaca certamente non esaltante. Ricordate? Furono i Mondiali dell’introduzione della combinata con una discesa ed uno slalom disputate esclusivamente per quella classifica, furono i Mondiali della strepitosa Erika Hess, della vittoria a sorpresa di Steve Mahre in gigante e della rabbiosa risposta di Ingemar Stenmark in slalom; per l’Italia furono Mondiali avari chiusi con un bottino magro, la medaglia di bronzo di Daniela Zini in slalom. E comunque furono Mondiali che Schladming seppe organizzare con efficienza ma senza riuscire a cancellare del tutto le riserve sulla sua congenita «inadeguatezza» a garantire condizioni ideali per la disputa di gare ad altissimo livello, discesa libera in particolare. Ha continuato a portarsi appresso, insomma, la spada di Damocle della sua posizione geografica, della sua bassa quota, e del rischio improvviso e micidiale del favonio. Ma non si è arresa. Ha dovuto accettare di non poter diventare una tappa fissa e classicissima della velocità nonostante i contenuti tecnici della Planai ma non ha voluto certo rinunciare al Grande Sci. Non appena la tecnologia lo ha consentito ha dotato la sua pista di modernissimi impianti di innevamento programmato e l’ha illuminata a giorno nell’ultima parte. Oggi è fantastico, di sera, vedere lo schuss della Planai nel cuore della notte e incunearsi quasi fin dentro il paese come una lama incandescente. Schladming è stata tra le prime località invernali a credere nello sci notturno e a compiere gli investimenti necessari. Dal 1982 in poi è naturalmente stata presente nei calendari della Coppa del Mondo, ancora con qualche discesa, giganti e poi super G. Ma è stato lo slalom notturno, disputato per la prima volta nel 1993 e da allora sempre ripetuto, a (ri)fare della località stiriana una nobildonna del Grande Sci. Schladming per molti anni ha accettato il fatto che è molto meglio avere la certezza di essere bella di notte piuttosto che correre il rischio di sembrare brutta di giorno. Ma i suoi quarti di nobiltà tecnica, nonostante il clamoroso successo di pubblico che caratterizza ogni anno il suo slalom, sarebbero rimasti imperfetti senza poter tornare ad ospitare «la regina dello sci alpino». Questi Mondiali sono per Schladming una sfida da vincere.
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