Nell’anniversario dello storico parallelo di Ortisei, 23 marzo 1975, che fine fece Ingemar Stenmark? Ecco, vogliamo dedicarci a una cosa che non ha mai fatto nessuno. Ovvero, scoprire come la prese lo sconfitto. Il freddo e glaciale ragazzo svedese. Dopo essersi arenato in quella porta, nessuno si accorse più di lui. Ovviamente tutti gli occhi del mondo erano puntati su Gustavo. Ingo recuperò il traguardo a testa bassa e sparì. In realtà rimase lì, assieme agli altri, ma divenne un fantasma.
Eppure amici e avversari erano concordi nell’affermare che si trattava di un fuoriclasse.
Di Gustavo Thoeni ha la stessa capacità di concentrazione e la stessa determinazione; scia però in modo molto differente, scivolando tra i pali senza mai dare l’impressione di spingere a fondo; al contrario del rivale, invece, gli difetta l’esperienza.
È Ingemar Stenmak, 19 anni compiuti 18 marzo, svedese, filiforme, alto 1 e 86, pesa poco più di 73 chili. Una testa di riccioli biondi su una faccia lentigginosa, taciturno dicono sorriso aperto che non abbandona mai, anche quando non avrebbe motivo di sorridere.
Poche ore dopo la sua sconfitta, il giornalista di Sciare Duilio Tasselli, andò da lui. Anche per scoprire qualcosa in più di un ragazzo di cui si conosceva poco. Solo che era un fenomeno.
Ingemar era stato dipinto come un ragazzo di poche parole, scontroso, anche se sempre molto gentile.
Scrive Duilio, “Ero titubante, imbarazzato, perché pensavo che la sconfitta gli avesse inciso nel morale è che non desiderasse incontrare nessuno. Invece è stato cortese gentile, ha risposto a tutte le domande e il sorriso non gli è mai venuto meno.
“Contro Gustavo oggi non c’era nulla da fare. È lui il migliore”, ha detto subito. Per me c’è tempo, c’è la prossima Coppa del Mondo, ci sono alle Olimpiadi di Innsbruk.
Quando è cominciato sciare?
Sono nato a Tarnaby un piccolo paese di 150 abitanti vicino al circolo polare, quasi al confine con la Norvegia. Lì la neve è di casa e così pure gli sci. Facevo fatica a camminare, ma avevo già ai piedi due piccoli legni. Poi l’istintiva passione per le discese è stata acuita da mio padre che un tempo è stato campione svedese di slalom.
Le origini sono modeste. La mamma ha sempre badato alla casa e all’educazione del figlio; papà si occupa della manutenzione delle strade e con la ruspa riassetta i danni provocati dall’inverno. Di lui Ermanno Nogler, l’ex commissario tecnico degli azzurri passato nel 1969 alla guida degli svedesi, dice che non è un ragazzo dei nostri tempi, un ragazzo all’antica.
Quando ho cominciato ad andare bene – prosegue Ingemar – papà si è entusiasmato e ha cercato in tutti modi di favorirmi, sacrificandosi sul lavoro, perché ci fossero i mezzi per proseguire nello sport.
Ma intanto cosa facevi? Studiavi? Lavoravi?
No. Studiavo. Ho fatto quelle che da voi in Italia sono le scuole medie. Poi mi sono iscritto ad un corso di specializzazione, ma per adesso ho dovuto interrompere tutto. È certo che non appena chiudo con lo sci completerò gli studi perché sono un bagaglio importante.
Poi si diventato un campione…
No, non ancora. Mi manca l’esperienza. Io scendo come sono capace, come ho sempre fatto. Cerco di curvare facendo meno fatica possibile. In questo modo mi sono reso conto che gli sci vanno via più veloci e che così riesco anche a vincere qualche gara.
Quando sei al cancelletto di partenza cosa provi? Emozione, paura?
No non sento nulla. Emozione mai, paura di che cosa? Non faccio ancora la discesa libera. Quindi non so cosa voglia dire la paura.
Pensi di disputare il prossimo anno qualche libera?
Queste decisioni non dipendono tanto da me, quanto dal signor nobile e dal mio allenatore Olle Rolen. Penso però che dopo le Olimpiadi me ne faranno fare qualcuna, tanto per vedere fino a dove posso arrivare. Mi piacerebbe fare come Gustavo e diventare un giorno come lui. Con il tempo non è detto che non ci riesca.
Per 10 mesi all’anno sei in giro per il mondo. Come occupi le vacanze e i tempi vuoti delle giornate di gara o allenamento?
Quando torno in Svezia sto il più possibile con mamma e papà. Poi con qualche amico vado a pescare. Trovo che sia estremamente rilassante, piacevole. Oppure esco con le amiche. Tante, non una sola. Qui invece, in giro per il mondo, mi riposo leggendo, ascoltando della musica, chiacchierando con i compagni, gli amici.
Come Jan Bachleda? Si dice che sia un tuo grande amico e che ti abbia favorito nella seconda manche.
Con Jan mi alleno tutto l’anno. Sì è vero, siamo amici, molto amici. L’ho anche invitato a trascorrere qualche giorno di vacanza con me in Lapponia. È un ragazzo molto simpatico.
Hai un segreto nella tua preparazione che ti permette di mantenere tanto a lungo un invidiabile condizione atletica?
Non c’è nessun segreto. Faccio molta ginnastica. Scio molto. No, non ci sono segreti. Faccio tutto ciò che un atleta deve fare se vuole farsi un nome, diventare un campione, essere tra i primi del mondo.
Hai detto che leggi, cosa ti piace?
I fumetti. Topolino, Nembo Kid. Alle volte vorrei tanto essere come Nembo Kid. In quel modo sarei sicuro di non perdere mai.
Che effetto ti ho fatto in questi giorni essere corteggiato da tante case di sci?
Nessuna sensazione. Sono problemi che mi riguardano indirettamente. Io sono affezionato agli Elan, perché sono stati i miei primi sci. La casa jugoslava è stata l’unica a darmi fiducia. Perché proprio ora dovrei tradirla? Quest’altr’anno scierò ancora Elan. E magari andrò avanti così per tutta la mia vita di sciatore. E lo stesso discorso può valere per gli attacchi e gli scarponi. Ma in fondo queste cose non spetta mai dirle. Ci pensa il signor Nogler. E quello che decide lui, a me sta bene.
Cosa rappresenta per te Nogler?
È come un padre. Mi guida, mi consiglia, mi aiuta. È il mio papà all’estero.
Quali sono gli avversari che ti preoccupano di più?
Gustavo e Pierino. Thoeni e Gros sono molto, molto bravi. Gustavo poi è al migliore di tutti. Un campionissimo. Io lo ammiro molto. Siamo anche amici.
Qual è il tuo più grande desiderio che vorresti si avverasse al più presto?
Prendermi una rivincita su Gustavo. Cercare di vincere la Coppa del Mondo il prossimo anno. Magari no; forse meglio le Olimpiadi. Insomma, diventare campione di qualche cosa, nel mondo.
Cosa hai provato finendo contro il paletto nel duello con Gustavo?
Avrei voluto piangere ma mi guardavano in troppi. E poi lui è il migliore.