Gare

Raimund Plancker e le sue donne

Raimund Plancker, il ritorno di Claudio Ravetto con gli uomini cambia qualcosa per lei, promosso a dt delle donne la scorsa primavera?

Non cambia niente, però mi fa piacere, perché con lui ho sempre avuto un buon rapporto, sia quando lavoravo coi maschi della Coppa Europa e l’avevo come direttore tecnico, sia l’anno scorso quando ero responsabile delle velociste. Credo che potremo continuare quell’ottima collaborazione che deve esserci fra squadre maschili e femminili. Per una persona è difficile seguire fisicamente i due settori, ma il discorso tecnico va unificato, io provengo dal settore maschile e a mio parere le donne per progredire devono rapportarsi sempre agli uomini.

Lei, appunto, proviene dal settore maschile: com’è stato l’atterraggio in quello femminile?

Sarò sincero: è stato traumatico! Già l’anno scorso, seguendo le velociste del massimo livello, avevo dovuto ridimensionare i miei giudizi avendo l’occhio abituato alla sciata maschile. Di sicuro ho capito che nei nostri gruppi di Coppa del Mondo ci sono ragazze che hanno ancora tanto margine.

E quest’anno, come si è calato nel nuovo ruolo? 
Per certe cose, e parlo del lavoro d’ufficio, è tutto nuovo, devo imparare molto  e sto cercando di fare del mio meglio. Per altre nessun problema, mi sono subito trovato bene e sono contento, ho conosciuto tutte le ragazze in squadra e sono riuscito a vederle tutte al lavoro. Ho avuto parecchio da fare per organizzare, controllare i preventivi e gestire i vari gruppi, io non sono un topo d’ufficio, ma quello che va fatto va fatto, ci vuole ordine.

Cosa ha trovato alle spalle dei gruppi di Coppa che conosceva già?

Voglio essere sincero anche stavolta: nelle giovani il livello è abbastanza basso, sono convinto che debbano lavorare di più fisicamente, ma non mi riferisco alla forza bruta, parlo di un lavoro a 360°: ho notato che molte giovani mancano di destrezza, stabilizzazione, abilità motoria, tutte doti che andando avanti con gli anni sarà sempre più difficile costruire.

Com’è il rapporto con Stefano Dalmasso, coordinatore del settore giovani?

Buono, la pensiamo uguale sul fatto che la squadra C debba lavorare con quella di Coppa Europa, perché le giovani più forti devono alzare l’asticella, andare subito verso le gare internazionali e appunto la Coppa Europa dove i nostri gruppi sono sempre più vecchi rispetto a quelli delle altre nazioni. Fra le donne, se una dimostra maturità è inutile fermarla nelle Fis giovani, più le si dà possibilità di prendere paura e peggio è! Le piste delle Fis spesso sono preparate peggio che quelle di Coppa Europa, quindi tanto vale fare subito il salto…

E del discorso polivalenza per le giovani cosa ne pensa?

Penso che, senza avere troppa fretta, per noi ci siano buone prospettive. Abbiamo quattro atlete giovani già ad alto livello, si tratta di Federica Brignone e Lisa Agerer, inserite nella squadra di gigante/slalom, più Elena Curtoni e Francesca Marsaglia, che sono nel gruppo delle velociste. Il programma è di aggregare ogni tanto le ultime due alle gigantiste (ora infatti sono già ad Ushuaia, mentre le discesiste partiranno a fine mese) e le prime due alle velociste nella seconda parte di preparazione in Sud America e poi anche più avanti nel periodo autunnale. Il tecnico che le seguirà in questi passaggi da un gruppo all’altro è Roberto Alessandro.

E che programmi ci sono per le atlete fuori squadra ma di interesse nazionale, tipo Camilla Alfieri per fare un esempio?

Per Camilla niente Argentina, non credo che quella trasferta sia così fondamentale per una gigantista, si aggregherà alle altre per gli ultimi due raduni prima di Sölden e faremo dei test, a cronometro ma anche di valutazione generale, per vedere come va. In gigante quest’anno abbiamo 10 posti, sono davvero tanti e la possibilità di partire a Sölden sono tante, per Camilla e non solo.  

Non le dispiace aver abbandonato il ruolo di tecnico sul campo?
Davide Fill seguirà il programma già impostato l’anno scorso con le discesiste, ho fiducia nel suo lavoro. 

 

 

About the author

Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

Add Comment

Click here to post a comment