La pista andava domata e Patrick Kueng lo ha fatto nel migliore dei modi. Non ha fatto una discesa perfetta ma nessuno è stato in grado di farlo su questa difficile pista. L’elvetico ha sciato in modo intelligente assecondando il tracciato dove necessario ma attaccando sempre. Kueng, sceso con il pettorale 19, ha avuto le indicazioni necessarie dal compagno di squadra Beat Feuz confermando la perfetta strategia studiata durante le prove. Inoltre la neve americana gli piace e la vittoria, seppur in SuperG, nel 2013 poteva essere interpretato come un segnale. La seconda vittoria, prima in discesa, era invece arrivata a Wengen all’inizio del 2014. Da allora nessun’altra vittoria con piazzamenti, sporadicamente prestigiosi, e una lotta continua con gli acciacchi fisici al ginocchio. Questo sino a oggi dove è arrivato il podio più importante nel giorno giusto. Il suo connazionale Feuz è sceso con il vento che soffiava nella parte alta ma ha spinto al massimo limitando i danni all’inizio e recuperando centesimo su centesimo nel finale. I suoi parziali in basso sono stati tra i migliori e alla fine solo l’americano Ganong lo ha scalzato dal secondo gradino del podio. Proprio Ganong ha messo un po’ di zucchero sulla giornata amara per gli americani dopo le dichiarazioni di Miller e del suo possibile ritiro. Sceso con il pettorale 22 è stato trascinato al traguardo dal tifo del pubblico in delirio. La gioia americana è stata completata dal quarto posto di Steven Nyman che si è mostrato comunque molto felice di aver due statunitensi nei primi quattro posti. Questo è il giusto atteggiamento e la conferma del grande spirito di squadra degli atleti a Stelle e Strisce.
Deludenti tutti gli azzurri. Ci si aspettava qualcosa di buono specie dopo gli incoraggianti risultati in stagione. I nostri jet non si sono limitati ad arrivare lontani dai migliori ma sono arrivati fuori dai 20, risultati che devono portare a una riflessione perché se quando dai tutto arrivi così lontano vuol dire che qualcosa di sbagliato è stato fatto perché un atleta può sbagliare ma se lo fanno tutti vuol dire che l’errore ha origini diverse dell’errore tecnico individuale. Il primo a scendere è stato Werner Hell (8) che ha sciato con troppo rispetto prendendo anticipi eccessivi. Nessun rischio e nessun risultato positivo in questa giornata. Christof Innerhofer (14) aveva detto che avrebbe voluto il ghiaccio ed è stato accontentato. La sua discesa però è stata tutta all’inseguimento dei migliori senza mai riuscire ad essere efficace. Dominik Paris (16) ha iniziato bene ma poi ha commesso un errore con una torsione in un momento di scarico prima del secondo intermedio. Da quel momento, mancavano ancora due terzi di gara, ha dovuto rincorrere. Ci ha provato commettendo altri piccoli errori e arrivando sul traguardo lontano dai migliori e non lo consola certo essere il meno peggio degli azzurri. Ci ha provato Matteo Marsaglia (27) dal quale però non ci si aspettava un gran ché.
Ed ecco cosa hanno dichiarato. Hell: “Mi aspettavo di più. Ho perso molto in alto e poi pure nella parte bassa dove a sensazione non mi sembrava. La pista non perdona. Ho dato tutto ma non è andata bene”. Innerhofer: “Non avevo feeling con la gara. Già in partenza mi sentivo stanco con le gambe doloranti. Quando sono sceso c’era poca visibilità e ho commesso tanti errori da cima a fondo”. Paris: “Oggi ho sbagliato cosa che può capitare. Se non si scia bene non si arriva davanti e oggi è andata male. Nessun scusa, semplicemente una giornata no. Tornerò in Coppa del Mondo”. Marsaglia: “Una pista sulla quale siamo andati sempre tutti forte. Pecca, non ambivo a una medaglia ma certamente a un piazzamento migliore di quello ottenuto. La schiena sta bene, ci proverò nella combinata”.
Il vento, che ha iniziato a soffiare dopo una decina di minuti dall’inizio, ha sicuramente condizionato la gara però i migliori sono riusciti con carattere e aggressività a recuperare nei punti dove la pista lo permetteva. La pista: 20 secondi piatto da in cima assecondare le onde per prendere velocità. Si entra quindi nel ripido con due curve da interpretare bene per non uscire di linea. Poi le porte diventano regolari per far permettendo di prendere velocità prima del salto del Golden Eagle, lungo anche 80 metri con atterraggio in piano. Quindi compressione e ancora dentro nella parte tecnica dove serve scorrevolezza e precisione.
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